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Vola bass e schiva i sass

Negli aeroporti ribolle il nervosismo a causa dei voli annullati o in ritardo
Andrea Stern
Andrea Stern
17.07.2022 06:00

Fino a non molto tempo fa all’aeroporto di Zurigo-Kloten capitava in media una volta al mese che la polizia dovesse intervenire a causa di passeggeri aggressivi. Questa estate sta capitando tutti i giorni.

Dipendenti insultati, minacciati, inseguiti attraverso l’aeroporto... Swissport denuncia una situazione fuori controllo. «È il risultato degli errori di calcolo e di pianificazione da parte dei dirigenti di questo settore», osserva Philipp Hadorn, presidente del sindacato del personale aereo SEV-GATA.

E oggi c’è pure lo sciopero

Ancora in settimana Swiss ha annunciato la cancellazione di centinaia di voli, dopo che già a fine giugno ne aveva stralciati 676 dal suo programma estivo. Presso la casa madre Lufthansa le cancellazioni si contano nell’ordine delle migliaia. E va ancora peggio per le compagnie low cost come Ryanair e Easyjet, che oltre alla carenza di personale devono affrontare anche gli scioperi.

Uno è in programma proprio oggi, domenica 17 luglio. A incrociare le braccia per quattro ore saranno i lavoratori italiani di Easyjet,Volotea e Ryanair, i quali rivendicano «contratti che garantiscano condizioni di lavoro dignitose» e «stipendi almeno in linea ai minimi salariali previsti dal contratto nazionale del trasporto aereo».

«Nessuno vuole più fare il pilota»

Il problema è che la coperta è corta e anche piuttosto rattoppata. La IATA ha calcolato che prima della pandemia le compagnie aeree avevano in totale 2,93 milioni di dipendenti. Ora ne sono rimasti solo 2,48 milioni. «Oggigiorno nessuna persona sensata ambisce a fare il pilota di linea - sostiene Andrea Artoni, esperto di aviazione e pilota -. Lo fa magari per un certo tempo, ma appena trova la possibilità di avere uno stipendio più adeguato alle proprie capacità, molla tutto e se ne va».

La pandemia ha accelerato questo fenomeno. Molti piloti e assistenti di volo, lasciati a terra dalle compagnie aeree nei momenti di magra, si sono sistemati altrove e non sono più tornati indietro.

Un capitolo a parte lo meritano i circa 150 dipendenti di Swiss scaricati poiché non vaccinati contro il COVID-19. Molti di loro vorrebbero tornare a lavorare, ma la compagnia aerea si rifiuta di reintegrarli.

L’overbooking non è una novità, fa parte delle cattive abitudini delle compagnie aeree. Più in generale il problema è che negli ultimi tempi si è accentuato il divario tra la parte commerciale e la parte operativa delle compagnie aeree
Andrea Artoni

«Non ci sono più i Moritz Suter»

A questo punto viene da chiedersi come mai le compagnie aeree abbiano venduto i biglietti pur sapendo che non avrebbero avuto personale a sufficienza per garantire tutti i voli. «L’overbooking non è una novità, fa parte delle cattive abitudini delle compagnie aeree - osserva Artoni -. Più in generale il problema è che negli ultimi tempi si è accentuato il divario tra la parte commerciale e la parte operativa delle compagnie aeree. Una parte vende il più possibile, spesso anche più di quanto dovrebbe. L’altra parte invece deve fare i conti con tutta una serie di regole e limiti. Se le due parti non comunicano, il risultato è questo».

Anche perché, secondo Artoni, gli equilibri sono cambiati. «Gli operativi contano sempre meno - afferma Artoni -. Sono finiti i tempi in cui alla testa delle compagnie c’erano personaggi come Moritz Suter, piloti con una grande esperienza aviatoria. Oggi comanda la finanza».

«Stop alla vendita di biglietti»

Con il risultato che a volte sono gli aeroporti a dover frenare la bramosia delle compagnie. È successo in settimana all’aeroporto londinese di Heathrow, dove il direttore John Holland-Kaye ha chiesto alle compagnie di smettere di vendere biglietti per questa estate, in modo da mantenere il numero di passeggeri a un livello ragionevole. Non più di 100 mila al giorno. «Sopra questo numero, il servizio fornito dall’aeroporto diventa inaccettabile», ha detto Holland-Kaye.

Ritardi a gogò, ma non da oggi

Altrove va ancora peggio. Per esempio a Bruxelles, dove nella prima parte del mese di luglio il 72% dei voli è partito in ritardo e il 2,5% è stato cancellato, secondo i dati pubblicati da Bloomberg. Al secondo posto nella classifica dei peggiori aeroporti d’Europa figura Francoforte, con il 68% di ritardi e il 7,8% di cancellazioni. Superano il 60% di voli in ritardo anche gli scali di Eindhoven, Luton, Budapest, Lisbona, Parigi, Amsterdam e Nizza.

Mentre, curiosamente, l’aeroporto più puntuale d’Europa in questo inizio di luglio è stato quello di Bergamo, con solamente il 3% di ritardi e l’1% di cancellazioni.

Meglio che prima della pandemia. Perché forse qualcuno ha dimenticato che nemmeno una volta tutto filava sempre liscio come l’olio. Le statistiche di Eurocontrol, l’organizzazione di controllo del traffico aereo in Europa, indicano che nel 2019 più di un volo su cinque arrivava a destinazione con oltre un quarto d’ora di ritardo, il 22,4% dei voli per la precisione. Il peggior aeroporto d’Europa era Lisbona, da dove il 63% degli aerei partiva in ritardo, appena meglio che a Bruxelles, con il 61% di ritardi. Anche l’aeroporto di Malpensa figurava tra i meno puntuali del continente, con un 54% di aerei che non rispettavano l’orario.

Nervi più tesi

I ritardi dunque ci sono sempre stati. A essersi accentuato, forse, è il problema dei bagagli che non vengono consegnati ai passeggeri a fine volo. Questa estate anche i servizi a terra devono fare i conti con un personale ai minimi termini, per cui capita che qualche valigia resti per strada più del dovuto.

«Sono circa un centinaio al giorno i bagagli che vengono consegnati solo in un secondo tempo - spiega Stephan Widrig, CEO dell’aeroporto di Zurigo, al Blick -. Sono una piccola parte, se si considera che trattiamo circa 25 mila bagagli al giorno».

Certo, sebbene siano solo lo 0,4% dei bagagli, sono comunque troppi, per chi si ritrova ad aspettare invano davanti al nastro trasportatore. «Le compagnie dovrebbero curare di più il rapporto con la clientela, che troppo spesso viene trattata male», sostiene Artoni. Ma forse a volte spetterebbe anche ai passeggeri dare prova di un po’ di comprensione invece di sbraitare davanti al primo malcapitato. «È anche un problema di società - riprende Widrig -. Quest’anno, dopo la pandemia, i nervi della gente sono più tesi. C’è chi si arrabbia molto facilmente. Ma si consideri che qui passano 80 mila persone al giorno. La stragrande maggioranza è tranquilla, felice, si rallegra di partire in vacanza».