Siccità

Verso la «toscanizzazione» del paesaggio svizzero

Secondo gli esperti, il ripetersi di estati prive di precipitazioni potrebbe modificare i colori della Confederazione – Ne abbiamo parlato con Marco Gaia di MeteoSvizzera e Marco Conedera di WSL
Federica Serrao
27.08.2022 15:32

«Le è capitato di passare dalla dogana di Chiasso ultimamente?», domanda Marco Conedera, ricercatore forestale di WSL (Eidgenössische Forschungsanstalt für Wald, Schnee und Landschaft), quando gli viene chiesto di parlare del tema della «toscanizzazione» del paesaggio svizzero. «Ha visto i boschi? Ha notato di che colore sono?», aggiunge. Andando con ordine, alcune settimane fa, la Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio ha divulgato uno studio secondo il quale, da quanto osservato da immagini satellitari, la parte centrale dell'Altopiano svizzero, in futuro, potrebbe assomigliare per colori e aspetto alla Toscana. Incuriositi dal fenomeno, abbiamo deciso di approfondire quanto sta accadendo alla vegetazione del nostro Paese, ponendo l'attenzione sul Ticino e sui suoi cambiamenti. Ad aiutarci a capirne di più, oltre a Marco Conedera, anche Marco Gaia di MeteoSvizzera, che ci ha svelato alcuni meccanismi alla base di questo fenomeno causato dai cambiamenti climatici. 

Come un minestrone che ribolle

Tutto comincia a causa del riscaldamento globale. «A seguito dell'emissione dei gas a effetto serra, dovuti alle attività umane, viviamo da ormai quasi cinquant'anni il fenomeno del riscaldamento globale indotto dall'uomo», esordisce Marco Gaia. Per comprendere in maniera più pratica quello che sta accadendo, ci fornisce subito un esempio curioso. «Immaginiamo di prendere la pentola del minestrone e anziché farla cuocere con il fornello regolato sul 2, la facciamo cuocere sul 4. Il minestrone al suo interno comincia a ribollire: il movimento dei pezzi di carota e sedano all'interno cambia quindi completamente». Uscendo dalla metafora, la nostra atmosfera sta vivendo una situazione molto simile. «Se cambiamo la temperatura dell'atmosfera, andiamo a inserire nell’atmosfera molta più in energia. Questo ha un impatto su tutta una serie di altri fenomeni presenti nella macchina climatica terrestre». E qual è il risultato? «Oltre all’aumento delle temperature con correlato aumento delle ondate di caldo, anche il regime delle precipitazioni subisce delle conseguenze. Si modificano sia la frequenza sia le intensità delle precipitazioni». Quelli ipotizzati per la Svizzera, in parte, si iniziano già a vedere. «Gli scenari che abbiamo calcolato indicano per il futuro estati vieppiù calde e secche, con precipitazioni concentrate in brevi periodi». E per questa ragione, tutta la serie di specie vegetali che popolano il nostro Paese inizia a trovarsi in difficoltà. 

Già a giugno, sulle nostre montagne si vedevano i paesaggi tipici di agosto e settembre di vent'anni fa, ossia molto grigi. Questa non è la norma
Marco Gaia, MeteoSvizzera

Colori «sbagliati»

