#raccontaloagiorgia

Se non ami il tuo lavoro, non serve a nulla lamentarsi

La rubrica settimanale #RaccontaloaGiorgia ospita Vanessa Ruffini, happiness manager e facilitatore mindfulness: ecco alcuni consigli pratici per creare un ambiente di lavoro sano e collaborativo – PUNTATA 2
Giorgia Cimma Sommaruga
23.12.2021 12:02

Il buon Aristotele chiosava perentorio: «L’uomo è un animale sociale», per Cicerone invece «l’uomo è socievole per natura». I rapporti interpersonali sono alla base della vita di tutti noi, e non è quindi un caso che nel corso degli anni sia diventato sempre più importante ridisegnare le risorse umane in ambito aziendale. Siamo tutti d’accordo che andare al lavoro ogni tanto è difficile e faticoso. La soluzione? Rendere il nostro impiego una esperienza appagante. Perché? Beh, indubbiamente è proprio la qualità delle relazioni che riusciamo ad instaurare con i colleghi (anche con quelli che meno ci piacciono) a rendere un ambiente di lavoro piacevole. Scopriamo come farlo grazie all’ospite di #RaccontaloaGiorgia: Vanessa Ruffini.

Abbiamo tutti quel collega che ancora prima di salutarci alla mattina ci ammorba con le sue lamentele, del tipo: «Odio il mio lavoro, la vita fa schifo». Insomma, ci siamo capiti. Fortunatamente l’esperta corre in nostro aiuto con una serie di consigli, quello di oggi è: Sì: Trovare il modo di amare il proprio lavoro; No: continuare a lamentarsi.

Sintetizzando: amare il proprio lavoro è indispensabile. Ciascuno di noi quando si trova con gli amici e si diverte, spesso si rende anche conto che il tempo vola. Quindi se sul posto di lavoro siamo soddisfatti possiamo provare piacere. Ma badate bene, il piacere non riguarda solo le mansioni che svolgiamo, che talvolta possono essere noiose, ma anche l’ambiente lavorativo in generale. Per riuscire a sopportare le parti più noiose del nostro lavoro, bisogna davvero riuscire a godere di quelle belle. Lamentarsi continuamente non permette di trovare armonia.

Ora vediamo nel dettaglio quali sono i consigli di Vanessa Ruffini.

Realismo: ogni lavoro è retribuito, cosa possiamo fare di bello con il nostro stipendio? Questa può già essere una buona motivazione se inizialmente fatichiamo a trovarne altre. Ragionando in questi termini anche gli aspetti che non risultano piacevoli possono diventarlo.

Riconoscimento: proviamo ad attribuire un significato a ciò che facciamo. In questo modo potremmo sentirci più utili e apprezzare maggiormente il nostro lavoro. Un esempio? Pensiamo ad una impresa di pulizie: a volte non ci facciamo proprio caso, ma quella di pulire è una professione importantissima, perché grazie ad essa, le persone che vivranno tra profumi e igiene, si sentiranno a proprio agio.

Dare un nome alle mansioni: soprattutto nelle grandi realtà lavorative si tende a generalizzare le figure professionali, per esempio chiamando un individuo che svolge attività manuali come un semplice “operaio”. Questo è sbagliato perché se quell’individuo ha una mansione specifica è giusto che essa sia riconosciuta: ciò contribuisce a far si che la persona si senta importante e di conseguenza apprezzi il suo lavoro e la realtà aziendale.

Punto di vista differente: spesso capita di lamentarsi per problemi che non esistono. In questo caso è si importante essere realisti, ma allo stesso modo bisogna saper cambiare punto di vista. Un esempio? Perché lamentarsi se il capo ci chiede di fermarci un’ora in più se durante la giornata perdiamo lo stesso tempo su Instagram al posto che lavorare? A volte vestire i panni di un altro ci fa comprendere che non tutto ci è dovuto.

Se avete domande o desiderate consigli potete scrivere un’e-mail a [email protected] con oggetto «#RaccontaloaGiorgia». Tutte le e-mail saranno lette dall’esperta, che il 24.02.2022, alla fine dei dieci consigli, risponderà in una diretta sui profili Instagram e Facebook del CdT.

Nella puntata precedente: Come sopravvivere ai colleghi