Clima

Alluvione a Dubai, perché si parla di cloud seeding?

Secondo alcune teorie, la forte tempesta che si è abbattuta sulla città desertica negli scorsi giorni sarebbe stata causata dalla tecnica di «inseminazione artificiale» – Gli esperti, però, smentiscono: «La colpa, piuttosto, è del cambiamento climatico»
©ALI HAIDER
Red. Online
18.04.2024 14:30

La perturbazione che negli scorsi giorni ha colpito Dubai ha portato «la più grande quantità di pioggia» sugli Emirati Arabi Uniti in più di 75 anni. Ad Al Ain, una città al confine con l'Oman, addirittura, sono caduti 254 millimetri di pioggia in un giorno: un numero più elevato di quanto il Paese, in media, veda in un anno. E le immagini diffuse online e sui social lo confermano. A Dubai, negli scorsi giorni, le strade sono state inondate. Il cielo è diventato scuro, come se fosse notte, nel bel mezzo del pomeriggio. Lì, in mezzo al deserto, dove la pioggia è un fenomeno raro, se non rarissimo, improvvisamente la vita si è fermata, proprio a causa del maltempo. Si sono allagate autostrade e centri commerciali, le scuole sono state chiuse e all'aeroporto di Dubai, uno dei più trafficati al mondo, sono stati cancellati diversi voli. 

«Inseminare le nuvole»

Il fenomeno, più unico che raro, insomma, non è potuto passare inosservato. Ma oltre a filmati e fotografie della tempesta, online hanno iniziato a diffondersi anche teorie legate al «cloud seeding». «L'inseminazione delle nuvole» che, secondo diverse persone, avrebbe avuto un ruolo cruciale nelle forti piogge che hanno colpito la città desertica. Si tratterebbe di una strategia di «modificazione del clima», già conosciuta da decenni, utilizzata in tutto il mondo per affrontare i periodi di grande siccità. Ma per capire come funziona, bisogna fare un passo indietro, e parlare delle nuvole e del loro processo di formazione.

Per cominciare, le nuvole sono composte da minuscoli cristalli di ghiaccio o da goccioline d'acqua, che provengono dai processi di evaporazione di oceani, mari e fiumi, o più semplicemente dell'acqua nel suolo o della vegetazione. Nel momento in cui il vapore acqueo si raffredda, dunque, le nuvole si formano. Ma per avere delle precipitazioni – sia sotto forma di pioggia che sotto forma di neve – è necessario che il vapore acqueo incontri i nuclei di condensazione, ossia minuscole particelle (di polvere, sale o fumo) che sono in grado di assorbire le molecole d'acqua, portando alla formazione di gocce che, a causa della forza di gravità, cadono verso la Terra. 

Spiegato questo processo, il cloud seeding non è altro che una strategia che aggiunge questi «agenti leganti» nell'atmosfera. In altre parole, si «manipolano» le nuvole esistenti, per riuscire a produrre più precipitazioni. Per riuscire nell'impresa, ci sono due soluzioni. In un caso, si utilizzano dei cannoni che «sparano particelle» verso il cielo. Nell'altro, invece, vengono utilizzati degli aerei che spargono le particelle in questione sulla parte superiore delle nuvole.

Cloud seeding o cambiamento climatico?

Produrre più pioggia, dunque, è possibile. A tutti gli effetti. Ma secondo gli esperti (e non solo) non è quello che è successo a Dubai in questi giorni. Il Centro nazionale di meteorologia (NCM) degli Emirati Arabi Uniti, che si occupa di monitorare le operazioni di cloud seeding nel Paese, ha infatti dichiarato che non è stata condotta alcuna operazione per far cadere più precipitazioni. Come spiegato da Omar Al Yazeedi, vice direttore generale del NCM, l'essenza del cloud seeding sta infatti nel «prendere di mira le nubi in una fase precedente, prima delle precipitazioni. Impegnarsi in attività di "inseminazione" durante un forte temporale si rivelerebbe inutile». 

Sebbene anche gli Emirati Arabi Uniti siano tra i Paesi che utilizzano la tecnica di inseminazione artificiale, a Dubai, durante questa tempesta, nessuna nuvola è stata manipolata. Ma, come riportano i media internazionali, il fatto che molte persone abbiano puntato il dito contro la tecnica del cloud seeding ha alimentato un senso di frustrazione tra gli esperti. Secondo quest'ultimi, l'evento meteorologico estremo sulla città desertica, infatti, ha ancora una volta dimostrato quanto sia più facile parlare di «manomissioni meteorogiche» piuttosto che accettare che si tratti di fenomeni causati anche e soprattutto dal cambiamento climatico. 

«È importante comprendere le cause plausibili delle precipitazioni estreme e da record di questa settimana su Dubai e su parti della penisola arabica», ha affermato il climatologo Daniel Swain, interpellato dal Guardian. «Il cloud seeding ha avuto un ruolo? Probabilmente no! E il cambiamento climatico, invece? Probabilmente sì!». 

Secondo gli esperti, queste forti precipitazioni sono state esacerbate dagli effetti del cambiamento climatico. A detta di un altro meteorologo del Centro nazionale degli Emirati Arabi Uniti, in questo caso, un sistema di bassa pressione nell'alta atmosfera, abbinato a una bassa pressione in superficie, potrebbe aver agito come una «compressione» dell'aria. Questa compressione, intensificata dal contrasto tra le temperature più calde al suolo e da quelle più fredde in alto, potrebbe aver creato le condizioni ideali per il potente temporale. 

Per chiarire quanto il cambiamento climatico abbia giocato un ruolo importante durante la tempesta, verranno eseguite attente analisi scientifiche, che potrebbero richiedere diversi mesi. Ciononostante, secondo gli esperti, è importante ribadire che le precipitazioni record, la maggior parte delle volte, non sono altro che un campanello d'allarme. Che, ancora una volta, ci ricorda che il clima sta realmente cambiando, e gli eventi estremi saranno sempre più frequenti. 

Correlati