Arte

A Paradiso il silenzio che resta: due artiste, una stanza per ricordare

Due sguardi femminili sulla memoria e sull’assenza: Anastasia Khoroshilova e Veronica Barbato trasformano lo spazio di Artphilein in un dialogo tra ferite collettive e dolori privati
Mattia Sacchi
08.10.2025 16:56

C’è un luogo, a Paradiso, dove le immagini parlano di ciò che non si dice.

Da sabato 11 ottobre, negli spazi di Artphilein in via San Salvatore 2, due mostre si incontrano e si rispondono come due voci dello stesso respiro: Old News di Anastasia Khoroshilova e Prisons: the confined separation di Veronica Barbato.

Due donne, due sguardi, un’unica stanza abitata dalla memoria – quella collettiva e quella più intima, che nasce dal dolore e dall’amore.

Due ferite che si specchiano

Nata a Mosca nel 1978, Khoroshilova porta a Paradiso tre progetti che intrecciano geografie e coscienze. Bezhin Meadow racconta la campagna russa nel dopo ’89, sospesa tra fede e nuove economie; Starie Novosti (Vecchie notizie) dà volto alle madri di Beslan, sopravvissute alla strage del 2004 e oggi dimenticate dai media; Where you have not been. Notes and Afterthoughts attraversa i confini di Cipro, ancora segnati dal conflitto del 1974.

Le sue fotografie sono cronache di silenzi, dove il tempo sembra trattenere il respiro. Parlano di memorie che resistono, ma anche della fragilità con cui l’Europa archivia i propri lutti.

Accanto a lei, Veronica Barbato – artista campana ma luganese d'adozione – riporta al centro dell’immagine le pene invisibili di chi resta fuori dal carcere. Fine Pena Mai racconta i familiari dei detenuti: madri, padri, figli e compagni che scontano ogni giorno una condanna non scritta, fatta di stigma, distanza e amore ostinato.

Le sue fotografie – spesso accompagnate da testi poetici – hanno la dolcezza amara dei giorni sospesi, quella che si riconosce solo in chi continua ad aspettare.

Dalla sorella al mondo

Barbato non è nuova a toccare corde profonde. Tre anni fa, sempre a Lugano, aveva commosso il pubblico con Tua sorella, il progetto nato come atto d’amore verso Mary, la sorella maggiore morta di overdose a 23 anni. In quell’opera, l’artista aveva «fatto viaggiare» la sorella attraverso l’arte e la fotografia, trasformandola in un simbolo universale di resilienza e affetto che continua ancora oggi a vivere nelle strade e nei muri del mondo.

Con Fine Pena Mai, quell’urgenza di restituire dignità al dolore si fa corale: la biografia diventa testimonianza collettiva, la ferita personale si apre agli altri, fino a includere ogni forma di assenza.

La memoria come responsabilità

Khoroshilova e Barbato lavorano su fronti diversi – la prima nel paesaggio post-sovietico e nella tragedia storica, la seconda nell’intimità domestica – ma entrambe condividono la stessa tensione etica: ridare voce a chi è stato messo a tacere.

Le loro immagini non cercano la bellezza, ma la verità fragile delle cose: la luce che filtra nei vuoti, il volto che resiste, il gesto che salva.

Insieme, trasformano lo spazio di Artphilein in un punto di incontro tra storia e compassione, tra la memoria dei popoli e quella degli affetti.

Un luogo dove si entra in punta di piedi, per ascoltare il silenzio che resta dopo il rumore delle notizie.

Le mostre di Anastasia Khoroshilova e di Veronica Barbato aprono sabato 11 ottobre alle ore 11:00 presso Artphilein, via San Salvatore 2 a Paradiso. Ingresso libero. 

In questo articolo: