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«Un festival capace di trasportare il pubblico in tanti mondi diversi»

L'intervista a Francesco Piemontesi, direttore artistico delle Settimane musicali di Ascona
Il pianista locarnese Francesco Piemontesi, 41 anni. Dirige artisticamente le Settimane musicali di Ascona dal 2013. © CAMILLE BLAKE
Mauro Rossi
30.08.2024 06:00

Mancano pochi giorni al via delle 79. Settimane musicali di Ascona, la più longeva manifestazione musicale della Svizzera italiana, seconda a livello nazionale, solo al festival di Lucerna. Quindici i concerti in programma da sabato 31 agosto a martedì 8 ottobre tra eventi sinfonici, cameristici e recital programmati, per la penultima volta, da Francesco Piemontesi che dopo l’edizione dell’ottantesimo, lascerà la sua carica per concentrarsi sulla sua carriera solistica.

Un festival particolarmente ricco e articolato, sia per l’elevato livello dei protagonisti sia per i filoni musicali affrontati…
«Ci saranno alcuni piccoli nuclei, come la musica da camera, e il tardoromanticismo tedesco che ritengo uno dei capisaldi della storia della musica e che personalmente prediligo. Ma ci sarà anche molto altro: musica antica e contemporanea e spazi dedicati alla produzione italiana, come il primo dei due concerti che avranno quale protagonista l’OSI che alternerà brani di Rossini molto conosciuti e brani meno conosciuti come il Notturno di Martucci o il Concerto per violino di Busoni che è un capolavoro che si sente poco. Ecco una delle caratteristiche delle Settimane sarà proprio quella: alternare cose che il pubblico conosce bene ad altre meno note in un contrasto che, a mio avviso, funziona molto bene e che è sempre stato un po’ la mia firma, il mio marchio di fabbrica: contrapporre brani più orecchiabili a cose che richiedono più concentrazione. Anche perché secondo me il concerto, come momento anche sociale, è un qualcosa che per un’ora e mezzo ti permette di estraniarti dai pensieri di tutti i giorni, in cui puoi davvero concentrarti, pensare, riflettere e immergersi in onde sonore capaci di trasportarti in mondi diversi. Ed è questo che ho cercato di creare in questo festival».

Festival che sicuramente affronterà con uno spirito diverso rispetto al passato, sapendo che è ormai prossimo alla conclusione del suo mandato di organizzatore…
«È vero, e sono contentissimo della scelta fatta perché la mia carriera negli ultimi anni è davvero esplosa ed era diventato impossibile conciliarla con la gestione della rassegna. Che effettuavo part-time: il mio contratto di direzione non era infatti al 100% e proprio per questo sempre più difficile da svolgere. Nel panorama internazionale infatti (e questo ho potuto verificarlo in prima persona visto che suono un po’ dappertutto) negli ultimi 10-15 anni ciò che hanno fatto tutte e grandi rassegne, è stato professionalizzare l’amministrazione. Ed è un punto sul quale ho insistito negli ultimi anni. Durante molte sedute di comitato abbiamo tentato all’inizio di risolvere la questione internamente. Alla fine però la cosa non ha funzionato e quando ciò è stato palese, abbiamo capito che per il bene delle Settimane era necessario affidarci a qualcuno che fosse in grado di gestire professionalmente il tutto. Da qui la scelta di affidarci a Christoph Müller che – non penso sia un segreto – io stesso ho raccomandato e che sono contento si stata scelto. E che mi permette di lasciare la Settimane in mani assolutamente professionali. Ritornando alla domanda, sì, sono veramente sereno e felice perché il passo più importante da fare era proprio questo: trasformare un’amministrazione che era amatoriale, nel senso migliore della parola, in una struttura professionale che sarà fondamentale per i prossimi… 80 anni delle Settimane».

In un’intervista al nostro giornale il suo successore ha affermato che a suo avviso le Settimane musicali di Ascona per crescere, dovrebbero essere concentrate in un periodo più breve. Concorda?
«In linea teorica sì. Quasi tutti i festival che conosco hanno infatti questo tipo di struttura: si svolgono in un periodo ristretto con concerti tutti i giorni. La nostra esperienza, tuttavia, parla diversamente. Quando infatti abbiamo proposto più concerti alla settimana, mancava pubblico. Quindi dal mio punto di vista e sulla scorta del passato ritengo che un simile passo sia difficile da compiere. Però bisognerà vedere come si intende gestire il tutto. So che è previsto un sostanziale stanziamento di parte del budget verso investimenti pubblicitari, marketing e social media, settore nel quale si prevede di investire in maniera maggiore rispetto ad oggi. Spero che ciò riesca a portare verso un festival diverso in quanto a strutturazione temporale. È chiaro che sulla carta la cosa ha molto senso: puoi organizzare un viaggio di una settimana e ti senti quattro concerti. Un po’ come accade a Lucerna o a Gstaad dove questo “turismo festivaliero” funziona. E che mi auguro possa funzionare anche da noi».