Sebbene il discorso del cambiamento climatico non sia una novità, l’estate 2022 ha sorpreso comunque gli esperti. «Quest'anno stiamo vivendo una siccità ormai unica nel suo genere, in particolare anche per la combinazione con le alte temperature. E la vegetazione, chiaramente, ne ha risentito. A metà luglio ero in zona lago di Como e ho notato come certi boschi stavano già iniziando a dipingersi di colori autunnali. Questo perché la vegetazione, a un certo punto, per difendersi dalla siccità inizia a ingiallire le foglie, che poi perderà». Spostandoci in montagna, la situazione non migliora. «Sulle cime iniziamo a perdere il caratteristico bianco di neve e ghiaccio, che quest'anno non c'è più». In particolare, osservando le Alpi ticinesi, i cambiamenti sono piuttosto evidenti. «Già a giugno, sulle nostre montagne si vedevano i paesaggi tipici di agosto e settembre di vent'anni fa, ossia molto grigi. Questa non è la norma: a giugno, solitamente, si dovrebbe vedere ancora molta colorazione bianca sulle nostre Alpi, dovuta alla presenza di neve e ai ghiacciai». Neve che, però, questo inverno è stata praticamente assente e di conseguenza, già a inizio estate le rocce apparivano prive di chiazze bianche. «I ghiacciai ci sono ancora, ma diventano sempre più piccoli. A mano a mano che spariranno, si intensificherà la colorazione grigia del paesaggio alpino». 

Sopravvivere senz'acqua

Capiti i concetti alla base di questi fenomeni, facciamo un passo indietro e torniamo a parlare di «toscanizzazione». Ma anche, come ci spiega Marco Conedera, di «mediterraneizzazione». «Cos'ha il Mediterraneo di diverso da noi? Lo capiamo quando andiamo in vacanza in estate. Nel Mediterraneo la probabilità di avere giornate estive piovose è molto bassa. Questo perché, plasticamente, in questa stagione quelle zone hanno giornate molto calde e asciutte», commenta l'esperto di WSL. «Di conseguenza, la vegetazione e soprattutto le erbe - essendo caldo - approfittano delle altri stagioni come autunno e primavera, per svilupparsi e crescere». Prima che in estate, poi, ingiallisca tutto. «È a causa di questo fenomeno che osserviamo dei colori, nel Mediterraneo, tendenzialmente non sulle tonalità del verde. Lì è presente anche la macchia mediterranea, che è una forma di vegetazione che si è adattata a sopportare le temperature calde tipiche dell'estate, senza acqua». La domanda, però, sorge spontanea: come fa la vegetazione a sopportare una situazione di questo tipo? «Le specie vegetali tipiche di quella zona hanno delle foglie che traspirano poca acqua», ci spiega Marco Conedera. «La macchia mediterranea riesce a sopravvivere senza dover attingere a grosse risorse d'acqua, anche quando fa molto caldo». Ma se questa è la norma in altri Paesi sud-europei, non lo è sicuramente in Svizzera. Almeno per ora.

Abbiamo certe specie, come la betulla o la roverella, che quando l'estate è un po' più secca, perdono le foglie prima. È una tattica per non sudare, in un certo senso!
Marco Conedera, WSL

Tattiche «per non sudare»

Come dicevamo, nel nostro Paese sono pochissime le specie vegetali che sanno resistere, verdi, a delle estati secche, prolungate e con temperature alte. «Abbiamo certe specie, come la betulla o la roverella, che quando l'estate è un po' più secca, perdono le foglie prima. È una tattica per non sudare, in un certo senso!», semplifica Marco Conedera. «Dobbiamo immaginare che le foglie sono come una fabbrica chimica di zucchero, che è il prodotto della fotosintesi. E la fotosintesi prende l'acqua dal suolo e la CO2 dall'aria e grazie all’energia del sole combina il tutto, trasformandolo in zuccheri che servono alla pianta per crescere, buttando fuori ossigeno». Se manca l'acqua, chiaramente, il processo però non può avere luogo. «In assenza di acqua, la foglia non produce zuccheri, ma anzi continua a consumare energia perché deve comunque respirare e traspirare. Insomma: se manca un ingrediente, che sia l'acqua o l'energia solare, la foglia non rende più. E la pianta, di conseguenza, "la butta via"». Niente di insolito, se pensiamo che questo ciclo è lo stesso a cui assistiamo in autunno, quando le giornate si accorciano e la temperatura diventa più pungente. «In quella stagione, la pianta ritira tutto ciò che è utile, come per esempio la clorofilla. Le foglie, quindi, da verdi diventano gialle, e dopo un po' la pianta butta via quello che resta della fabbrica, che è la foglia inerte, ingiallita». In questo caso, però, il blocco della fotosintesi avviene in estate. Con largo anticipo. «Se ciò dovesse accadere durante la stagione estiva, come nel nostro caso a causa della mancanza di acqua, per la pianta non è conveniente proseguire a lungo col suo ciclo. Sarebbe una fabbrica in perdita, un errore in termini biologici, perché continuerebbe a funzionare in perdita a causa degli elementi mancanti». Come una fabbrica d'acciaio senza le materie prime, per fare un esempio diverso.

