L'intervista

Dal Ticino per difendere Papa Leone XIV

Gerlando e Francesco, lo scorso 4 ottobre in Vaticano, hanno giurato quali nuove reclute della Guardia svizzera pontificia
© Oliver Sittel – Guardia Svizzera Pontificia
Stefania Briccola
13.10.2025 12:45

Il giuramento delle nuove reclute della Guardia svizzera pontificia alla presenza di Leone XIV, il 4 ottobre scorso in Vaticano, è stato un evento storico. Erano decenni che un pontefice non presenziava alla cerimonia. L’ultimo a partecipare fu Paolo VI nel 1968.

Le ventisette guardie svizzere hanno giurato con una mano sulla bandiera e l’altra alzata con tre dita che simboleggiano la Santissima Trinità. Una promessa solenne di servizio e fedeltà al Papa sino al sacrificio della propria vita. Alla cerimonia nel cortile di San Damaso in Vaticano tra le autorità era presente anche la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter.

Il giorno in cui tradizionalmente avviene il giuramento è il 6 maggio, giorno che il ricorda il sacrificio del Sacco di Roma nel 1527 quando 147 guardie svizzere dettero la vita per difendere il Papa. Quest’anno la cerimonia è stata spostata al 4 ottobre per via della morte di papa Francesco e del successivo conclave.

Tra le ventisette nuove guardie svizzere ci sono anche due ticinesi, Gerlando, 25 anni, originario di Monteggio (Tresa), e Francesco, 23 anni, bellinzonese. Entrambi hanno raccontato al Corriere del Ticino il senso di una scelta, per nulla scontata, che parla al cuore.

Francesco. © Oliver Sittel – Guardia Svizzera Pontificia
Francesco. © Oliver Sittel – Guardia Svizzera Pontificia

Come avete vissuto il giuramento del 4 ottobre alla presenza di Papa Leone XIV?
Gerlando: «L’ho vissuto come un momento unico della mia vita. La presenza del Papa mi ha reso felice e onorato di poter giurare davanti ai suoi occhi. Ero molto emozionato e sapevo che sarebbe stato un evento importante e glorioso».
Francesco: «L’emozione, grande e bella da vivere, c’era tutta. La cerimonia nel Cortile di San Damaso è il momento più importante nella vita di una guardia. Si giura sulla bandiera del corpo con le tre dita alzate a ricordare la Santissima Trinità. E, come si dice, guardia una volta, guardia per sempre. Insomma, per la vita ci si impegna a servire fedelmente, lealmente e onorevolmente il Pontefice regnante e il collegio cardinalizio quando la sede apostolica è vacante, se necessario anche fino al sacrificio della propria vita. Acriter et fideliter, questo il motto del corpo. L’eccezionale presenza di Leone XIV ha reso il tutto ancora più speciale. Era da quasi sessant’anni che un Papa non presenziava più. Il fatto poi che fosse il giorno di San Francesco d’Assisi ha anche ricordato Papa Francesco da poco scomparso. Per me, che porto quel nome, la coincidenza è stata significativa».

Come vi siete preparati a questo evento?
Gerlando:
«Ci siamo preparati con molte prove quasi ogni settimana affinché la cerimonia si svolgesse come previsto. Il risultato è stato molto soddisfacente».
Francesco: «La preparazione è stata spirituale, con incontri con il cappellano del corpo, e pratica con diverse esercitazioni impegnative dal punto di vista psicofisico. Occorrono concentrazione, forza nei movimenti e attenzione al dettaglio. Al Giuramento sappiamo bene di essere il biglietto da visita del corpo davanti alle autorità ecclesiastiche, militari e politiche, oltre che davanti a parenti e amici venuti dalla Svizzera».

Quando avete scelto di voler diventare una guardia svizzera pontificia?
Gerlando: «La mia intenzione di entrare in questo corpo è maturata durante il servizio militare guardando i vari documentari sulla Guardia svizzera e sul servizio in Vaticano. Poi ho deciso di entrare a gennaio per servire il Santo Padre durante il Giubileo».
Francesco: «Il desiderio è nato da ragazzino. Il mio padrino mi regalava i gadget della Guardia svizzera pontificia, dove serviva suo figlio. Un momento importante è stata l’elezione di Papa Francesco. Mi colpì che si chiamasse come me: avevo undici anni. Poi qualche anno dopo visitai anche la caserma con mio zio. Altre ex guardie mi hanno raccontato la loro forte esperienza e quindi: eccomi qui».

