Spencer Davis, più leggenda che...sostanza

TENERO - Non tutte le ciambelle vengono con il buco, e non tutti i grandi nomi, alla prova dei fatti, si rivelano all'altezza della loro fama. È capitato anche sabato, nella serata conclusiva delle Tenero Music Nights consumatasi in una cornice di pubblico decisamente al di sotto delle aspettative. Serata che ruotava attorno alla presenza di una leggenda del rock inglese degli anni Sessanta, lo Spencer Davis Group, band passata alla storia non solamente per una manciata di brani indimenticabili (da Gimme Some Lovin' a I'm a Man a Keep On Runnin') ma anche perché fu tra le prime, all'epoca, ad inserire elementi soul e funk all'interno del brit-pop. Tutte caratteristiche che nello show di Tenero non si sono viste. Un po' perché il 74enne chitarrista e cantante di Swansea, i suoi dati anagrafici li ha evidenziati tutti, rivelandosi completamente imbolsito sia vocalmente che alla chitarra e all'armonica, ma anche perché si è presentato assieme ad un quartetto di musicisti "Made in USA" assolutamente modesto e per giunta con attitudini stilistiche avulse al "brand" Spencer Davis Group, ossia orientato verso un rock dalle sfumature country di mediocre qualità. Il risultato è stato uno show fiacco, noioso e con molte pecche vocali e musicali che neppure l'esecuzione dei principali successi della band è riuscito a risollevare. Anzi è proprio in canzoni come Somebody Help Me, Swansea Shuffle e, soprattutto, Gimme Some Lovin' che il buon vecchio Spencer Davis ha, purtroppo, dimostrato tutti i suoi attuali limiti.Se lo Spencer Davis Group ha sostanzialmente "toppato", meglio sono andate artisticamente le altre proposte della serata, dall'apertura acustica affidata ad Andrea Bignasca, all'heavy metal un po' anacronistico ma comunque ben eseguito dei Crystal Ball fino a quello che è stato, alla prova dei fatti, il vero "main act" del sabato sera di Tenero: il concerto del chitarrista e cantante solettese Philipp "Bluedög" Gerber, autentica forza della natura dal profilo scenico, ma anche solido e quadrato musicista hard-blues che sprizza di energia e simpatia muovendosi tra composizioni proprie e classici del genere con consumata abilità. Il suo eccellente set, inoltre, è stato arricchito da un simpatico fuori programma, ovvero un paio di brani durante i quali alla sua band si sono uniti Leo Leoni, Joe Colombo e Danny Lee per quello che è risultato uno dei momenti più riusciti dell'intera kermesse. Che può essere comunque considerata riuscita dal profilo artistico. Un po' meno (parecchio meno, ad essere sinceri) per ciò che concerne la presenza del pubblico, ma questa è tutta un'altra storia...