Deadpool, supereroe allo sbando

È il protagonista anomalo del nuovo film ispirato ai fumetti Marvel
Ryan Reynolds è Deadpool.
Marisa Marzelli
27.02.2016 00:05

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C'è sempre un fenomeno di stagione, un successo a sorpresa. Stavolta s'intitola Deadpool e ha come protagonista un supereroe marginale dell'universo Marvel. All'uscita negli Stati Uniti in quatto giorni ha incassato oltre 150 milioni di dollari (è costato meno di 60 milioni) e dopo una decina di giorni nel mondo ha racimolato quasi 500 milioni. Deadpool è anche il tentativo di ampliare il target di pubblico dei cinefumetti.

I blockbuster supereroistici danno segni di stanchezza. Sequel, reboot ravvicinati, storie-pretesto al servizio degli effetti speciali (spesso con un inutile 3D) si ripetono. Bisognava cercare di conquistare un'altra fetta di pubblico.Deadpool è un po' sgangherato, fracassone, comico tra il demenziale e il surreale, violento, sboccato, scorretto. È anche meta-fumettistico e meta-cinematografico; a chi ne è entusiasta sembra tanto originale perché il protagonista parla di abbattimento della quarta parete e si rivolge, con sguardo in macchina, direttamente agli spettatori. Pur essendo nelle corde di preadolescenti ed adolescenti ha rimediato in America una «R», cioè risulta vietato ai minori di 17 anni non accompagnati (da noi è vietato ai minori di 15); così si tagliano fuori i più giovani ma si conquistano gli adulti che apprezzano il pulp e i doppi sensi volgari, assenti nei cinecomic tradizionali.

Inoltre, lascia notevole spazio a una storia d'amore. Sulla falsariga della serie Twilight , che tra vampiri e lupi mannari esaltava le vicende sentimentali. Deadpool ha il look di un B-movie supereroistico di nicchia, per i fan del personaggio di carta ma anche per chi bazzica il mondo parallelo della Rete. Già di supereroi ironicamente insofferenti ne avevamo visti, da Hancock (con Will Smith) a Kick-Ass, ma questo guerriero malato di cancro ha fatto centro, naturalmente con l'appoggio di una promozione a tappeto, supportata da videogioco, ritorno in edicola del fumetto, tam-tam su internet e quant'altro.

Wade Wilson (ad un certo punto il film spiega come prenda il nome di Deadpool) appartiene alla tribù mutante degli X-Men, in particolare si apparenta a Wolverine per la capacità di rigenerazione dei tessuti. Nato nel 1991 dai testi di Fabian Nicieza e dai disegni di Rob Liefeld, è detto il mercenario chiacchierone. Lo interpreta Ryan Reynolds con tutina rossa. Sul costume le battute si sprecano e il personaggio è ben contento che sia rosso e non verde (colore indossato da Reynolds in Lanterna Verde, che fu un flop).

Si vede dunque quale sia il gioco meta-testuale. Tra Deadpool e gli X-Men non corrono rapporti cordiali, in particolare con Wolverine e il Professore, ma ciò non toglie che nel film gli diano una mano Colosso e Testata Mutante Megasonica. Con un inizio esplosivo, riproposto al ralenti da varie angolazioni, e l'innesto di flashback commentati dall'io narrante, si snoda la love story di Deadpool e Vanessa (la bruna Morena Baccarin) ma anche la scoperta del tumore in fase terminale, perciò l'antieroe accetta di sottoporsi a una terapia sperimentale; la malattia è fermata ma lui resta sfigurato e in cerca di vendetta. Nei titoli di testa i nomi sono sostituiti da considerazioni sarcastiche. Basti dire che invece del nome del regista appare la scritta «uno pagato troppo» (per inciso, il regista è Tim Miller, esperto di effetti visivi e al debutto nel lungometraggio). E per finire – chi non bazzica il mondo di riferimento è meglio che scelga un'altra pellicola – nessuno spettatore si alzi prima della conclusione dei lunghissimi titoli di coda, in attesa di qualche fotogramma finale. Infatti l'eroe rifà capolino.

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