Cinema

Via dal Ticino per essere se stessa

A tu per tu con Christina Andrea Rosamilia
Giorgia Cimma Sommaruga
12.06.2022 15:41

Ticinese DOC, nasce a Bellinzona, nel millenovecento... Christina Andrea Rosamilia è un'attrice, e preferisce lasciare «un alone di mistero» riguardo l’età per sganciarsi da quella visione «latina e machista della società» che etichetta le donne che toccano il traguardo degli «anta». D’altra parte, dice, «l’arte non ha età». Dal 2018 vive a Londra dove ha iniziato a raccogliere i frutti dei suoi sacrifici. La consacrazione? La serie di Amazon Prime Video Bang Bang Baby, dove interpreta il «lucente» personaggio di Belfiore. Ambientata nella Milano anni ’80, la serie racconta la storia di Alice, una giovane adolescente che compie la sua «discesa negli inferi». La serie prende infatti ispirazione dalla vera storia di Marisa Merico, figlia di Emilio Di Giovine, ex boss della ‘Ndrangheta.

Se si dovesse descrivere in tre aggettivi?
«Eclettica, originale e introversa. Aggettivi che si riferiscono ai miei molteplici interessi».

Quali sono?
«Ho una forte passione per la scrittura. Poi per la cucina, trovo che cucinare sia una forma di amore e condivisione. Mi piace anche dipingere, senza pretese, lo faccio per esprimere le mie emozioni. Poi mi piace lo skincare, la cura della pelle. Infatti ho dato vita ad un canale su YouTube dove - in forma ironica - offro i miei consigli».

Facciamo un rewind. Partiamo dalla sua passione per la recitazione. Quando inizia?
«Io nasco a Bellinzona, e cresco in Leventina, quindi non vicina a Cinecittà. Ma la passione per la recitazione nasce assieme a me, e la manifesto sin dalle elementari quando non vedo l’ora di esibirmi nelle prime recite scolastiche. Già dai 16 anni andavo in Italia per fare dei provini. Poi ho anche studiato teatro al centro artistico MAT di Lugano».

Mi sono colpevolizzata molte volte. Ma solo vivendo all’estero ho compreso che il problema non ero io

Ma non raccoglieva risultati. Perché?
«Perché non mi veniva mai concessa una possibilità. Mi sono colpevolizzata molte volte. Ma solo vivendo all’estero ho compreso che il problema non ero io».

A cosa si riferisce?
«Io adoro il Ticino e la Svizzera, e sogno di poterci tornare, per vivere e lavorare. Tuttavia all’epoca il mio Paese non era predisposto ad accogliere le persone della comunità LGBT. Quindi dato che io non rispecchiavo determinati standard non trovavo lavoro, e non parlo solo dell’ambiente audiovisivo, mi riferisco a qualsiasi tipo di lavoro. Per questo, a malincuore, ho scelto di andarmene».

Tuttavia, in Ticino, è stata una delle prime transgender a intervenire a favore delle tematiche LGBT.
«Sin da giovanissima mi sono spesa per la causa, ma ne ho pagato le conseguenze. Sono stata anche in TV. Tanti sorrisi e parole di conforto. Ma poi solo porte chiuse. Penso che parlare di transessualismo faccia bene e serva alla causa ma, ancora più utile, sarebbe iniziare ad assumere personale LGBT e dare loro lavoro. Questo significa essere LGBT friendly. Senza vergogna e tabù».

Se potessi tornare indietro non farei coming out così presto ma aspetterei

Lo rifarebbe?
«Se potessi tornare indietro non farei coming out così presto ma aspetterei. Inizialmente sono stata travolta dalla mia rivelazione. Ero molto giovane e non avevo gli strumenti adatti per gestire i feedback delle persone. Oggi i giovani – rispetto alla mia generazione - hanno molti più strumenti, informazioni e supporto».

Cosa l’ha ferita di più?
«Essere giudicata per quello che ero e non per quello che sono e che so fare. Ad esempio nei paesi anglosassoni ho apprezzato particolarmente questa abitudine a giudicare le persone per come si fanno conoscere e non per il loro passato».

