L'intervista

«Se tutto è organizzato, dove sta l’avventura che è l’essenza del viaggio?»

A tu per tu con Werner Kropik, i cui documentari da oltre vent'anni accompagnano le serate di TeleTicino
Prisca Dindo
24.07.2022 13:46

Quando si pronuncia il suo nome ai ticinesi vengono in mente due cose. L’italiano monotono (cantilenante) e la voglia di partire. Werner Kropik, nato a Vienna nel 1942, è un volto noto. Da più di vent’anni i suoi documentari dedicati ai viaggi accompagnano le serate dei telespettatori di Teleticino. Kropik è un viaggiatore all’antica. Uno che parte con il sacco in spalla in cerca di nuove avventure da documentare. Sostenitore instancabile del turismo lento, ha raggiunto in bici Hong Kong ed ha visitato più di venti volte l’India. «Ma si possono compiere viaggi straordinari anche in Ticino» ci dice. 

Lei che ha girato mezzo mondo ci dica: perché si viaggia? Cosa ci spinge a preparare la valigia e a partire? 
«Per vivere emozioni. Credo che questa sia la motivazione principale. Noi viaggiamo perché desideriamo sottrarci dal tran tran quotidiano. Vogliamo fuggire dalla routine di tutti i giorni. Per cercare nuove emozioni ognuno fa a modo suo. C’è chi punta sullo shopping, chi sposa uno sport  e c’è chi si carica il sacco in spalla verso nuovi orizzonti. Come me».

La sensazione più forte provata nei viaggi?
«Quella di svegliarsi in un posto senza sapere dove mi sarei addormentato alla sera. Viaggiare senza aver nulla di programmato mi fa sentire bene. In questo modo accumulo nuove esperienze. Cerco di comprendere il nuovo che si presenta davanti ai miei occhi. Io non ho mai idee preconcette su un posto. Voglio capire con la mia testa.  Meglio non partire se non si si è disposti a capire». 

Che differenza c’è tra un turista e un viaggiatore?
«Ogni turista si crede un viaggiatore e si arrabbia quando vede altri turisti in giro. Ma credo che ognuno abbia l’ approccio che rispecchia il suo essere. A far la differenza secondo me sono le aspettative. Il viaggiatore non ne ha, il turista invece sì».

Avere aspettative è un fattore negativo secondo lei?
«Penso di si. Avere  aspettative è una grande fregatura. Quando il  colore del mare non è turchese come quello della brochure dell’agenzia viaggi sei subito deluso.  Per me viaggiare significa proprio il contrario di tutto ciò. Vuol dire buttarsi in un itinerario sconosciuto, pronto ad accettare tutto quello che il destino manderà sulla mia strada».

Google Earth ti fa scoprire il mondo dal divano di casa, e anche il ristorantino del terzo mondo ha il suo sito internet che mostra piatti e paesaggi tipici. Tuttavia viaggiare significa uscire dalla comfort zone. Bisogna annusare il mondo, come io dico sempre

Oggi però la generazione 2.0 sceglie di  visitare paesi in funzione delle foto che appaiono su Instagram…
«Sbagliano. Innanzitutto pensare di ripetere l’attimo immortalato dall’autore della foto è una pia illusione. Vivere l’emozione di un altro è impossibile. Certo gli strumenti tecnologici a disposizione delle nuove generazioni sono potenti. Google Earth ti fa scoprire il mondo dal divano di casa, e anche il ristorantino del terzo mondo ha il suo sito internet che mostra piatti e paesaggi tipici. Tuttavia viaggiare significa uscire dalla comfort zone. Bisogna annusare il mondo, come io dico sempre».

Non è facile uscire dalla confort zone, non crede?
«Per conoscere un paese occorre saper rinunciare alla propria sicurezza e a tutto ciò a cui siamo abituati. A cominciare dalla pulizia di casa tua. Ci si deve dire: "Sto per affrontare qualcosa a cui non sono abituato, qualcosa di inaspettato che potrebbe mettermi alla prova, come il freddo o la fame"».

Non tutti possono vantare questo coraggio..
«Questo è il prezzo da pagare se si vuole vivere esperienze che sul momento spaventano ma che poi arricchiscono i ricordi.  Non so quante volte nei miei trekking ho patito la fame, il freddo e la fatica. Ma ne è sempre valsa la pena. Questo modo di viaggiare, di camminare settimane attraverso valli sperdute e a me sconosciute mi ha permesso di scoprire realtà inimmaginabili. Villaggi e monasteri senza l’elettricità e l’acqua corrente. Ho visto il Medioevo nel terzo millennio».  

Quando viaggia cosa la colpisce di più: le persone, le cose o la natura?
«Soprattutto le persone. Più capisci un popolo o una cultura, più capisci chi siamo noi, con le nostre paure, la nostra aggressività, i nostri desideri. Ogni popolo ha il suo modo di affrontare le cose del mondo».

L’India offre tantissime emozioni con pochi soldi. O la detesti o la ami, ma nessuno ritorna indifferente da questo variegato Paese

Che senso ha tornare più di venti volte in India?
«È la stessa domanda che mi posero alla frontiera indiana. "Perché viene così spesso nel nostro Paese?", mi chiese una volta un doganiere indiano vedendo tutti i visti sul mio passaporto. Dopo cinque viaggi credevo sapere tutto, ma mi sbagliavo. L’India offre tantissime emozioni con pochi soldi. O la detesti o la ami, ma nessuno ritorna indifferente da questo variegato Paese».

L’invasione russa dell’Ucraina è solo l’ultimo di un lungo elenco di conflitti. Dall’Afghanistan, alla Libia, al Myanmar, alla Palestina, alla Nigeria, sono molte le popolazioni del mondo per cui il conflitto è la tragica normalità. Non crede che le guerre recenti stiano rendendo il  mondo più piccolo?
«È una mezza verità, perché le cose cambiano sempre. Ricordo che in passato avevo il desiderio di visitare la Cambogia, ma i khmer rossi me lo impedivano. Ora posso andarci senza problemi. Prendiamo un altro esempio: lo Yemen. Ora è dilaniato dalle bombe, però sono riuscito a visitarlo diverse volte. Tutto cambia, appunto. E poi tante volte non si devono affrontare lunghi viaggi per fare nuove esperienze».

In che senso?
«Per esempio si può partire alla scoperta dei luoghi in cui vivi. In questi anni ho percorso tutti i sentieri del Ticino. Cinquemila chilometri di grandi emozioni. L’ho attraversato in lungo e in largo.  Ogni valle laterale mi offriva una sorpresa. Proprio come quando mi trovavo in Tibet. Il segreto è muoversi a piedi».   

Come vede le nuove generazioni di viaggiatori?
«Di recente ho fatto un viaggio in Indonesia insieme a due conoscenti. A differenza mia, loro avevano il telefonino nel sacco. Li osservavo mentre prenotavano alberghi dalla cima di una montagna e voli dai sagrati dei monasteri. Una gran comodità, d’accordo. Però non cambio idea: se tutto è prenotabile e prevedibile, se tutto è organizzato nei dettagli, dove sta l’avventura che è l’essenza del viaggio?».

Se tornasse indietro rifarebbe ogni cosa, come ad esempio andare in bici da Lugano ad Hong Kong?
«Certo, senza ombra di dubbio. Quei mesi trascorsi in sella alla mia bici sono stati intensi, unici. Anzi: mi hanno permesso di sentirmi vivo. Una gran bella sensazione. Sarebbe triste morire senza avere la sensazione di aver vissuto davvero, non crede?».