L'editoriale

Uno per tutti, tutti per Crus

E adesso il Ticino intero spinge il Lugano
Paride Pelli
15.05.2022 06:00

C’è un personaggio che più di ogni altro mette d’accordo il Ticino calcistico, e che forse per la prima volta potrebbe unire idealmente il nostro cantone in un’unica, incredibile curva di tifosi, da Chiasso ad Airolo, spingendo, e se la Fortuna ci assiste portando il Lugano alla conquista della sua quarta Coppa Svizzera nella storia: si chiama Mattia Croci-Torti, per tutti «Crus».

C’è un personaggio che più di ogni altro mette d’accordo il Ticino calcistico e che forse per la prima volta potrebbe unire idealmente il nostro cantone in un’unica, incredibile curva di tifosi, da Chiasso ad Airolo, spingendo, e se la fortuna ci assiste, portando il Lugano alla conquista della sua quarta Coppa Svizzera nella storia: si chiama Mattia Croci-Torti, per tutti Crus. Ed è proprio con lui che oggi ho il piacere di condividere la prima pagina di questa edizione speciale de «La Domenica» dedicata in larga parte alla partitissima. Un po’ guascone, un po’ ragazzaccio, il Crus è capace di aggregare, di generare consenso, di motivare, di temprare i calciatori e di mettere - appunto - tutti d’accordo. Non solo nello spogliatoio, che a dispetto della poca esperienza ad alti livelli Crus ha saputo gestire come il più navigato dei mister, ma anche attorno a sé, fuori dalle mura e dal manto erboso di Cornaredo.

Anche chi scrive, confesso, era schierato tra gli scettici per la decisione della dirigenza di confermarlo, dopo l’interim seguito all’allontanamento di un «totem» (in Sudamerica, almeno) come Abel Braga. Scelta ai più incomprensibile, all’apparenza di basso profilo, che ha però avuto il potere, la magia, di creare un circolo virtuoso che ha portato il Lugano in alto in classifica - fino ad affacciarsi sull’Europa - e, soprattutto, a questa storica finale. Un traguardo raggiunto in modo rocambolesco, ai rigori contro il Lucerna dopo una partita folle, e per questo ancor più bramato e sognato.

Ora resta da compiere l’ultimo passo, tradizionalmente il più difficile. Serve coraggio e un po’ di sfrontatezza: e sono proprio queste le due doti di spicco del Crus, uno che se avesse un nome meno nostrano e più cosmopolita sarebbe - c’è da scommetterci - osannato e persino idolatrato. Queste sue caratteristiche Crus dovrà trasmetterle oggi, ancora una volta, ai suoi giocatori, che davanti alla corazzata San Gallo dovranno dare battaglia con la stessa grinta del loro allenatore, del loro leader. Solo così potranno riuscire a portare in Piazza della Riforma quel trofeo prestigioso che sulle rive del Ceresio e in Ticino manca da quasi trent’anni, da quell’indimenticabile pomeriggio al vecchio Wankdorf, con i bianconeri di Mauro Galvao, Paulo Henrique Andrioli e Nestor Subiat a sotterrare di gol il favorito Grasshopper dai nomi altisonanti.

Fu una prestazione maiuscola, monumentale. Anche in quell’occasione il Lugano, guidato da Karl Engel, partiva sfavorito, ma ribaltò ogni pronostico. Ora tocca al «nuovo» Lugano a stelle e strisce, che piace un po’ a tutti, anche fuori dai confini cittadini: piccolo miracolo del Crus. Per una volta il Ticino appare finalmente unito nel tifare una squadra: via i campanilismi, dunque, e che vinca il Lugano.

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