Big Bang d’artista: Maquignaz porta lo spazio-tempo a Lugano (con un colpo di fucile)
Nel giorno dell’elezione di un nuovo Papa, l’8 maggio scorso, si è aperta a Lugano una mostra che parla – a suo modo – di nascita e spiritualità. È «Big Bang», personale di Gabriele Maquignaz presso la Imago Art Gallery (via Nassa 46), visitabile fino al 21 giugno. Un titolo che è tutto un programma: perché l’artista, definito da Philippe Daverio «il Padre dello Spazio-Tempo nell’arte», parte da lì – dall’inizio del Tutto – per rimettere in discussione forma, gesto e materia. E lo fa con un linguaggio radicale: un colpo di fucile.
Nato ad Aosta nel 1972 e cresciuto «alle pendici della Piramide di Dio», il Cervino, Maquignaz arriva a Lugano dopo un anno di riconoscimenti importanti: dalla 60. Biennale Arte di Venezia a una monografica ad Aosta, fino all’ampia antologica al Museo MIIT di Torino. «Big Bang» si inserisce in questa scia, confermando la collaborazione con Imago e consolidando una ricerca che – tra spiritualità, tecnica e detonazione – ha pochi paragoni nel panorama contemporaneo. Per certi versi, un’evoluzione del gesto fontaniano in chiave 2.0.

«L’idea era chiara nella mia mente – racconta l’artista –. Vedevo già l’opera finita, un’esplosione cromatica che desse forma alla nascita dello spazio e del tempo. Ma come rappresentarla? Dopo anni di studio, ho capito che mi serviva uno strumento capace di imprimere una velocità estrema sulla tela. Così ho scelto un’arma da fuoco». Una decisione destinata a far discutere, ma che nel suo contesto si carica di significato simbolico. «Non si tratta di glorificare l’arma – precisa – ma di sottrarle la sua funzione distruttiva e farne, al contrario, un mezzo di creazione. In un momento storico segnato da guerre e divisioni, è un gesto di pace».
Le opere esposte sono il frutto di anni di prove, sperimentazioni, errori. «All’inizio sparavo sulla tela bianca da diverse distanze. Volevo generare un’esplosione di colore controllata, ma ogni dettaglio contava: l’inclinazione della canna, la carica della cartuccia, la densità della pittura, la scelta del supporto». Anche i materiali sono fondamentali: «Uso spesso la juta perché trattiene meglio lo scatto cromatico. Ma a Lugano ho anche portato tele d’alluminio: lì, dove il piombo colpisce, si crea una curvatura, un cono che sembra spingere oltre la superficie. Verso l’aldilà della materia».

Maquignaz, che nel tempo ha sviluppato un alfabeto espressivo personale – il cosiddetto «Codice Maquignaz» –, insiste su un punto: «Ogni mia opera è un tempo a sé. È come se, attraverso il gesto, tornassi a un preciso istante dopo l’esplosione primordiale: un secondo, mezzo secondo, cinque secondi dopo. Ogni tela è l’universo in quel momento». I colori non sono mai scelti a caso: dal blu oltremare ai grigi cosmici, tutto concorre a evocare «una luce che si abbassa, un momento di silenzio dopo la deflagrazione».
C’è, in tutto questo, una riflessione che va oltre l’arte visiva: «Mi interrogo spesso sul legame tra materia e spirito. Non sono uno scienziato, ma l’idea che ogni elemento – anche il colore colpito dalla velocità – possa assumere una forma «guidata» mi affascina. È come se esistesse una connessione invisibile tra me, la tela, il pigmento. Persino nella casualità, sento che esiste un’architettura superiore».
Una visione che non si accontenta dell’estetica. «Non voglio solo stupire – spiega –. L’opera deve lasciare qualcosa. Una sensazione di pace, una rinascita possibile. Come se, osservando quel Big Bang, ognuno potesse riconoscersi. Perché se lì c’è l’universo, allora anche noi ne facciamo parte». L’osservatore, in fondo, non è spettatore, ma elemento dell’opera. Uno spazio-tempo condiviso, in cui si entra e da cui si esce diversi.

Alla Imago Art Gallery, questo messaggio ha trovato terreno fertile. Maquignaz ne parla con soddisfazione: «Grande professionalità, un allestimento curato, un pubblico attento. Molti collezionisti mi hanno cercato per capire il concetto dietro l’opera. È raro e prezioso». Ma più in generale, è l’intero contesto luganese a sorprendere positivamente l’artista: «A Lugano ho trovato una scena viva, ricettiva, in dialogo con il contemporaneo. C’è una qualità di pubblico che altrove non è scontata: curioso, sensibile, disposto ad ascoltare anche un linguaggio non convenzionale come il mio. È una piazza che può diventare sempre più centrale nei circuiti dell’arte, se continua a dare spazio a visioni forti, libere, indipendenti».
E nel suo caso, quella visione resta legata a un’idea di arte come creazione radicale: «Ogni opera è un tempo nuovo, un inizio. E in un’epoca che vive di fine e di crisi, credo che serva più che mai ricordare che l’universo, dentro e fuori di noi, continua a nascere».
INFO MOSTRA
Gabriele Maquignaz – Big Bang
Fino al 21 giugno 2025
Imago Art Gallery,
via Nassa 46, Lugano
www.imagoartgallery.com