Che significato assume la vostra scelta?
Gerlando:
«Questa scelta mi sta arricchendo molto a livello personale, adesso mi sento più che mai vicino alla mia fede ed è molto bello, una volta entrati nel corpo lo si rimane per tutta la vita, non si dimenticano gli anni in cui hai servito il Santo Padre perché ti cambia radicalmente e assumi una visione differente della fede e del mondo».
Francesco: «Questa scelta assume un significato molto importante: lo spirito di sacrificio e di dedizione della Guardia svizzera pontificia resta con te anche dopo aver terminato il servizio. Tante ex guardie raccontano volentieri la loro forte esperienza e tornano spesso volentieri per dare una mano alle guardie attive».

Potete sposarvi durante il vostro periodo di servizio come guardie svizzere pontificie?
Gerlando e Francesco: «Sì, ci possiamo sposare, ma dopo i 25 anni di età e dopo almeno cinque anni di servizio nel corpo, impegnandoci poi per ulteriori tre anni».

Lavoriamo sull’arco di 24 ore con turni mattutini, pomeridiani, serali e notturni. Poi ci sono servizi straordinari in occasione di messe, udienze papali e grandi eventi
Francesco

Come si svolge il vostro servizio?
Gerlando:
«C’è un servizio ordinario, quello di tutti i giorni nel Palazzo apostolico oppure al confine con l’Italia, e un altro straordinario in occasione di sante messe o udienze generali oppure durante l’arrivo di un presidente o primo ministro estero».
Francesco: «Lavoriamo sull’arco di 24 ore con turni mattutini, pomeridiani, serali e notturni. Poi ci sono servizi straordinari in occasione di messe, udienze papali e grandi eventi. Vegliamo costantemente sulla sicurezza del Santo Padre e della sua residenza. Vigliamo su tutti gli ingressi ufficiali del Vaticano, eseguendo il controllo degli accessi e restando a disposizione dei pellegrini provenienti dal mondo intero. Poi siamo presenti durante le udienze e le cerimonie quando c’è il Papa. I sottoufficiali e gli ufficiali di rango superiore accompagnano il Pontefice nei suoi viaggi apostolici all’estero. Noi siamo presenti in Vaticano durante le visite di presidenti, ministri e ambasciatori con servizi d’onore, accogliendo l’ospite con gli onori militari inoltre durante udienze, messe, grandi eventi svolgiamo anche il servizio d’ordine».

Avete mai incontrato Papa Leone XIV?
Gerlando: «Si, durante l’udienza con la mia famiglia prima del mio giuramento, ho avuto la possibilità di parlare con il Santo Padre».
Francesco: «Sì, certo. Incontrarlo è un onore e ci ricorda il senso profondo del nostro servizio. Durante il Giuramento c’è stato un momento di incontro personale con me e i miei genitori nella sala Clementina. L’ho ringraziato per l’ispirazione che traggo ascoltando i suoi discorsi e i valori proposti. Ho avuto anche la fortuna di stringere più volte la mano a Papa Francesco. Indimenticabile».

Gerlando. © Oliver Sittel – Guardia Svizzera Pontificia
Gerlando. © Oliver Sittel – Guardia Svizzera Pontificia

