Il ritorno del re della giungla

L'uomo-scimmia riappare nel curatissimo "La leggenda di Tarzan"
Io Tarzan, tu Jane.
Marisa Marzelli
18.07.2016 23:26

Dopo l'orso di Revenant, al capitolo animali selvaggi sul grande schermo si sono aperti nuovi orizzonti per gli effetti speciali. Ne La leggenda di Tarzan non ce n'è uno in peli e ossa, sono tutti in computer grafica e «recitano» impeccabilmente. Tarzan (l'attore svedese Alexander Skarsgard, diventato famoso come fascinoso vampiro Eric nella saga tv True Blood) abbraccia tre leonesse adulte, felici di ritrovare il re della giungla; si batte con una gigantesca scimmia sua ex-amica; guida una mandria di gnu al galoppo per distruggere l'insediamento dei cattivi. E il più bieco di loro, inviato in Congo dal re del Belgio, avido di diamanti e a caccia di schiavi (Christoph Waltz, ormai abbonato ai ruoli di villain), finisce in pasto ai coccodrilli. Non solo non c'è più bisogno di aggiungere nei titoli di coda che nessun animale è stato maltrattato durante la lavorazione ma cade un'altra barriera tra cinema dal vivo e animazione. Infatti, diverse inquadrature della giungla misteriosa, comprese le liane utilizzate come mezzo di trasporto, non appaiono diverse nella nuova avventura di Tarzan diretta da David Yates (regista degli ultimi quattro episodi di Harry Potter) da quelle dell'ottimo recente cartoon Il libro della giungla.Tarzan è una sorta di supereroe ante litteram. Lo scrittore americano Edgar Rice Burroughs gli ha dedicato (a partire dal 1914) oltre una ventina di libri d'avventure, seguiti da film, cartoon, serie tv e fumetti. A rinverdire il personaggio ci pensa ora questo film da 180 milioni di dollari.

La leggenda di Tarzan non punta solo ad essere l'ennesimo pop-corn spettacolare da sabato sera, ha ambizioni più colte. Mira ad essere anche un film con contenuti adulti, chiamando in causa riflessione sul colonialismo, lo sfruttamento economico dei governi europei a scapito dell'Africa e i rovelli interiori di Tarzan, cresciuto con gli animali liberi nella foresta e tornato a vivere nell'alta società britannica come John Clayton III, quinto conte di Greystoke. Per rafforzare la storicizzazione del plot ha un ruolo di rilievo George Washington Williams (interpretato da Samuel L. Jackson), personaggio realmente esistito, un afro-americano che combatté con i nordisti nella guerra di Secessione, contro l'imperatore Massimiliano I in Messico e nelle guerre contro i pellerossa.Sono queste due anime, quella ludica e avventurosa, e quella più «impegnata» a non saldarsi bene nel film di Yates; la seconda appesantisce la prima, senza convincere perché il discorso socio-politico è approssimativo e schematico.

Siamo alla fine dell'800, Tarzan è rientrato nei ranghi e vive in Inghilterra con la moglie Jane (l'australiana Margot Robbie, nel cast dell'attesissim Suicide Squad). Viene convocato al numero 10 di Downing Street perché il governo intende inviarlo come osservatore in Congo. Tarzan-John Clayton esita, poi accetta di tornare nel continente nero. Al mal d'Africa non si sfugge, figuriamoci se si è il re della giungla. Ma non sa di essersi infilato in una trappola. Il racconto action è inframmezzato da flashback sul passato nella foresta di Tarzan e Jane. Per fornire una biografia a chi non conosce il personaggio. Che per il resto corre (spesso in patinato ralenti), combatte contro umani e fiere e alla fine trionfa.

La compattezza della trama diventa secondaria rispetto alla valorizzazione delle scene spettacolari. L'intento di approfondire si perde.

Come nei comics, ci sono anche pause di alleggerimento, con siparietti d'intento umoristico, e Jane non è solo l'eroina in pericolo ma una donna moderna e indipendente. Interpretazioni di routine, poco introspettive. A spiccare sono i muscoli di Tarzan-Skarsgard, forse anch'essi un poco ritoccati al computer.

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