A Chiasso il meglio arriva alla fine

CHIASSO - Come nella miglior tradizione dello showbiz, anche il Festival di musica e cultura jazz di Chiasso ha riservato al suo appassionato e fedele pubblico le cose migliori per il gran finale. Non che le prime due serate della XVIII edizione della rassegna siano state modeste, tutt'altro: l'intenso e vellutato afro-jazz di Randy Weston (giovedì) e le geniali sperimentazioni elettronico-vocali di Maria Joao la sera seguente, restano tra le cose migliori del cartellone, tuttavia, per omogeneità e qualità complessiva, l'offerta del sabato sera al Cinema Teatro è stata senza ombra di dubbio la migliore.
Una serata che ha ruotato attorno allo show di una delle grandi superstar della chitarra mondiale, il francese Bireli Lagrene, il re del "jazz manouche" ma anche e soprattutto uno dei maggiori frombolieri viventi della sei corde. Dategliene una e il 48enne alsaziano sarà in grado di deliziarvi come un esperto giocoliere, con numeri di alta classe e di destrezza in grado di lasciarvi a bocca spalancata per lo stupore ma anche di strapparvi sorrisi e applausi per le sue trovate. Cosa accaduta a Chiasso dove, accompagnato da un trio acustico (contrabbasso, chitarra acustica è sax) Lagrene ha solo parzialmente riproposto quel "Django Style" che l'ha reso famoso, preferendo regalare alla platea un'ora di puro ed elegante divertissement, passando in rassegna una grande varietà di generi (il jazz gitano, ovviamente, ma anche quello più tradizionale, il flamenco, la fusion, lo swing e la musica classica) e divertendosi a smontare e rimontare numerosi standard riempiendoli di citazioni, rimandi, numeri di alto virtuosismo, ma anche divertenti siparietti con i quali, sostanzialmente, non prendersi troppo sul serio. Un concerto che si è rivelato un autentico piacere per le orecchie, per gli occhi (la velocità e la destrezza della sua mano sinistra è degna di un prestidigitatore) ma anche per lo spirito, grazie alla vena ironica che l'ha avvolto, dall'iniziale Just The Way You Are (sì, proprio il lento strappamutande di Billy Joel!), al pot-pourri conclusivo in pieno stile cabaret.
Se Bireli Lagrene è stato la star del sabato sera al Cinema Teatro di Chiasso, la sorpresa è stato invece l'esplosivo set conclusivo regalato dagli israeliani The Apple. Uno scatenato ottetto pilotato dal trombettista Arthur Krasnobaev e dall'adrenalinico batterista Yonedav Halevy, che ha infiammato la platea con un "kosher funk" che, partendo dalla lezione dei JB's Horns di Maceo Parker e Fred Wesley, abbina alla potenza dei suoi quattro fiati e della sua sezione ritmica, suoni "urban" e "noise" elaborati da due deejay, così da spaziare da sonorità tipicamente Seventies ad altre più attuali, che vanno dall'ipnotico e avvolgente "dub" al "big beat" alla Moby o Chemical Brothers, ma sempre con chiarissimi richiami "funk". Musica, quella di The Apple, tutta da ballare che ci auguriamo di rivedere al più presto, magari in una dimensione "open air"...
Il sabato sera del Festival di musica e cultura jazz di Chiasso ha anche regalato, in apertura, uno sguardo al jazz "Made in Ticino", con il quintetto del trombettista Nolan Quinn: un eccellente combo - tecnicamente e sul fronte compositivo - soprattutto quando lascia da parte i tentativi di rifarsi al quintetto di Miles Davis degli anni Cinquanta o ai Jazz Messengers (che sfociano in esecuzioni scolastico-manieristiche piuttosto insipide) e si avvicina a quel funk che sembra essere maggiormente nelle corde della dotatissima e brillante "Quinn Family".