Come avete vissuto questo periodo che ha visto la morte di papa Francesco, il conclave, l’elezione di Papa Leone XIV e il Giubileo?
Gerlando:
«Personalmente l’ho vissuto come momento unico e irripetibile, è stato lungimirante vedere riuniti i cardinali da tutto il mondo, e tutto ciò che ne consegue durante la sede vacante, mi sembrava di essere in un film spettacolare, non c’è emozione più significativa».
Francesco: «Nessuno si aspettava la morte del Papa il giorno dopo la Pasqua. Sono stati giorni intensissimi e straordinari. Una delle nostre cinque missioni è proprio quella di proteggere il collegio dei cardinali quando la sede apostolica è vacante. Un altro ruolo, molto importante, è stato quello di sentinella d’onore, detta Totenwache, a fianco del feretro del defunto Papa. Ci sono stato anch’io e quell’emozione non riesco nemmeno a descriverla. Ricordo poi che, all’annuncio dell’Habemus Papam, mi trovavo in servizio nel cortile di San Damaso, al centro del Palazzo apostolico, e ho udito il boato e l’euforia della folla accorsa in piazza San Pietro. Di seguito ho visto per la prima volta il nuovo Papa quando è uscito dal Palazzo apostolico. Tu sei lì e la storia ti scorre accanto».

Dove vivete in Vaticano?
Gerlando:
«Viviamo nella caserma delle Guardie svizzere che è un po’ la piccola Svizzera del Vaticano».
Francesco: «Abitiamo nel cosiddetto quartiere svizzero. In caserma regna un clima di cameratismo, di rispetto reciproco e aiuto del prossimo».

Come vi trovate a Roma?
Gerlando: «Personalmente mi trovo molto bene, è bello poter vivere in una città cosmopolita e incontrare gente da tutto il mondo».
Francesco: «Roma è Roma: unica. È una città che mi piace, ha carattere ed è molto viva e piena di storia. A Roma ci sentiamo per metà residenti e per metà turisti. Quando usciamo ''all’estero'' per le vie del centro ci sembra sempre di essere in vacanza, il rientro in caserma è un po’ come il rientro dalle ferie».

Che cosa portate della mentalità svizzera nel vostro lavoro?
Gerlando:
«Portiamo la puntualità in servizio, l’onore della patria, e cosa più importante la cioccolata».
Francesco: «Qualcosa che già da oltre 500 anni ci caratterizza: lealtà, fedeltà, affidabilità, puntualità, rispetto delle regole. Ci aggiungo il plurilinguismo, un certo tatto diplomatico e la discrezione».

Portiamo la puntualità in servizio, l’onore della patria, e cosa più importante la cioccolata
Gerlando

Come sono fatte le vostre meravigliose corazze?
Gerlando: «Le indossiamo principalmente durante eventi come il Natale o la Pasqua e per il solenne giuramento, sono in ferro e vanno tenute con cura presso la nostra armeria».
Francesco: «Le corazze hanno un grande valore storico. Corazza ed elmo fanno parte della tenuta di gran gala e vengono indossate dal picchetto durante la Benedizione Urbi et Orbi a Pasqua e a Natale e al Giuramento. Le corazze più antiche risalgono al 1580, la maggioranza è del XVIII secolo. Quelle che indossiamo sono fedeli riproduzioni per non rovinare quelle antiche. Lo stemma presente invece sul morione (elmo in acciaio) è quello della famiglia Della Rovere, a cui apparteneva Papa Giulio II, fondatore del corpo. Il peso di una corazza si aggira attorno ai 10 chilogrammi. Quelle prodotte ex novo ai giorni nostri arrivano da un’antica bottega di fabbri austriaca a conduzione famigliare».

Come si presenta la vostra divisa?
Gerlando:
«La nostra divisa simboleggia secoli di storia svizzera e vaticana, un’unione tra i due mondi, i colori che indossiamo vengono presi dalla celebre casata della famiglia Medici».
Francesco: «Partiamo subito sfatando un mito, non è stato Michelangelo a disegnare la nostra famosa uniforme di gala così come la conosciamo oggi, ma bensì il comandante Jules Repond (1853-1933) agli inizi del XX secolo. Sono inconfondibili i suoi colori, blu, rosso e giallo, che sono caratteristici del casato dei Medici. Vengono confezionate su misura dal sarto del corpo che ha il suo atelier all’interno della caserma. Pensate che sono composte da ben 154 pezzi! Ogni recluta ha svariati appuntamenti dal sarto, dove la divisa viene provata nelle varie fasi della sua realizzazione al fine di ottenere l’inconfondibile uniforme, conosciuta in tutto il mondo, pronta per l’inizio del servizio».