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«Usare i social è una sfida di linguaggio»

Cinque giovani artisti hanno colto la challenge lanciata dal BaseCamp del Locarno Film Festival – Tra loro il ticinese Enea Zucchetti, classe 1996, che ha realizzato un cortometraggio
Jenny Covelli
Jenny CovellieSara Fantoni
12.08.2022 21:00

E se l'empatia fosse più preziosa dell'amore? È questa la domanda-sfida che è stata sottoposta a cinque giovani artisti invitati a partecipare a uno dei progetti del BaseCamp, laboratorio per registi, performer, cinefili e artisti di ogni genere, porta d’accesso al Locarno Film Festival. Una realtà che quest’anno è giunta alla sua terza edizione e che ha voluto, in collaborazione con Play Suisse, accogliere l’invito di portare l’arte sui social. Perché - lo ha dichiarato negli scorsi giorni Kevin B. Lee, titolare della cattedra sul futuro del cinema all’USI - il modo in cui ci approcciamo ai social determinerà il modo in cui affronteremo la società. Cinque personalità svizzere, quindi - Tara Ulmann, Julie Sando, Coline Confort, Enea Zucchetti e Linn Spitz -, cinque modi di intepretazione, un post al giorno su Instagram, dieci puntate sull’arco di tutto il Festival. E, appunto, un quesito iniziale - What if empathy was more valuable than love? -, omaggio all’artista e co-fondatore della Kunsthalle di Lucerna Stefan Banz, scomparso lo scorso anno. «Gli artisti selezionati hanno dimostrato sin da subito una spiccata sensibilità ai temi dell’empatia e dell’amore – spiega Justine Knuchel, curatrice delle opere d’arte al BaseCamp -. È come se avessero già interiorizzato la domanda iniziale. Destino? Non lo so, ma è stato essenziale per lo sviluppo del tema in modo originale».

Creare un equilibrio tra fisico e digitale è stato il fil rouge del progetto. Un compito che i cinque artisti hanno sviluppato in maniera differente, sulla base di sensibilità ed esperienze personali. «Ognuno con il suo linguaggio e approccio, riescono a farsi eco a vicenda. Anche esteticamente il feed risulta equilibrato». Tara Ulmann affronta i suoi demoni, scegliendo di raccontare l’esperienza del burn out. Linn Spitz traduce il suo videogioco in video. Per Julie Sando amore ed empatia sono concetti in continua mutazione. Coline Confort si concentra sull’amore e, dopo tre anni, risponde ai videomessaggi di un ragazzo giapponese. Ed Enea Zucchetti, che si è lasciato ispirare dal grande interesse per l’architettura e l’urbanistica.

© Locarno Film Festival / Ti-Press / Massimo Pedrazzini
© Locarno Film Festival / Ti-Press / Massimo Pedrazzini

«È il più regista fra tutti», dice di lui Justine Knuchel. Ticinese, classe 1996, il giovane filmmaker vive a Massagno e i suoi lavori oscillano tra fiction, documentario e sperimentazione. Non è nuovo a Locarno: il suo primo cortometraggio L’azzurro del cielo ha partecipato alla competizione nazionale dei Pardi di domani nella 72. edizione del Festival. «Ho colto la domanda di Stefan Banz un po’ come una provocazione – ammette Enea Zucchetti -. E sono giunto alla conclusione che l’empatia sia fondamentale in un’epoca prevalentemente individualista». L’aspetto su cui ha deciso di puntare nel suo lavoro è l’ascolto: «In ogni momento siamo distratti da suoni, notifiche, messaggi. Ascoltare non è affatto scontato». Ma ha scelto di uscire dalle relazioni umane: «C’è il titolo di un libro di Alberto Savinio che è diventato uno statement nei miei progetti, ma anche nei miei viaggi: Ascolto il tuo cuore, città. In questo lavoro ho deciso di omaggiare la città, adottando un atteggiamento empatico nei confronti delle “cose” che la compongono, anche in quanto “contenitore” di persone e di storie».

Il titolo di un libro di Alberto Savinio è diventato uno statement nei miei progetti, ma anche nei miei viaggi: Ascolto il tuo cuore, città

Forse la città sta cercando di comunicarci qualcosa... e io ascolto, con gli occhi è la linea guida dei nove episodi di Enea Zucchetti pubblicati sulla pagina Instagram @festival_basecamp. Il decimo post equivarrà al cortometraggio completo. «Utilizzare il social network per me è una sfida di linguaggio. So che la fruizione è passiva, distratta, più superficiale. Ho pensato ai singoli episodi all’interno di una narrazione, ma li ho concepiti affinché siano efficaci singolarmente, abbiano vita propria».

Mentre Enea scopre un nuovo mezzo con cui comunicare la sua arte e incontra a Locarno altri filmmaker conosciuti nel corso di kermesse e workshop – uno su tutti Filmando un planeta extraño con il regista Werner Herzog -, il suo cortometraggio Piazzale d'Italia (2021), presentato alla 25. Edizione dell’Internationale Winterthur Kurzfilmtage, partecipa al Festival Vicoli Corti. E con la testa è già al prossimo progetto. «In questo momento della mia vita cerco di affrontare le cose importanti con la giusta leggerezza e senza prendermi troppo sul serio, a tranne nel modo in cui gestisco i miei lavori. Il progetto per il BaseCamp mi ha divertito e, considerato che avevo due sole settimane di tempo per realizzarlo, ho imparato che posso riflettere su una cosa all’infinito, ma finché non mi butto non progredisco». Il nuovo mantra? «Se hai un’idea, lanciati. Se resti fermo rischi di cadere nell’immobilismo».

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