Cinema

La Marvel e il trono vacante di Wakanda

È nelle sale ticinesi il seguito di «Black Panther» che è stato segnato, nelle primissime fasi di lavorazione, dalla prematura scomparsa del suo protagonista, l’attore Chadwick Boseman la cui figura tuttavia segna indelebilmente la storia, dall’inizio alla fine
Max Borg
11.11.2022 14:30

Aprile 2016: esce Captain America: Civil War, primo film della Fase Tre del Marvel Cinematic Universe, capitolo finale della trilogia dedicata a Steve Rogers, ed esordio cinematografico di T’Challa, alias Black Panther, il sovrano e protettore della fittizia nazione africana di Wakanda. Chadwick Boseman, interprete del personaggio, è tra gli elementi più apprezzati del film e aumenta l’attesa per la sua avventura in solitario. Black Panther esce nel febbraio del 2018, facendosi notare anche per la sua importanza storica (primo blockbuster con cast quasi interamente di estrazione afroamericana) e diventa il primo film di supereroi ad assicurarsi la nomination più importante agli Oscar. È la consacrazione definitiva del talento di Boseman, il cui carisma contribuisce, qualche mese dopo, all’impatto emotivo di Avengers: Infinity War, dove T’Challa è tra i vari eroi che vengono ridotti in polvere dalle azioni di Thanos, prima di tornare in Avengers: Endgame.

Agosto 2020: mentre è in corso la preparazione di Black Panther: Wakanda Forever, allora previsto per maggio 2022 come inauguratore della Fase Cinque, arriva la notizia che coglie tutti di sorpresa. Boseman, al quale era stato diagnosticato un tumore al colon di cui solo parenti e pochi amici erano a conoscenza, è morto all’età di 43 anni, senza neanche aver avuto il tempo di leggere la sceneggiatura («Era troppo stanco», ha riferito il regista Ryan Coogler in un recente articolo della rivista «Variety»). Si decide di non sostituirlo e di reimpostare il film come chiusura della Fase Quattro e omaggio a uno dei volti fondamentali del franchise (tra le altre cose, la consueta sigla dei Marvel Studios contiene solo immagini di Boseman, la seconda volta che la Casa delle Idee fa una cosa simile dopo aver ricordato Stan Lee all’inizio di Captain Marvel nel 2019).

Ed ecco che T’Challa non c’è più: muore, fuori campo, nella prima sequenza, stroncato da un male non precisato. Passa un anno e il popolo di Wakanda si sta ancora abituando a non averlo più come protettore. La regina Ramonda (Angela Bassett) e la principessa Shuri (Letitia Wright) fanno del loro meglio, ma le difese della nazione sono indebolite, come dimostrato dall’improvvisa entrata in scena di Namor (Tenoch Huerta), un mutante di origine mesoamericana e sovrano del regno subacqueo di Talokan (una modifica rispetto al fumetto, dove la città è Atlantide, per consentire a Coogler di dare al personaggio una storia legata alla realtà coloniale, come già accaduto con l’antagonista Killmonger nel primo film). Lui è pronto a dichiarare guerra al mondo degli umani, reo di azioni distruttive negli oceani e Wakanda sarà la prima nazione a cadere se non accetta di allearsi con lui. Namor, uno dei primi eroi Marvel nei fumetti (la sua prima avventura cartacea risale al 1939), fa parte del progetto di costante espansione della Casa delle Idee, ma la sua inclusione in questo caso è coerente con la visione di Coogler, capace di servirsi delle storie di supereroi per parlare di questioni razziali e coloniali con intelligenza e brio. Meno coerente è un altro elemento palesemente legato al futuro del franchise (due personaggi hanno film e/o miniserie in arrivo), che stona con l’intento elegiaco alla base della versione finale del lungometraggio e la parte più sincera e potente di questo sequel che, pur non potendosi avvalere della sua presenza, è attraversato per gran parte dei suoi 161 minuti dall’essenza di Boseman. Da quel punto di vista è anche giusto che chiuda la Fase Quattro, aperta in streaming da WandaVision e al cinema da Black Widow, entrambi a loro modo degli addii a personaggi a cui ci si era affezionati. Qui l’effetto in questione è ancora più forte, anche se a tratti diluito da una certa bulimia narrativa.