Il caso

Come il cambiamento climatico sta influenzando l'industria dei profumi

Secondo un'indagine di Bloomberg, la siccità che ha colpito l'Europa durante l'estate non ha risparmiato il raccolto di fiori - In condizioni prolungate di assenza di pioggia, potrebbe quindi diventare più complesso ottenere certi odori classici
Federica Serrao
05.11.2022 15:00

Immaginiamo di non poterci più cospargere del nostro profumo preferito. Uno scenario difficile da immaginare, a cui molti penseranno di poter rimediare semplicemente acquistando una nuova boccetta della fragranza tanto amata. In realtà, invece, riuscire a reperire alcuni profumi potrebbe presto diventare ben più complesso. A stravolgere la produzione di certi odori c'è, anche questa volta, il cambiamento climatico. Durante il periodo di estrema siccità che ha caratterizzato gli scorsi mesi, diversi raccolti di fiori in Europa hanno subito un duro colpo, mettendo conseguentemente a rischio anche la produzione di profumi. Ecco cosa sta succedendo. 

La capitale dei profumi minacciata

Grasse, considerata la capitale moderna dei profumi, è una pittoresca cittadina provenzale. Immensi campi di lavanda, rose, tuberosa e gelsomino ne arricchiscono il paesaggio circostante. Come viene spiegato da Bloomberg, è qui che vengono raccolti molti dei fiori utilizzati per marchi di alto calibro, come Chanel e Dior. Nonostante il contributo di Grasse all'industria globale sia minimo, la qualità dei fiori, e in particolare quella del gelsomino, rende la regione fondamentale per la tavolozza di un profumiere di alto livello. Basti pensare, infatti, che proprio il gelsomino viene venduto a un prezzo più alto di quello dell'oro. Tuttavia, questo scenario idilliaco, fatto di fiori e profumi, potrebbe presto cambiare. E, in parte, lo sta già facendo. L'assenza di precipitazioni che ha caratterizzato l'estate 2022 non ha risparmiato nemmeno il raccolto di fiori. Nei mesi estivi, le alte temperature hanno spazzato via intere coltivazioni. «Il raccolto di tuberosa è stato inferiore del 40% rispetto allo scorso anno», confessa a Bloomberg Carole, una donna che coltiva tuberosa, rosa e gelsomino. Anche il sindaco della città è d'accordo. «Gli agricoltori di tutta la regione hanno visto diminuire i raccolti di fiori fino alla metà. Abbiamo avuto una siccità molto impegnativa per un lungo periodo». E non è tutto. Anche i campi di fiori, così come tante altre città europee, sono stati vittime del risparmio idrico. A Grasse, negli scorsi mesi, gli agricoltori potevano infatti irrigare solo di notte e con meno acqua. 

Condizioni stravolte ma anche soluzioni

Senza allarmismi, come anticipato, eventuali difficoltà sul raccolto andrebbero a intaccare anche la produzione dei profumi più conosciuti e più amati, come quelli di Chanel, realizzati proprio con il gelsomino di Grasse. La stessa sorte potrebbe inoltre toccare anche a Dior, in particolare per i profumi J'adore L'Or e Jasmin des Anges, che utilizzano il medesimo fiore, il quale emana un odore che, a detta del mastro profumiere Francis Kurkdjan, «ricorda fortemente i fiori freschi». Qualora eventi estremi come quelli degli ultimi tempi si intensificassero, sarebbe dunque un duro colpo per l'industria dei profumi e per la stessa Grasse. Dopotutto, la cittadina francese è rinomata proprio per la sua ottima pozione, ideale per la produzione di fiori grazie alla qualità del suolo e al microclima delicato. Condizioni che però sono fortemente minacciate e ben presto potrebbero stravolgere le sue abitudini e le sue tradizioni. Gli agricoltori, principali vittime di questi cambiamenti, stanno già correndo ai ripari, facendo affidamento a nuove strategie necessarie per adattarsi. Tra queste, riporta Bloomberg, c'è l'irrigazione a goccia, che altro non è che un tentativo di rispondere alle limitazioni idriche degli ultimi anni. Altri, invece, hanno introdotto nuovi insetti predatori, con l'obiettivo di combattere un ecosistema di parassiti in continua evoluzione. 