La rassegna s’inizia, sabato sera, con un concerto dedicato al territorio, con artisti locali tra i quali, purtroppo, non ci sarà Ambra Albek, scomparsa nelle scorse settimane…
«È stata una perdita enorme. La conoscevo molto bene perché abbiamo fatto il Conservatorio insieme. Ed è ancora più un dramma perché nel 2016 era mancata anche la sua gemella che conoscevo altrettanto bene. E infatti dedicheremo il concerto a lei. L’idea di questo evento è nata a Bergen, in Norvegia, qualche anno fa dove suonavo con l’orchestra il terzo concerto di Prokofiev con Melina Mandozzi quale primo violino. E ci siamo detti: sarebbe bello mettere assieme un gruppo di musicisti nati e cresciuti in Ticino e che non hanno mai, per varie ragioni, suonato assieme come solisti. E sarebbe bello farlo ad Ascona in quanto le Settimane sono un festival nato e basato sul Ticino con cui il rapporto è forte, come sottolinea la collaborazione che da sempre c’è con l’OSI. Quando ho proposto la cosa ho trovato grande entusiasmo da parte del Comune di Ascona che è stato felicissimo di offrire il concerto gratuitamente ».

Un legame con il territorio che, come da lei anticipato, è ribadito dalla doppia presenza dell’OSI. Crede che anche il suo successore, che non è ticinese, continuerà ad avere una eguale attenzione verso la scena locale?
«Credo di sì: mi ha infatti fatto molte domande in questo senso e gli ho sempre ribadito l’importanza di avere un forte rapporto con il territorio. E la cosa l’ha capita. D’altronde è una vecchia volpe dei festival e questo tipo di problematiche le conosce a menadito. È chiaro che con il tipo di strutturazione che ha in mente – un festival di due settimane e mezzo – bisognerà capire se sarà ancora possibile avere due serate con l’OSI, considerando gli altri impegni del complesso al LAC. Sarà necessaria una grande coordinazione ma bisognerà pure tenere conto dei limiti oggettivi di un Ticino il cui bacino d’utenza è limitato. Ecco, credo che questa sarà una sfida importante e probabilmente non semplicissima da risolvere».

Parliamo ancora del programma. Tra i concerti quali la entusiasmano maggiormente?
«Il primo, quello con la Philharmonia Orchestra, perché sono un grandissimo fan della pianista Juliana Ardeeva. Ma anche il secondo concerto dell’OSI che propone un programma con della musica contemporanea che mi stuzzica moltissimo. Mi riferisco al brano di Unsun Chin composto per lo sheng, uno strumento a fiato giapponese dalle sonorità davvero particolari e che regala sempre negli ascoltatori sensazioni straordinarie. Ma sono felicissimo del ritorno di Marc-André Hamelin che abbiamo richiamato dopo che lo scorso anno ci ha letteralmente “salvato” correndo all’ultimo istante per sostituire la Argerich nel concerto di Poulenc. E che quest’anno proporrà tra le altre cose la Sonata di Medtner di cui possiede lo spartito originale, che porterà con sé e che presenteremo prima del concerto assieme a Roberto Corrent: una cosa unica».

Chiudiamo con Francesco Piemontesi che quest’anno si è preso un bel po’ di spazio come solista…
«È vero. Ma visto che sono le mie penultime cose, ho voluto un po’ riassumere il mio percorso artistico, con dei musicisti con cui mi trovo molto bene. A parte la serata iniziale che è un progetto un po’ a parte, ho tenuto a sottolineare il rapporto molto forte che ho con l’orchestra di S. Cecilia di Roma, con Gianandrea Noseda che è uno dei direttori con cui mi esibisco, suono più spesso e più volentieri (abbiamo appena fatto dei concerti con la Filarmonica di New York e saremo alla Scala con la Filarmonica il prossimo febbraio…) e con Liesicki che è un caro amico. Stessa cosa con Kavakos. Ecco ciò che farò quest’anno e l’anno prossimo è presentare al pubblico le mie grandi passioni artistiche, i miei compositori preferiti e gli artisti con cui mi sento meglio sul palcoscenico».