Cent'anni fa

Rifare la Storia? Bella impresa! Chi vuol mettercisi?

Le notizie del 24 febbraio 1924
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Nicola Bottani
Nicola Bottani
24.02.2024 06:00

La Nota
In un giornale milanese uno scrittore si domanda se non convenga rifare la storia del Risorgimento italiano. Caro signore, se si dovesse rifare una Storia per gli errori, le inesattezze, le deformazioni leggendarie che contiene, ci sarebbe da perdere la testa. La Storia bisogna prenderla come è; i fatti, del resto, valgono non tanto per quello che sono, ma per quel tanto di piacevole o di istruttivo o di morale che contengono. Per questo la sapienza popolare, in amichevole collaborazione con la fantasia, ha inserito nella storia fatti che non sono mai avvenuti ma che hanno un contenuto allettante, sia per la vanità nazionale, sia per la fantasia che ama inquadrare le cose più semplici nello sfolgorio di una girandola.

Rifare la Storia? Bella impresa! Chi vuol mettercisi? E con che mezzi? Coi testi degli storiografi antichi? Ce ne sono di burloni che ne hanno raccontate da far ridere i paracarri; altri, i quali messisi a cavallo della fantasia, galoppa galoppa sono andati a finire nelle nuvole come l’ippogrifo di Orlando; ed altri che hanno raccontato notizie da terza, quarta, da ennesima mano, notizie incontrollate, incontrollabili, fatte di ritagli e di frangie.

Ma se neppure oggidì, con tanto di giornali, di telefoni, di telegrafi, di ferrovie, di radiotelefonia, di gente informatissima, si riesce a raccontare con esattezza la storia di un cavallo che s’è sbucciato un piede! Ma se oggi ancora, con tanti mezzi di controllo che abbiamo a disposizione, non riusciamo a sapere dalla Storia contemporanea se un tale è un eroe o un assassino, se un uomo ha agito da galantuomo o da canaglia, se la condotta di un Paese è stata brigantesca o gloriosa!

Altro che rifare la Storia del passato, dobbiamo prima di tutto imparare a fare la Storia del presente. La Storia antica ci servirà sempre da buona maestra, anche se deformata, anche se la fiaba di Muzio Scevola che si cuoce la mano o quella di Orazio Coclite o la novelletta delle oche capitoline fanno dormire in piedi.

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