Di solito in estate, anche se fa caldo, abbiamo il privilegio di avere questo verde lussureggiante tipico delle regioni subtropicali, o di quelle temperate, dove esiste una regolare alternanza tra vegetazione estiva e risposo invernale
Marco Conedera, WSL

Fermarsi prima

E allora, a questo punto, cosa succede? «Quando manca la materia prima si sospende il processo e si buttano via le foglie in anticipo. Certe nostre specie, in particolare, crescono in ambienti molto esposti, quindi le betulle, che sono le piante pioniere che stanno sempre al sole, o le roverelle che crescono sulle rocce esposte ai raggi solari, dove il clima è molto più secco, hanno la possibilità di buttar via le foglie senza particolari problemi». Quell'anno, semplicemente, la loro produzione si ferma prima, per poi ripartire con l'inizio del nuovo ciclo. Tuttavia, la maggior parte delle nostre specie vegetali non è abituata a queste situazioni estreme, perché - tendenzialmente - cresce in ambienti con una buona disponibilità idrica. «Di solito in estate, anche se fa caldo, abbiamo il privilegio di avere questo verde lussureggiante tipico delle regioni subtropicali, o di quelle temperate, dove esiste una regolare alternanza tra vegetazione estiva e risposo invernale. Allorché sia le piante caducifoglie che le sempreverdi sospendono le loro attività». Discorso che cambia, se oltre alle temperature alte ci si aggiunge anche l'assenza di precipitazioni. 

Come se fosse autunno, ma in estate

Osservando le fotografie scattate da Marco Conedera, la differenza di colori delle foglie del bosco salta subito all'occhio. «Le piante ingialliscono perché non sono in grado di gestire questa situazione. Dunque, avvizziscono, trovandosi con le foglie che, di colpo, diventano secche». Ancora più marcata è la differenza tra una situazione di conca e quella di roccia esposta. «Nel primo caso, le foglie sono ancora verdi perché nelle situazione di conca – i cosiddetti impluvi - c'è ancora un po' d'acqua. Sulla roccia dove picchia il sole invece è il contrario». Tendenzialmente, durante gli anni normali, le piante sono solite trovare acqua e «arrangiarsi». Ma non quest'anno. «Quest'anno le piante non hanno trovato acqua. Le specie arboree che crescono qui da noi hanno sempre vissuto con sufficiente acqua. Quest'anno, non avendone, le foglie sono seccate». Ma c'è di più. Diverse piante marroncine che vediamo nelle foto scattate a Chiasso da Marco Conedera, l'anno prossimo potrebbero non più germogliare. «Tutto dipenderà dal loro comportamento nei prossimi mesi. Dovranno riuscire a buttar via quelle foglie, separandosene come se fosse autunno e quindi a riposare come se fosse inverno già a settembre e a ottobre, ma al tempo stesso dovranno disporre di gemme ancora vitali per dare inizio a una nuova vegetazione l'anno prossimo. Anche i rami giocano una parte importante: se seccano è un problema, perché è lì che sono presenti le gemme per il prossimo anno». Una partita che sta giocando in questo periodo. Ci saranno alberi che moriranno nella parte superiore, ma ricacceranno le radici. «Se seccassero tronco e radici, però, anche le specie con forte capacità di rigettare dal ceppo sarebbero in grosse difficoltà. Abbiamo vissuto una situazione simile con il castagno nel 2003, quando la siccità fu particolarmente dura nel Sopraceneri e molti alberi morirono in quell’occasione o nelle estati successive a causa del forte indebolimento subito». 

