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Batman torna sullo schermo

Il nuovo film propone una rilettura dell’eroe mascherato di Gotham City dai toni seri e lugubri
Robert Pattinson nei panni di Batman
Gaia Caruso
Gaia Caruso
12.04.2022 17:49

Traumatizzato dalla morte dei genitori, il miliardario Bruce Wayne (Robert Pattinson) ha scelto un’esistenza solitaria in cui combatte il crimine per le strade di notte, indossando i panni del vigilante mascherato Batman. Dopo due anni di attività, immerso in un perpetuo stato di alienazione rispetto alla realtà, ha rinunciato quasi del tutto ai suoi doveri di ricco cittadino e di membro della Wayne Enterprise. E mentre è in corso la campagna elettorale per eleggere il sindaco, un serial killer (Paul Dano) comincia a uccidere i vertici della città, lasciando misteriosi enigmi sulle scene del crimine. Indagando a fianco del detective Gordon (Jeffrey Wright), Batman si scontrerà col potente boss Carmine Falcone (John Turturro), con Pinguino (Colin Farrell), e incontrerà la ladra Selina Kyle (Zoë Kravitz), alias Catwoman, con cui stringerà un’ambigua alleanza.Rispetto alle sue precedenti incarnazioni cinematografiche, Matt Reeves porta sullo schermo un Batman ancora fallace e immaturo, in cerca di una propria identità come supereroe. «Io sono vendetta», si presenta il personaggio uscendo dalle ombre a inizio film, convinto che solo facendosi giustizia da sé potrà onorare la memoria di ciò che la sua famiglia ha fatto per la città. Tuttavia, gli eventi che scuotono Gotham City lo portano alla consapevolezza che la gente ha bisogno più di speranza che di vendetta. Emblematica in questo senso una scena verso la fine del film, in cui il protagonista si fa letteralmente portatore di luce, in un percorso opposto al Batman di Nolan, che a suo tempo sceglieva di inoltrarsi nell’oscurità e farsi capro espiatorio delle colpe altrui.E questa non è l’unica differenza rispetto ai film precedenti. Infatti, con un impianto narrativo che richiama il noir classico, il film si discosta dal genere action per avvicinarsi di più al poliziesco. Più investigatore che supereroe, l’uomo pipistrello interpretato da Pattinson prima collabora con la polizia sulle scene del crimine, e solo dopo un’attenta osservazione entra in azione. Il lavoro di indagine è agevolato da speciali lenti che filmano qualsiasi cosa su cui si ponga il suo sguardo e gli permettono di riguardare i video e analizzarli per cogliere ogni dettaglio con la sofisticata tecnologia di Villa Wayne. Luogo che nel film viene utilizzato pochissimo, come del resto non si vede quasi nulla della vita di Bruce Wayne, compreso il fidato maggiordomo Alfred, protagonista di appena un paio di scene e malamente sfruttato per una sequenza che dovrebbe essere uno dei vertici emotivi del film (ma che non funziona proprio perché il pubblico non ha occasioni per affezionarsi a lui).Per il resto, i personaggi si muovono per lo più in interni molto bui e in esterni notturni e piovosi. L’architettura senza tempo – se non fosse per i dispostivi elettronici non si direbbe che il film è ambientato ai giorni nostri – predilige edifici dalle ampie finestre, da cui è possibile scorgere il profilo illuminato della città. La fotografia scurissima predilige l’ombra alla luce e accentua l’atmosfera cupa del film, spesso debitrice di Seven di David Fincher.Peccato però che la sceneggiatura non abbia il coraggio di portare fino in fondo i toni seri e pessimisti, talvolta intaccati da scivoloni nel ridicolo involontario, e spesso torni su binari più convenzionali, in particolare in due occasioni. La prima è la sottotrama dell’indagine che riguarda Thomas e Martha Wayne, di cui vengono rivelate colpe e fantasmi del passato. Questo velo di oscurità, che poteva dare un’interessante svolta al ruolo dei genitori di Bruce, viene presto tolto, e le due figure vengono di nuovo santificate. L’altra scelta riguarda il finale, in cui il film scarta dal thriller e si ricorda di dover essere anche un film d’azione, riproponendo un classico scontro tra il buono e il villain, che allunga anche il film là dove non era necessario.Ma dove il film inciampa davvero è quando cerca di affrontare il tema del divario socioeconomico. Se infatti la ricchezza della famiglia Wayne è solo accennata e mai mostrata, il film continua a ribadire come lo status sociale di Bruce lo caratterizzi intimamente, anche quando indossa i panni della sua identità segreta. «Si vede che sei nato ricco», gli fa notare infatti in una scena Catwoman, parlando di come le nostre scelte determinino poi la nostra condizione. Ma il contesto sociale di provenienza è anche ciò che differenzia Batman da l’Enigmista, personaggi non poi così diversi, suggerisce il film in più di un’occasione, per esempio quando mostra entrambi intenti a spiare le persone attraverso le finestre. Tutti e due sono orfani, ma mentre Bruce Wayne è potuto crescere in una villa lussuosa con persone che l’hanno sostenuto, l’altro è cresciuto in un orfanotrofio squallido. Il discorso purtroppo non è mai davvero approfondito, perché, se è vero che inizialmente l’Enigmista si dimostra un personaggio molto più acuto di Batman – è riuscito a scoprire prima di lui tutto il giro della corruzione che domina la città e vuole portare alla luce la verità –, alla fine, per ricordarci che è davvero cattivo, si rivela un personaggio mentalmente instabile, che frequenta gruppi di cospirazionisti online ed è pronto a compiere un atto di terrorismo uccidendo in massa persone innocenti.Se dunque il film riesce a distinguersi rispetto ai suoi predecessori e ai tanti altri cinecomics proposti negli ultimi anni, il suo più grande limite è quando inserisce temi complessi che non riesce a trattare con l’attenzione di cui avrebbero avuto bisogno, per tornare su binari più sicuri da film commerciale mainstream.

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