Il ricordo

Riposa in pace, Ozzy, noi spenderemo «some more tears» per te

Se ne va John Michael Osbourne, il Principe delle tenebre – Aveva fatto appena in tempo a festeggiare in modo grandioso il suo definitivo addio alle scene nella natìa Birmingham con i compagni di grandi avventure e di successi
©Amy Harris
Michele Castiglioni
22.07.2025 23:00

Aveva fatto appena in tempo a festeggiare in modo grandioso il suo definitivo addio alle scene nella natìa Birmingham con i compagni di grandi avventure e di successi, gli altri membri (originali) dei Black Sabbath e una pletora di altri musicisti, amici, emuli, fan di lunga data diventati a loro volta famosi nell’ispirazione tratta proprio dai quattro «inventori» dell’Heavy Metal. Avrebbe dovuto essere un semplice addio alle scene, pur a causa delle condizioni di salute, con il Parkinson che stava avanzando inesorabile, ma nessuno dopo averlo visto cantare ancora due settimane fa - pur se con fatica e seduto su un trono - si sarebbe immaginato che la fine fosse così vicina.

Adesso John Michael Osbourne, per tutti semplicemente Ozzy, se n’è andato per sempre, chiudendo con sé un’epoca, un pezzo di storia del rock. Nato il 3 dicembre del 1948 in un sobborgo operaio dell'Inghilterra postbellica in quella Birmingham simbolo della classe operaia, Ozzy cresce in mezzo alle ristrettezze e alla noia. Quarto di sei figli le sue condizioni familiari sono disagiate e ha problemi di linguaggio, essendo dislessico e balbuziente. Eppure proprio da quella situazione, John Michael trova forza e ispirazione per diventare una vera e propria leggenda. I primi tempi sono difficili - siamo alla fine degli anni ’60 e suo padre John Thomas Jack è un operaio che cerca di portare il pane in tavola, ma non appena possibile Ozzy comincia a lavorare per contribuire. Abbandonata la scuola all'età di quindici anni, comincia a praticare vari lavori: operaio, idraulico, attrezzista, persino macellaio presso un mattatoio, ma non si sente portato per questi mestieri. Evidentemente è destinato a non avere un «lavoro normale». E così, incontrati grazie ad un annuncio Tony Iommi - già suo compagno di scuola -, Terence Michael Joseph detto «Geezer» Butler e Bill Ward fonda i Polka Tulk Blues Band che, in poco tempo, cambiano il nome in Black Sabbath, dal titolo americano del film di Mario Bava I tre volti della paura e con questo nome pubblicano il primo, epocale album omonimo che ottiene un immediato successo di classifica, ma soprattutto, segna la fondazione di un nuovo linguaggio nel rock: più «pesante», cupo e dal forte odore di zolfo. Da quel momento la carriera dei quattro «men in black» è un susseguirsi di album imprescindibili (Paranoid, Master of Reality, Sabbath Bloody Sabbath, Technical Ecstasy) che formano il corpus originario dell’Heavy Metal. Ozzy, però, con il successo intraprende anche un difficile percorso nelle dipendenze e nella depressione che lo porta, alla fine degli anni ’70, ad abbandonare la band (in realtà venne cacciato per esasperazione dagli altri membri della band ormai incapaci di gestirlo).

Dopodiché, uscito almeno parzialmente dalle dipendenze grazie alla futura moglie Sharon Arden (figlia di Don, manager dei Black Sabbath) intraprende un’altra carriera di grandissimo successo come solista che lo porta ad attraversare da protagonista gli anni ’80 e ’90, con un sempre più ampio seguito di fan fedelissimi diventato negli anni multigenerazionale. Sul crinale degli anni 2000 poi, nuovo «coup de theatre» per il «Madman»: approda in televisione con The Osbournes, serie-reality «familiare» che ancora una volta non manca di attirare nuovi ammiratori. Questo senza mollare la musica che ancora e a più riprese negli ultimi 25 anni è proseguita tra sforzi solisti (l’ultimo, nel 2022, Patient Number 9) e reunion con gli antichi compagni Black Sabbath, con un ultimo album, a sorpresa, nel 2013 (13).

Ozzy Osbourne è stato senza ombra di dubbio una delle figure più rappresentative del rock degli ultimi cinquant’anni, una vera e propria leggenda, un simbolo e un riferimento per tutto il mondo non solo del metal, ma anche della cultura pop nel suo complesso.

E se Paranoid, War Pigs, Fairies Wears Boots, Iron Man, Sweet Leaf e molte altre sono gli indimenticabili pezzi scritti con i Sabbath, altrettanto lo sono brani come No More Tears, Bark At The Moon, Shot In The Dark, Crazy Train come solista: un lascito enorme che rimarrà per generazioni nei cuori (e nelle orecchie) degli appassionati. Riposa in pace, Ozzy; noi spenderemo «some more tears» per te.