Io mi ricordo

Il Museo della Memoria, un ponte tra ieri e oggi

Elio Venturelli è stato per anni a capo di questo progetto intergenerazionale, «perché è raccogliendo e interpretando i dati del passato che si costruisce l’avvenire»
@photolocatelli.ch
Jonas Marti
22.03.2023 16:07

Per ben 28 anni è stato a capo dell’Ufficio di statistica del Canton Ticino. Poi nel 2010, in pensione e membro del comitato cantonale dell’Associazione Ticinese Terza Età (ATTE), gli è venuta un’idea. Creare una piattaforma online con un obiettivo nobilissimo: conservare, su supporto informatico, immagini e documenti relativi alla Svizzera italiana di una volta. È nato così il “Museo della Memoria” (museodellamemoria.ch), una raccolta digitale di memorie, ricordi, brandelli di un prezioso passato, del nostro passato, che come ogni grande storia è fatto di piccole storie.

Oggi Elio Venturelli ha lasciato il ruolo di responsabile del museo, ma ricorda con grande entusiasmo gli esordi. «Tutto è partito con un progetto intergenerazionale, con la volontà di mettere in contatto la curiosità dei giovani e la conoscenza degli anziani. Con l’ATTE volevamo coinvolgere gli allievi delle scuole elementari e medie in un’esperienza di ricostruzione del passato, attraverso le testimonianze dei loro nonni», spiega Venturelli, anche lui nonno di quattro nipotini. «Perché gli anziani di oggi non sono più quelli di una volta: sono molto attivi e vogliono trasmettere ai giovani le loro esperienze.»

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Sotto la guida di Venturelli, da piccolo progetto scolastico il museo si trasforma in una piattaforma che oggi è diventata, grazie anche alle pagine Facebook (@museodellamemoria.ch) e Instagram (@mdmmemoria), un punto di riferimento nel raccontare il passato. Negli ultimi anni - grazie a un incredibile passaparola - anziani di tutte le regioni della Svizzera italiana hanno messo a disposizione centinaia di documenti che prima erano rimasti nascosti nell’oscurità dei solai, dei vecchi classificatori o in vecchie cassette. Si va da vecchie foto d’epoca scattate in quasi tutta la Svizzera italiana ad articoli di giornale, raccolte di proverbi intrisi di saggezza popolare, consigli di letture, filmati d’epoca, ma anche numerose interviste sui più svariati temi: emigrazione, sport, politica, cultura.

A mettere ordine ci pensano alcuni volontari dell’ATTE che creano rete, confezionano interviste, sollecitano testimonianze, raccolgono immagini e articoli d’epoca. Oggi sono più di mille i contributi offerti sul sito del museo virtuale, divisi in novanta dossier tematici, con numerosi filmati e interviste originali. Una manna per appassionati di storia, allievi, docenti e per chi è interessato a conoscere aspetti inediti del passato.

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Sociologo ed economista di formazione, Elio Venturelli è passato dalla statistica (disciplina apparentemente asettica e razionale) alla memoria, che tocca invece le nostre corde più intime ed emotive. Ma non è una contraddizione, anzi. «La statistica è un ponte tra passato e futuro. Perché è raccogliendo e interpretando i dati del passato che si può costruire con consapevolezza il nostro avvenire. E così anche guardando vecchi filmati in bianco e nero e ascoltando i nostri nonni descrivere la vita di un tempo, possiamo capire il presente e immaginare meglio il futuro.»

Una memoria che sempre di più sembra invadere lo spazio pubblico della nostra società. Un passato che accompagna il nostro presente e si radica nell’immaginario collettivo. In un Ticino distrutto dalla speculazione che ha cancellato molte tracce del passato, non c’è però il rischio di cadere nel cliché del “si stava meglio una volta?” «No, perché non si stava certo meglio. Le testimonianze raccolte mostrano come la vita di un tempo fosse più dura di oggi. Le donne andavano a raccogliere le castagne con le gerle e a piedi nudi, una cosa che oggi farebbe scappare anche i più coraggiosi. Oggi stiamo tutto sommato bene. Ciò non toglie che qualcosa di quel passato fosse anche prezioso.» Per esempio? «Oggi il Ticino si sta concentrando nei centri urbani e nelle città, ed è peccato. Le valli si stanno spopolando giorno dopo giorno e rischiamo così di perdere quel preziosissimo patrimonio della civiltà rurale e del legame con la natura.»

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