Come e dove nasce la colomba?

La colomba di Pasqua è un dolce tanto popolare quanto mediaticamente sfortunato. Tutti la conoscono, e infatti la previsione della Coldiretti italiana è che nel 2024 la colomba comparirà almeno una volta sul 70% delle tavole italiane e ticinesi, ma pochi ne parlano al di là di questi pochi giorni, per non dire della sola domenica di Pasqua. Eppure le distanze produttive ed economiche con il panettone non sono così grandi. Perché quindi la colomba ha una vita più breve?
Milioni
Nel 2023 in Italia sono state vendute 29,1 milioni di colombe, fra industriali e artigianali, contro 50 milioni di panettoni e pandori: stiamo quindi parlando di dolci che hanno lo stesso peso economico, con un consumo in crescita ed entrambi con un forte radicamento anche in Ticino e previsioni di crescita sul 2023 nell’ordine del 10% di pezzi venduti. I numeri che contano però stanno diventando quelli di costi e prezzi: alcune materie prime sono aumentate di quasi il 15% rispetto all’anno scorso e i prezzi più o meno hanno seguito questa tendenza. Sempre meno degli aumenti delle uova di cioccolato, che scontano l’incredibile boom dei prezzi del cacao, che ormai ha sfondato il muro dei 10 mila dollari a tonnellata, in pratica il quadruplo rispetto a un anno fa. Sarà anche una bolla speculativa, per quanto giustificata da situazioni concrete (la siccità che ha colpito Ghana e Costa d’Avorio, i due principali produttori di cacao del mondo) ma questi sono i prezzi di oggi e in proporzione l’uovo costerà sempre più della colomba, a meno di non incrociare una scarsità di arance candite.
Villani e quello slogan
Volendo partire proprio da lontano possiamo dire che la storia della Colomba parta dalla Bibbia. Chiaro il richiamo alla colomba che dopo il diluvio universale andò da Noè portandogli un ramoscello di ulivo, come segno della fine dell’ira di Dio. Secondo un’altra teoria, peraltro non in contraddizione con questa, la Colomba pasquale rappresenterebbe lo Spirito Santo. Ma le spiegazioni storiche sono infinite, dai Longobardi in giù. Parlandone soltanto come dolce e non in quanto simbolo, per la colomba dobbiamo distinguere sostanza e forma. La sostanza è in buona parte quella del panettone, per quanto riguarda la pasta, e risale al Medioevo, stando gli scritti più credibili, mentre la forma è nata di fatto negli anni Venti del Novecento, per merito della milanese Motta, ora di proprietà della Bauli dopo esserlo stato per oltre un ventennio della Nestlé. L’idea commerciale originaria era quella di produrre una sorta di panettone di Primavera, così la Motta si inventò lo slogan «Colomba pasquale Motta, il dolce che sa di Primavera». Merito del responsabile del suo ufficio pubblicità, Dino Villani, che fu il primo ad associare quel dolce relativamente nuovo alla Pasqua. Niente di religioso, quindi, ma un’intuizione di marketing di un uomo che fra le mille cose, in tanti campi (anche arte e università), inventò insieme a Cesare Zavattini 5.000 lire per un sorriso, che dopo la guerra si sarebbe trasformata in Miss Italia.
E il Ticino?
Se la colomba intesa come uccello ha anche un significato cristiano, la colomba intesa come dolce pasquale è stata quindi puro consumismo, oltretutto con una diffusione limitata, prevalentemente in Italia e dagli anni Trenta anche moltissimo in Ticino, affiancandosi alla resta che con la sua uvetta (al posto dell’arancia candita della colomba) ha una tradizione più antica ed è in un certo senso stata degradata alla domenica delle Palme. Di sicuro la colomba da quasi un secolo può essere considerata un dolce anche ticinese e del Mendrisiotto in particolare, pur scontando anche qui la condanna a giocarsi tutto in pochi giorni mentre il panettone ha comunque vita più lunga. Quanto al vino gli abbinamenti consigliati dai sommelier sono fondamentalmente due: il Moscato d’Asti e il passito bianco in tutte le sue declinazioni, da quella di Pantelleria a quella ticinese dello Chardor.
Qual è la colomba più buona?
Qual è la migliore colomba della Pasqua 2024? Si giocano ovviamente due campionati, quello della colomba industriale e quello della colomba artigianale. Nel primo il podio, con posizioni che variano a seconda dei gusti è della vecchia Motta, della colomba Tre Marie e di quella della Galup, seguite da Melegatti, Bauli, Maina, Balocco e Paluani. Nel secondo non può esistere un essere umano, e nemmeno un gruppo di esseri umani, che possa avere almeno assaggiato tutte le colombe, ma può essere utile ricordare come dovrebbe essere una colomba perfetta: in generale aromi che ricordino la primavera, con la giusta quantità di arancia candita, senza retrogusto amaro e senza il tremendo effetto pane (il punto di non ritorno è la colomba a colazione, inzuppata nel latte o nel caffè). Secondo la tradizione la colomba deve sembrare leggera, alla vista, e toccandola non si deve sbriciolare. Inutile ricordare poi le tanti varianti che la snaturano (nei giorni scorsi abbiamo visto colombe allo spritz) e che non sono poi così apprezzate dal pubblico, visto che a Pasqua appena passata sono quelle che rimangono nei negozi e collocate in promozione. Alla fine il vero significato tradizionale della colomba di Pasqua è che le tradizioni non esistono, nel senso che all’inizio tutte le tradizioni sono state novità. Se oggi un pubblicitario lanciasse sulla sua pagina Instagram un nuovo dolce pasquale magari fra un secolo supererebbe la colomba. Che comunque si gode anche nel 2024 il suo onesto presente, la sua settimana di gloria.