Cinema

Ritorno su Pandora 2.0

Il regista James Cameron cambia ambientazione: dalla foresta pluviale trasporta la vicenda del suo protagonista e della sua famiglia su un’isoletta sperduta in mezzo all’oceano, ma la sostanza del suo cinema non muta
Le atmosfere magiche dei fondali marini di Pandora sono al centro del nuovo film del regista canadese James Cameron. © The Walt Disney Company
Antonio Mariotti
16.12.2022 22:30

Che l’elemento preferito da James Cameron fosse l’acqua, soprattutto se vista da sotto in su, era già chiaro sin dai tempi di The Abyss (1989), senza parlare ovviamente di Titanic (1997) o del documentario che ha realizzato per «National Geographic» sulla sua immersione in solitaria nel 2012 nelle profondità della Fossa delle Marianne. Non c’è quindi da stupirsi se quale nuova ambientazione principale del primo dei quattro sequel previsti del suo Avatar (vedi box sotto), il regista canadese abbia scelto gli oceani incontaminati di Pandora. La luna che continua ad orbitare attorno al pianeta Polifemo, nel sistema solare di Alpha Centauri, rimane una preda ambita dagli umani, non più solo come scrigno di preziosi metalli ma come habitat adatto alla sopravvivenza della nostra specie, costretta ad abbandonare la Terra ormai invivibile. Dopo un decennio di pace, durante il quale Jake Sully e la sua compagna Neytiri hanno messo al mondo tre figli e ne hanno adottato un quarto, il «popolo del cielo» torna quindi a minacciare i Na’vi. E Jake il traditore è il nemico pubblico numero uno, il primo sulla lista dello spietato colonnello Miles Quaritch, riportato in vita come «recom»: avatar autonomi che si portano dentro i ricordi e il DNA di un defunto. Questa nuova invasione in grande stile costringe Jake a una decisione drastica e sofferta: abbandonare, insieme alla sua famiglia, la foresta pluviale e il popolo Omatikaya per sottrarli a una vendetta che non li riguarda. I Sully volano quindi verso le azzurrissime acque dell’oceano per stabilirsi su una delle centinaia di solette che lo punteggiano. Chiedono asilo ai Metkayina, il popolo dell’acqua di cui, per essere accettati, dovranno imparare usi e costumi.

Duello tra buoni e cattivi

La prima parte del film (che dura più di tre ore) è piuttosto deludente, proprio perché - sulla falsariga della parte finale del primo episodio - il tutto si risolve in un incessante (e disequilibrato) duello tra buoni e cattivi. Cameron sembra quindi impaziente di cambiare scenario e di ritrovarsi nell’elemento a lui più congeniale. Solo da questo momento in poi, il film decolla veramente grazie alla spettacolarità dei fondali marini girati, grazie alla tecnica della Performance Capture, in una vasca da un milione di litri d’acqua e poi ricreati con la Computer Graphic. Un’operazione mozzafiato che - anche grazie all’uso del 3D - per lunghi tratti fa provare allo spettatore quella sensazione di full immersion che ci porta a perdere ogni punto di riferimento e ci trascina dentro un flusso di avvenimenti dal ritmo sempre concitato. È questo il risultato che punta a ottenere Cameron, convinto fautore del fascino del grande schermo rispetto a qualsiasi tipo di esperienza casalinga. Questa rinfrescante brezza marina, che spesso si trasforma in tempesta, ha inoltre il pregio di portare in primo piano le nuove generazioni, ovvero i figli di Jake e quelli del capo dei Metkayina, anche se a trarli d’impaccio dal nuovo attacco degli umani saranno come sempre i genitori. Il regista insiste molto (troppo?) sul tasto dell’unione della famiglia («I Sully non si dividono mai», dice Jake) sfiorando più volte l’eccesso di retorica, ma si rifà grazie alle sue armi migliori: l’azione e la suspence. La scena finale, girata su un’imbarcazione militare che sta colando a picco, non può infatti non riportarci ai drammatici momenti del naufragio del Titanic. Con la differenza che in questo caso i protagonisti si salvano grazie alle loro incredibili capacità natatorie. Cameron ci regala così una nuova riflessione di carattere ambientalista ma anche una buona dose di entertainment. Vedremo se i prossimi sequel si orienteranno più su un versante o sull’altro.

Altri tre sequel in arrivo nelle sale nei prossimi anni

Lasciare in sospeso per tredici anni un progetto colossale come il sequel del film di maggior successo della storia del cinema (2,9 miliardi di dollari d’incassi dopo il recente rilancio nelle sale) è un’impresa altamente rischiosa, visti i cambiamenti radicali che hanno segnato nel corso dell’ultimo decennio la distribuzione cinematografica. Un’impresa che non spaventa però il regista James Cameron e il suo produttore abituale Jon Landau. I due hanno infatti compreso sin dalle prime riunioni svoltesi nel 2010, dopo il trionfo di Avatar, che il materiale drammaturgico a disposizione e i possibili sviluppi tecnologici avrebbero permesso di realizzare non uno ma ben quattro ulteriori capitoli ambientati su Pandora, dando vita a una vera e propria saga fantasy. In contemporanea ad Avatar - La via dell’acqua sono così stati approntati altri tre film con gli stessi protagonisti e l’aggiunta, di volta in volta, di nuovi personaggi. La data d’uscita prevista per Avatar 3 è il 20 dicembre 2024. Il quarto e il quinto episodio dovrebbero seguire a scadenza biennale. Chi vivrà vedrà. 

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