Politica

La Quinta Svizzera si fa largo

In vista delle elezioni federali 2023 gli svizzeri all'estero chiedono di poter avere dei loro rappresentanti in Parlamento
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
06.11.2022 07:00

La Quinta Svizzera vuole entrare in Parlamento. Gli svizzeri all’estero «devono avere il diritto di avere i loro rappresentanti nel Consiglio degli Stati», si legge nel manifesto programmatico dell’organizzazione che li riunisce, Swiss Community, approvato ieri sabato 5 novembre nel corso di una riunione del Consiglio in streaming. Anche perché «gli svizzeri residenti all’estero che hanno diritto di voto sono 220mila, tanti quanti gli elettori del canton Friborgo, del Vallese o del canton Neuchâtel», viene precisato. Da qui la richiesta di cambiare le costituzio ni cantonali così da favorire un cambio di rotta.

L’invito dell’organizzazione che si fa portavoce dei 788mila svizzeri che vivono al di fuori dei confini nazionali è rivolto alle autorità federali, cantonali, alla politica e ai politici che verranno eletti il prossimo ottobre. Ecco perché il prossimo 16 marzo il manifesto sarà discusso proprio con i parlamentari dei sei partiti principali e in seguito adottato ufficialmente. «Sarebbe una rivoluzione, ma non vedo molta disponibilità nell’elettorato», spiega Filippo Lombardi che di Swiss Community è presidente. Per entrare in Consiglio Nazionale gli svizzeri all’estero dovrebbero infatti prendere il posto occupato da qualche altro Cantone e l’impresa non è così semplice...

Molto più fattibile, secondo Swiss Community è invece la promozione «del sistema di voto elettronico realizzato dalla Posta svizzera». Anche perché «gli svizzeri all’estero ricevono ancora troppo spesso in ritardo i documenti necessari per votare e di conseguenza il loro voto non può essere speso in tempo». Tutto ciò rappresenta una vera e propria «discriminazione». Anche perché «il diritto di voto è sancito nella Costituzione».

La libera circolazione

La Quinta Svizzera insomma si fa sentire. Vuole farsi largo a Berna, là dove si prendono le decisioni. Come quelle che riguardano la libera circolazione delle persone, un accordo «che presenta molti vantaggi» e per questo va difeso. Ma non solo. «Il Consiglio federale deve adottare una strategia chiara e trasparente per mantenere i diritti acquisiti». Diritti che per chi abita fuori dalla Svizzera sono imprescindibili. Anche perché sono il 57% del totale degli svizzeri all’estero quelli che abitano e vivono nell’Unione europea (UE). Dovesse cadere la libera circolazione delle persone, si fa presente, diverse famiglie svizzere potrebbero essere separate.

La mobilità internazionale

Oggi più di ieri c’è insomma da tenere conto della maggiore mobilità internazionale delle persone. Che va garantita e tutelata, secondo l’organizzazione. Anche perché oggi più di ieri l’espatrio è sempre più di corta durata, «in media dai 3 ai 5 anni» e bisogna tenerne conto. Non soltanto a livello politico. Ma anche nei diritti e nelle leggi di tutti i giorni. Ecco perché anche «le pratiche amministrative devono adattarsi», diventando più digitali. Da qui la richiesta di sostenere la creazione di un’identità elettronica sicura emessa dallo Stato. Un’identità capace di «facilitare l’accesso alla Svizzera dagli svizzeri residenti all’estero».

Nel manifesto è espressa anche la convinzione di non sacrificare l’accesso all’istruzione dei giovani svizzeri, favorendo la creazione di nuove scuole svizzere all’estero.