Politica

Ora è «palla al Centro»

Il PPD plebiscita il cambio di nome: «È solo l'inizio di un processo di rinnovamento»
Andrea Stern
Andrea Stern
26.06.2022 07:00

Fiorenzo Dadò sale in piedi su una sedia e stacca la bandiera del PPD. È un gesto simbolico che chiude 52 anni di storia. Pochi istanti prima, il congresso del partito cantonale, riunito a Cadempino, aveva accolto il cambiamento del nome a larghissima maggioranza. 162 favorevoli, 15 contrari, 3 astenuti. Il PPD non esiste più.Da ieri al suo posto c’è il Centro, denominazione nettamente preferita all’alternativa di Alleanza del Centro.

«Il nostro partito ha bisogno di questa ventata di freschezza - ha detto il presidente cantonale -. È un’opportunità di rinnovamento che ci chiedono anche le nuove generazioni, da cogliere con entusiasmo e fiducia, pur consepavoli che per ottenere risultati bisognerà continuare a lavorare tutti assieme con tenacia e positività, formulando proposte coraggiose e convincenti».

Un trionfo di Pfister

Dadò non ha nascosto di essere stato inizialmente scettico sul cambiamento del nome. Ma lui, come altri dubbiosi, si è lasciato conquistare dalle capacità persuasive di Gerhard Pfister, il presidente nazionale, il promotore e artefice del nuovo corso del partito.

«Quasi tutti i partiti cantonali hanno già cambiato nome, anche se in realtà per farlo avevano tempo fino al 2025 - ha rimarcato Pfister -. Devo ammetterlo, non mi aspettavo che succedesse così rapidamente e quindi è ancora più gratificante».

Non è però tanto il cambiamento del nome a rallegrare Pfister, quanto la volontà comune di rilanciare il partito . «Il nuovo nome può essere un inizio per il risveglio e la riforma del partito - ha sostenuto Pfister -. L’obiettivo deve essere quello di attrarre più giovani, riformare le strutture, rinnovarsi. Per questo il lavoro a livello di base è centrale. Bisogna mobilitare, attivare, cercare nuovi elettori, lavorare sul campo, con le sezioni comunali, nelle piazze, nelle strade».

«Più facile trovare candidati»

Nei cantoni che hanno già adottato la nuova denominazione - tutti tranne il Giura, che si esprimerà in dicembre - il primo bilancio è senz’altro promettente. «Abbiamo ottenuto ciò che avevamo sperato come primo passo - ha detto Pfister -. Il nuovo nome facilita l’accesso al nostro partito. I partiti cantonali mi riferiscono che con il nuovo nome è molto più facile motivare nuovi potenziali candidati a presentarsi alle elezioni.Il numero dei nostri sostenitori è in aumento».

Un entusiasmo che ha travolto la sala, ieri a Cadempino. Tra i numerosi membri del partito intervenuti durante il dibattito, il solo Pierfranco Pellegrini si è espresso negativamente sul nuovo orientamento, per altro in modo assai confuso, arrivando fino ad accusare i vertici del partito di aver «regalato Marco Chiesa all’UDC». Tutti gli altri interventi sono invece stati all’insegna dell’apertura e della positività. Tutti si sono detti favorevoli al nuovo corso.

Un dibattito a senso unico

«Io non vengo da una famiglia PPD - ha detto Filippo Lombardi, municipale di Lugano ed ex consigliere agli Stati -. Io ho scelto il PPD all’età di 21 anni e l’ho fatto per i valori che questo partito esprimeva ed esprime tuttora. L’essenza sono i valori, non il nome».

«I nostri valori non sono condivisi solo da chi va a messa tutte le domeniche - ha aggiunto la deputata Maddalena Ermotti Lepori -. Sono convinta che ci siano tante altre persone che possono aiutarci a portarli avanti».

Non per forza solo cattolici. «Io nel mio partito accetto tutti, addirittura il diavolo, se non mi chiede l’anima...» ha detto Franco Gianoni, classe 1929, volto storico del PPD. L’avvocato Gianoni ha poi chiesto un’acclamazione per un suo ex compagno di scuola, l’ex consigliere di Stato Tito Tettamanti,«che sebbene resti nell’ombra è ancora oggi una figura di riferimento per il nostro partito».

Un partito seriamente intenzionato a risalire la china, dopo decenni di continua erosione dei consensi. Il nuovo nome non farà miracoli ma potrà essere un tassello del rilancio. «Oggi non si riesce nemmeno più a spiegare cosa significa popolare democratico - ha osservato l’ex consigliere di Stato Paolo Beltraminelli -. E se non riusciamo a spiegarci, non avremo mai successo. Il nome Centro invece ha il vantaggio dell’immediatezza».

Una ventata di gioventù

Un’immagine più fresca, sostenuta anche dalla sezione giovanile del partito.«Il cambio di nome è un’opportunità di rinascita - ha sostenuto Marco Profeta, presidente di Generazione giovani -. È un’opportunità di aprirsi, svilupparsi e raggiungere nuovi elettori».

Le premesse sembrano incoraggianti. Nel suo intervento Gerhard Pfister ha evidenziato che «dopo il cambiamento di nome i Giovani del Centro hanno guadagnato più membri di qualsiasi altro partito giovanile svizzero». Una tendenza positiva che si ripercuote anche a livello elettorale. «Da segnalare in particolare la conquista di due seggi a Neuchâtel, dove il partito non era mai riuscito a imporsi - ha detto Pfister -. Vorrei inoltre sottolineare che siamo riusciti a difendere il seggio del Centro nel Consiglio di Stato bernese, mentre Valérie Dittli è stata clamorosamente eletta nel governo cantonale di Vaud. Questi due successi sarebbero stati impensabili senza la fusione e il cambio del nome».

Per fusione Pfister intende quella con il Partito borghese democratico (PBD), ala dissidente dell’Unione democratica di centro (UDC) oggi confluita nel nuovo Centro.

In Ticino invece il progetto portato avanti da Pfister non comporta l’integrazione con altri partiti. Forse è anche per questo che la denominazione «Alleanza del Centro» inizialmente proposta agli italofoni è stata spodestata dalla più semplice «Il Centro», che il congresso del partito cantonale ha fatto sua con 161 preferenze contro 12.

I gruppi di lavoro

Ora si tratterà di dare dei contenuti a questo nuovo nome. In questo senso Dadò ha annunciato la creazione di una serie di gruppi di lavoro che dovranno delineare i nuovi orientamenti del Centro. Il plebiscito di ieri è solo l’inizio di un processo di rinnovamento che dovrà coinvolgere tutte e tutti i membri del partito.

«Dobbiamo sporcarci le mani e andare in miniera, senza più nessuna paura di difendere con i denti e con le unghie i valori e i principi in cui crediamo» ha tuonato Dadò nel corso di un intervento che gli è valso una standing ovation, l’unica del congresso.

Il presidente cantonale è stato decisamente convincente. «Inizialmente avevo il timore che il cambiamento di nome fosse solo un’operazione estetica, di marketing - ha detto Luigi Pedrazzini, ex presidente del partito ed ex consigliere di Stato -. Oggi invece ho la convinzione che si tratta di un’operazione di sostanza. È l’inizio di un lavoro serio, cui spero saranno in molti a partecipare».

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