«Ho scoperto la mia strada grazie al "Settimo sigillo" di Ingmar Bergman»

Ci sono film che segnano più di altri. Così potenti da sconvolgere e, in alcuni casi, persino rivoluzionare il corso della vita. «A me è successo con Il settimo sigillo di Ingmar Bergman», racconta Davide Briccola, uno dei pochi montatori attivi in Ticino. Incontriamo questo giovane bellinzonese a Suglio, a pochi passi dalla sede della Pic film, la casa di produzione cinematografica dove Davide lavora come freelance. I suoi occhi intelligenti diventano ancor più profondi quando ricorda il primo incontro con il capolavoro del regista svedese. «Al liceo avevo una docente di storia che puntava molto sui film per raccontare fatti storici. Così, per introdurci al periodo medioevale e alla devastazione della peste, ci propose l’opera di Bergman. Rimanemmo tutti a bocca aperta. La messa in scena della partita a scacchi, da una parte la Morte, dall’altra l’uomo con tutte le sue fragilità, era qualcosa di incredibile».
Durante il liceo, Davide aveva scelto un indirizzo scientifico. Tuttavia, quella sensazione che provava da tempo, diventò certezza proprio dopo la proiezione del film di Bergman: presto avrebbe imboccato una strada diversa. Una volta terminato il liceo, si iscrisse alla facoltà di Lettere all’Università di Losanna, lasciandosi alle spalle il mondo dei numeri. «Anche se - puntualizza sorridendo - aver imparato il rigore delle materie scientifiche mi è stato utile nel mio mestiere di montatore».
A Losanna, il corso che Davide segue con più interesse è, giocoforza, storia del cinema. Non solo perché il tema lo riguarda da vicino. I corsi sono tenuti alla Cineteca svizzera da Freddy Buache, già condirettore artistico del Festival di Locarno e Pardo d’onore nel 1998. «Era un corso molto gettonato dagli studenti. Buache era una istituzione, l’anima della Cineteca svizzera. Un uomo politicamente impegnato. Diceva sempre che il cinema era finito dopo Jean Luc Godard, il regista francese, peraltro suo amico. La realtà dei fatti raccontava qualcosa di diverso: Buache andava a vedere tutti i film, senza discriminazioni anche dopo aver compiuto 80 anni. Era un innamorato della settima arte». Il primo incontro con il montaggio avviene alla RSI, in occasione di uno stage. «È qui che ho scoperto l’importanza di questo lavoro, soprattutto nella documentaristica. Le ore di immagini girate sono sempre tante, e per confezionare un buon prodotto bisogna prima visionare tutto, poi decidere cosa utilizzare e quale ritmo dare». Tra una collaborazione professionale e l’altra, Davide continua la sua formazione accademica: segue un master all’USI e, in seguito, un corso di cinema a Edimburgo. «C’è poi un’altra formazione continua che molti non menzionano: quella garantita da Internet. Ogni giorno in Rete scopro novità, non solo tecnologiche, destinate ad arricchire il mio bagaglio professionale».
Il montaggio plasma la narrazione, regola il ritmo, orienta le emozioni: può trasformare riprese mediocri in una storia coinvolgente, oppure affossare interpretazioni magistrali e immagini da Oscar. Davide, montatore professionista da 4 anni, ne è pienamente cosciente. «Lo so, abbiamo un super potere. Tuttavia, ciò che amo maggiormente del mio mestiere è la possibilità di lavorare in squadra». Quando menziona il montatore che più ammira, i suoi occhi tornano a farsi profondi. «Joe Walker. Lui è il mio idolo. La sua formazione musicale fa la differenza. Basta guardare il montaggio di Dune 1 per rendersene conto».