Se cambiano gli odori che conosciamo

Ma Grasse non è stata l'unica cittadina a essere vittima di un pessimo raccolto. Il cambiamento climatico sta infatti minacciando il futuro dei profumi, così come lo abbiamo conosciuto fino ad ora, anche ad altre latitudini. Soprattutto per quanto riguarda i profumi naturali. Infatti, da un lato l'industria multimiliardaria è sempre più propensa a investire nelle alternative sintetiche, più semplici da ottenere, controllare e brevettare. Dall'altro, il riscaldamento globale non sembrerebbe lasciare scampo ai profumi naturali. La qualità degli ingredienti, infatti, oltre a essere minacciata dalla siccità, viene anche compromessa da pioggia e grandine sempre più frequenti ad alte temperature. Se la situazione proseguisse su questa scia - avvisa Bloomberg - potrebbe essere necessario ripensare a tutto ciò che riguarda la produzione di certi odori. Questo perché, secondo alcuni studi condotti presso l'Università di Copenhagen, lo stesso cambiamento climatico che distrugge i raccolti potrebbe anche avere un impatto forte e diretto sugli ingredienti, modificando gli aromi e, di conseguenza, anche il profumo che emanano. Non a caso, alcuni scienziati italiani hanno trovato una chiara correlazione tra il calo della produzione di profumo di bergamotto e le forti ondate di calore e siccità. Oltre il 95% di olio essenziale di bergamotto spremuto a freddo proviene infatti dalla Calabria, dove il clima, anno dopo anno, diventa sempre più caldo e secco. 

Ricorrere ai composti sintetici

Dopotutto, però, qualche buona notizia c'è. L'industria dei profumi, infatti, oltre ad avere una storia molto antica, ha iniziato già nel 1800 a studiare tecniche per replicare o produrre nuovi profumi in laboratorio. Potenziando questa strategia, in breve tempo si potrebbero ottenere composti sintetici prodotti in ambienti controllati. Il che, a detta degli esperti, potrebbe offrire alternative più economiche e affidabili per non rinunciare ad alcuni profumi. Tuttavia, anche i composti sintetici non sono esenti dalle sfide ambientali: molti sono sottoprodotti del petrolio o della carta e della cellulosa. Il che significa, in altre parole, che si tratta di composti per lo più tossici, inquinanti e difficili da smaltire. In tal senso, stanno quindi emergendo sempre più innovazioni biologiche, per far fronte al problema, ma si tratta di innovazioni preliminari, che necessiteranno di tempo per svilupparsi appieno. 

«I fiori sono maestri del profumo»

I timori, in parte, sono arrivati anche in Svizzera. La Givaudan, una delle più grandi case produttrici di profumi del mondo con sede principale a Vernier, si è detta preoccupata per il patchouli. Circa l'80% di questa pianta proviene infatti dall'isola tropicale di Sulawesi, in Indonesia, che negli ultimi anni è stata colpita da eventi estremi. «Con i periodi di siccità e umidità irregolari del 2020 e del 2021, il tasso di sopravvivenza della pianta e la resa della distillazione sono diminuiti», spiega Chee Ping Lee, responsabile dell'approvvigionamento di Givaudan per l'Asia-Pacifico. La casa produttrice, insieme a Firmenich, ha anche affermato di star sperimentando le cosiddette fattorie verticali, ossia ambienti artificiali controllati, che sono in grado di sostenere alcune varietà di aromi, o di produrne di nuovi. Ciononostante, i tradizionalisti dei profumi sono scettici e sostengono che gli esperimenti di laboratorio non saranno mai all'altezza del mondo naturale. «I fiori sono i maestri del profumo: il gelsomino o la rosa hanno una piccola fabbrica chimica che li miscela esattamente nel modo giusto», afferma la ricercatrice Pearlstine a Bloomberg. «L'uomo non può farlo: un sostituto della pianta non avrà mai lo stesso profumo».