L’intervista

«Qui a Locarno c’è la normalità, nel mio Paese l’orrore della guerra»

Christina Tynkevych è l’unica regista proveniente dall’Ucraina presente a questa edizione della rassegna cinematografica, l'abbiamo incontrata
Mattia Sacchi
06.08.2022 06:00

Se è vero che il compito della cultura è (anche) affrontare i temi principali della nostra società, era inevitabile che pure gli occhi del Pardo fossero rivolti a Est, verso la difficile situazione in Ucraina.

Una sensibilità ribadita più volte sia dal presidente Marco Solari - sin dalla cerimonia di inaugurazione - sia dai vari protagonisti della 75.esima edizione del Locarno Film Festival. Era grande, quindi, l’attesa per la prima proiezione al Kursaal, riservata agli addetti ai lavori, di How is Katia?, film diretto dalla regista ucraina Christina Tynkevych.

Pellicola che, unico spoiler di giornata, ha raccolto grandi applausi all’interno della sala locarnese. La domanda che nasce spontanea, parafrasando il titolo della pellicola, è allora: “How is Christina?”, come sta Christina?.

«Ovviamente bene qui a Locarno, dove l’atmosfera che si vive è ben diversa da quella che si respira a Kyev - dice la cineasta al Corriere del Ticino -. Dentro di me sono consapevole che è questa la normalità, e sono felice che non viviate l’orrore a cui noi assistiamo quotidianamente. Un normalità che proverò a godermi il più possibile, anche se tornerò comunque a casa per raggiungere il mio compagno che, in quanto uomo, non ha potuto lasciare il Paese».

Una metafora non voluta

Il film di Christina Tynkevych, in programma oggi alle 18 nella sala 1 del Palacinema, racconta di una giovane madre single che affronta molti sacrifici per offrire un futuro migliore a sua figlia. Ma quando tutto sembra volgere al meglio, un evento inaspettato sconvolgerà le loro vite, mettendo la protagonista - Anna - di fronte a un terribile dilemma morale.

È difficile non leggere in questa breve sintesi la metafora di quanto sta succedendo in Ucraina. «In realtà, non è mai stata la mia intenzione - assicura la regista - Il film è lo sviluppo di una storia che avevo già scritto 5 anni fa e per la quale avevo già realizzato il cortometraggio Solatium, corto che peraltro ha come protagonista la stessa attrice, Anastasia Karpenko».

How is Katia? vuole «piuttosto vuole far riflettere sui drammi umani - prosegue Tynkevych - e su quanto sia facile trovare risposte e soluzioni dall’esterno, quando certi problemi non si vivono in prima persona. Viviamo costantemente nella certezza di ciò che siamo, ma è quando la vita ci sbatte in faccia le sue sfide che emerge la nostra vera essenza e il nostro istinto animale. Qualcosa che ci fa dimenticare tutti gli insegnamenti e le basi culturali che abbiamo creato negli anni. E quanto sta succedendo in questo momento nel mio Paese ne è la dimostrazione».

Christina Tynkevych fa parte di quella generazione di ucraini cresciuti subito dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Giovani che hanno dovuto affrontare, sin dalla propria infanzia, temi identitari. Gli stessi che, non a caso, emergono in modo importante nelle sue opere.

«Siamo nati con la politica e con i cambiamenti del nostro Paese, da una parte segnato dal periodo post-sovietico, dall’altra parte in cerca di una sua identità ben precisa, come popolo e come nazione. Abbiamo quindi dovuto chiederci chi siamo e capire il mondo intorno a noi: come ho provato a raccontare in Generation ’91, a volte è stato complicato, ma ci ha permesso di comprendere che non siamo soltanto individui, ma anche parte di qualcosa di più grande. E questo è estremamente affascinante: proprio la nostra responsabilità nei confronti del mondo che ci circonda è stato un tema che ho affrontato in Kraina, la storia di una ragazza che, durante la rivoluzione Ucraina del 2013-14, cambia la percezione del suo ruolo nella società».

La guerra è, e sarà, un enorme problema per la cultura nazionale: tutti i finanziamenti sono stati dirottati per le spese militari e già sappiamo che, se e quando il conflitto finirà, non ci saranno soldi per l’industria cinematografica del Paese
Christina Tynkevych

Nonostante le recensioni positive a Locarno, How is Katia? potrebbe essere l’ultima produzione di un certo prestigio proveniente dall’Ucraina, almeno per un po’ di tempo.

«Stavamo vivendo un periodo di grande fermento, la guerra è, e sarà, un enorme problema per la cultura nazionale: tutti i finanziamenti sono stati dirottati per le spese militari e già sappiamo che, se e quando il conflitto finirà, non ci saranno soldi per l’industria cinematografica del Paese. Ci sono alcuni film che stanno completando le post-produzioni, ma al momento è difficile pensare a nuove produzioni: la speranza è che altri Paesi europei possano contribuire nei nostri progetti».

Spetterà quindi al mondo provare a salvare l’Ucraina e il suo cinema. E questo nonostante, come sosteneva Umberto Eco, «la bellezza e la cultura non salveranno affatto il mondo». Forse «il grande scrittore e semiologo italiano non aveva tutti i torti - commenta rammaricata Christina Tynkevych - La Russia ha un retaggio umanistico incredibile, eppure il suo governo ha scelto di aggredire un altro Paese. Sono tuttavia convinta che perseguire la strada della bellezza e dell’introspezione umana possa aiutare le persone a trovare le necessarie risposte ai propri dilemmi e a capire l’importanza della pace: ed è proprio per questo che dobbiamo continuare a proporre la nostra arte, in tutte le sue forme».

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