Una pianta che vive tranquillamente in una certa posizione potrebbe essere una pianta che, a distanza di dieci metri, non sopravvive. Per gli animali il discorso cambia
Marco Conedera, WSL

E la fauna?

Se la vegetazione cambia, si modifica anche la fauna? In realtà, come ci svela Marco Conedera, per gli animali la situazione è molto è meno grave, dal momento che si spostano con molta più facilità. «Una pianta che vive tranquillamente in una certa posizione potrebbe essere una pianta che, a distanza di dieci metri, non sopravvive. Per gli animali il discorso cambia. Sappiamo che alcuni insetti e invertebrati, tra cui i ragni, hanno bisogno di più umidità. Se dovessero mancare le condizioni necessarie si sposterebbero senza problemi, anche se questo può comportare un notevole impatto a livello di comunità di specie presenti e di biodiversità». Lo stesso discorso vale anche per i grossi mammiferi che hanno una grande mobilità. Chi potrebbe risentirne di più sono le specie ittiche come le trote che per sopravvivere hanno bisogno di acqua fresca». 

Molto dipenderà da cosa accadrà nelle estati successive. Quella che abbiamo toccato quest'anno è un esempio di quella che potrebbe essere la tendenza. Il paesaggio svizzero e ticinese cambierà in base alla frequenza con cui si ripeteranno queste estati estreme
Marco Conedera, WSL

Il Ticino del futuro

Cosa ci aspetta quindi in futuro? «A poco a poco verrà eliminata la vegetazione che non riesce a sopravvivere. Rispondere a questa domanda è però una grossa sfida per noi forestali. Potrebbero esserci già delle specie sostitutive che riusciranno a prendere il posto delle attuali piante, ma la realtà è attualmente sono soprattutto alcune neofite invasive come l'ailanto che prendono il sopravvento grazie alla loro resistenza al clima secco». In assenza di specie in grado di sopravvivere, si potrebbero dunque ripopolare l'ambiente con alberi che crescono nel Mediterraneo. «È un ragionamento che iniziamo già a fare, insieme a delle sperimentazioni per capire quali specie in futuro potranno sostituire quelle che attualmente cominciano a soffrire per il cambiamento climatico». Ma tutto dipende da cosa accadrà nel lungo periodo. «Molto dipenderà da cosa accadrà nelle estati successive. Quella che abbiamo toccato quest'anno è un esempio di quella che potrebbe essere la tendenza. Il paesaggio svizzero e ticinese cambierà in base alla frequenza con cui si ripeteranno queste estati estreme». A tal proposito, anche Marco Gaia è d'accordo. «Bisogna distinguere dai cambiamenti momentanei, che riguardano il singolo anno, dai cambiamenti pluriennali. Nel caso specifico dell'estate 2022 già a metà agosto abbiamo iniziato ad osservare alcuni boschi assumere tonalità sul giallino, ma l'anno prossimo la situazione potrebbe essere differente. Se l'estate 2023 fosse caratterizzata da sufficienti precipitazioni e i boschi si comportassero come sono soliti fare tipicamente in questa stagione, assisteremmo ad un’estate diversa dall’attuale. È importante analizzare le variazioni sul lungo periodo, non sul singolo anno. L'estate che stiamo vivendo si può dire eccezionale per assenza di precipitazioni e temperature, ma fra 50 anni potrebbe essere l'estate tipica di quel periodo. A quel punto allora sì che ogni anno si potrebbero vedere queste manifestazioni colorate e cromatiche che vediamo quest'anno». Tempo al tempo, in un certo senso, per capire come cambierà l'aspetto del nostro territorio. Quello che è certo, è che i cambiamenti climatici sono già in atto anche in Ticino, molto più di quanto si possa immaginare.