Prima di trasferirsi a Londra, si è trasferita in Italia.
«Vivevo ancora in Ticino quando ho girato il mio primo film, «Le ultime cose», di Irene Dionisio. Poi mi sono trasferita in Italia, ma mi sono resa conto che anche lì lo spazio era limitato. Trovavo solo piccole parti nei film, sempre legate alla comunità LGBT o ruoli limitanti».

Sono stata bullizzata per gran parte della mia vita, ho dovuto lottare ogni giorno

In Le piccole cose interpreta una giovane donna transgender. Una scena colpisce particolarmente: quando si presenta al banco dei pegni e l’impiegato, guardando il suo documento di identità, non la riconosce. Ha vissuto la medesima situazione anche nella sua quotidianità?
«Certamente, ho vissuto situazioni simili. Ricordo in particolare quando andavo a scuola. Ho sempre avuto un aspetto molto femminile. Quando il docente era assente e arrivava un supplente, faceva l’appello, e quando leggeva il mio nome io alzavo la mano, e lui si guardava in giro. Lo ripeteva. Alzavo ancora la mano e i miei compagni ridevano».

Come ha superato questo ostacolo?
«Questo è un problema di cultura e mentalità, sono stata bullizzata per gran parte della mia vita, ho dovuto lottare ogni giorno».

A cosa si riferisce?
«Ricordo ancora quando a 15 anni, durante le vacanze estive, ero andata a lavorare in una nota catena di supermercati svizzeri. Quando mi hanno sottoposto il contratto di lavoro mi hanno detto: «Devi tagliare i capelli, perché i maschi non li tengono lunghi».

Con molto dolore ho raccolto le mie cose e ho deciso di scrivere un nuovo capitolo della mia vita: dall’Italia mi sono trasferita in Inghilterra

E come ha reagito?
«Sono andata a casa e li ho tagliati. All’epoca la mia famiglia non navigava nell’oro, e io avevo un forte senso di responsabilità. Così ho messo da parte l’orgoglio e ho seguito il consiglio».

Arriviamo alla parentesi londinese. Quella della libertà.
«È iniziata nel 2018. Con molto dolore ho raccolto le mie cose e ho deciso di scrivere un nuovo capitolo della mia vita: dall’Italia mi sono trasferita in Inghilterra».

Che capitolo è?
«Quello della rinascita. I primi due anni, fino al 2020, sono stati piuttosto difficili. Sono arrivata in Inghilterra che già si parlava di Brexit. Dunque senza un contratto di lavoro non potevo affittare una casa o aprire un conto in banca. I primi mesi vivevo negli ostelli. E facevo anche alcune dirette Facebook per raccontare la mia vita in questi posti - talvolta scabrosi - di Londra».

Perché a Londra sono rinata? Perché potevo essere chi ero veramente. Perché non ero giudicata

Come mai parla di rinascita?
«Perché potevo essere chi ero veramente. Perché non ero giudicata. Perché sono partita in cerca di fortuna e oggi sento di averla trovata dentro di me».

E poi?
«Poi ho iniziato a lavorare come hostess in un ristorante a Mayfair, facevo turni estenuanti e quando riuscivo volavo in Italia per fare dei provini. Fino al settembre 2020, quando ho lasciato il lavoro per dedicarmi interamente alle riprese della serie Bang Bang Baby».

Che personaggio interpreta?
«Belfiore. Una donna forte e intraprendente che non si vergogna della sua fragilità. E nel buio delle situazioni raccontate nella serie si rivela pura luce. L’ho apprezzato molto».

Cosa si aspetta ora dalla sua carriera?
«Spero di poter interpretare tanti altri ruoli. E non solo con ruoli di transgender. Intanto penso alla realizzazione del film tratto dal romanzo che ho scritto. È una storia svizzera dunque mi piacerebbe girarlo nel mio Paese che spero mi possa accogliere con entusiasmo».

Come si sente oggi?
«Una roccia, perché se ho superato tutte le difficoltà che ho vissuto, beh significa che posso contare su di me».