In concorso

Oltre la Storia, la «fiaba» nera del potere

«Skazka» è una riflessione sul passato che non passa e sulle sfrenate ambizioni che sempre caratterizzano l’uomo
«Skazka» è una coproduzione russo-belga.
Nicola Falcinella
08.08.2022 06:00

Aleksandr Sokurov è uno dei pochi cineasti che sa ancora guardare e volare alto nel cinema contemporaneo.

Lo conferma il film Skazka (Fairytale), la sua nuova opera che arriva a sette anni di distanza da Francofonia. Come quello, il lungometraggio in concorso a Locarno e proiettato ieri pomeriggio al Fevi è una riflessione sull’Europa partendo da un passato che non se ne va.

Una tempesta di rossi e gialli che squarciano le nubi, tra le poche immagini a colori di un’opera in bianco e nero, sveglia Stalin nella sua bara, che a sua volta desta Gesù Cristo poco distante.

Siamo in una sorta di Purgatorio dove stanno anche Hitler, un doppio Churchill e pure Napoleone, tirato in ballo dagli altri, in un’attesa che sembra non finire mai. Così come sembra non finire mai quel vecchio mondo di guerre, di ambizioni sfrenate che ha insanguinato il Vecchio continente.

I dittatori non si sono pentiti, riconoscono le loro azioni e continuano a giustificarle: del resto, stanno lì impuniti. Aleksandr Sokurov aggiunge scene con attori e ambientazioni ricostruite a immagini documentarie e rimescola il tutto creando un universo zeppo di rimandi e affascinante. Dietro i muri dei vecchi edifici, le pareti dei mausolei o i blocchi di roccia delle cave, continuano a ricomparire e a parlare gli spettri, come se il Novecento non finisse mai e, soprattutto, non avesse termine il periodo terribile degli anni Trenta e Quaranta, quasi fosse un’eredità di cui non ci si può liberare.

Ciascuno parla nella propria lingua e tutti si comprendono, in una Babele al contrario. Come dice il titolo, si tratta di una «fiaba»; ma una fiaba nera, un mondo astratto e onirico che va oltre la storia, oltre qualsiasi riduzione didascalica.

Se Gesù Cristo è incaricato dal Padre di aspettare con gli altri, i protagonisti (soprattutto in negativo) della storia europea degli ultimi secoli sono mai morti o forse morti viventi, ancora a condizionare il presente.

Il potere è un’ossessione e una malattia e magari assicura l’eternità: Sokurov torna a esplorarlo dopo la trilogia (Moloch, Taurus, Il Sole) e Faust con un film denso, complesso e potente che riassume i suoi temi e la sua voglia di sperimentare.

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