Spettacoli

Checco Zalone a Lugano: tante risate e una sottile amarezza

Il comico italiano ha riempito la Cornèr Arena con il suo show «Amore + IVA», non sono mancate battute su Lugano e Ambrì – VIDEO
© CdT/Gabriele Putzu
Mauro Rossi
26.01.2023 09:30

Caustico, cinico, sboccato, provocatorio, ma nel contempo geniale, coinvolgente e dietro quella sua maschera di ignorante e superficiale buzzurro, coltissimo e preparato. Questo è Luca Pasquale Medici, alias Checco Zalone, che con il live show intitolato «Amore + IVA» (il primo da un decennio a questa parte) dopo aver sbancato Zurigo, ha riempito mercoledì sera la Cornèr Arena di Lugano come non accadeva da tempo, neppure con le partite hockeystiche di cartello. Uno show nuovo il suo, in quanto ricco di situazioni e sketch in massima parte inediti, ma nel contempo antologico di una carriera ormai ventennale costruita - prima dell'esplosione cinematografica - attorno a irriverenti imitazioni, dissacranti parodie e scorrettissime esasperazioni di vizi, difetti e manie dell'italiano medio. 

Tutte cose che non sono mancate nelle quasi due ore di spettacolo in cui Zalone ha vestito ora i panni del rapper meneghino Ragady (sferzante parodia di certi esponenti della trap presentata lo scorso anno sul palco di Sanremo), ora di un Vasco Rossi «ex drugs & rock'n'roll» e ormai votato ad un estremo salutismo, ora di uno spocchiosissimo Riccardo Muti che distrugge e irride in rapida successione miti quali Chopin e l'opera lirica. Ma anche di un Vladimir Putin grato all'Italia per avergli dedicato una città (la salentina Putignano) e che fornisce una inedita spiegazione dell'invasione ucraina, di Bocelli, Celentano e di altre figure sempre esacerbate ai massimi livelli. Una feroce dissacrazione che non è mancata neppure nei vari sketch con cui ha declinato il tema principale dello spettacolo, l'amore appunto, durante i quali non ha fatto sconti ad alcuno, schernendo tutto è tutti: pacifisti e guerrafondai, fautori del politically correct e razzisti, ipocriti conservatori e falsi progressisti, artisti e gente comune, finanche i «terroni come me che però vivono in Ticino dove, pur di farsi passare per indigeni, fingono di appassionarsi all'hockey e urlano "Forza Lugano"  o "Forza Ambrì"». 

Una costante lunghissima e ininterrotta provocazione, insomma, che ha generato ilarità e risate, scroscianti applausi e ovazioni, ma anche velata da una sottile amarezza. Perché, fondamentalmente, ciò che Checco Zalone nel suo apparentemente scanzonato recital mette inesorabilmente alla berlina, siamo tutti noi. Nessuno escluso.