Eurovision

«La Svizzera potrebbe vincere... e Lugano chiudere il cerchio con Eurovision»

La soddisfazione del direttore generale Jean Philip De Tender: « Abbiamo regalato un sorriso all’Europa in un momento complicato»
Mattia Sacchi
14.05.2022 06:00

«Sono stati giorni fantastici, dove abbiamo dimostrato che Eurovision è molto più che una semplice competizione musicale». È visibile la soddisfazione di Jean Philip De Tender, direttore generale di Eurovision, mentre commenta questi giorni torinesi. «Sono giorni difficili a causa delle tensioni internazionali, ma con questa manifestazione siamo riusciti a unire i popoli, a mandare messaggi positivi e regalare un sorriso e un attimo di leggerezza a chi soffre. In particolare è stato emozionante vedere i rappresentanti ucraini suonare sul palco, consapevoli delle difficoltà che stanno vivendo. Non potevamo trovare un modo migliore di rappresentare i valori di tolleranza, rispetto e inclusione, da sempre pietra angolare di Eurovision».

Ma il numero uno di un’organizzazione del genere riesce davvero ad avere un attimo per rilassarsi e godersi lo show? «Stiamo parlando del più grande evento musicale al mondo, la pressione in questi giorni è tanta e devo fare in modo che tutto proceda nel migliore dei modi. Quindi in questa settimana sono chiamato a dare il massimo: questo non toglie il fatto che sia tutto estremamente divertente, soprattutto quando comincia la diretta e vedi il pubblico reagire alle esibizioni degli artisti sul palco. Ma, dal vedere le prove a incontrare persone da tutto il mondo, che siano delegazioni o collaboratori, ognuno di loro essenziale per la riuscita dell’evento, ogni momento è stimolante e intenso. È un lavoro difficile, ma non posso proprio lamentarmi!”.

De Tender, che ha partecipato a un evento organizzato da TikTok, social media partner dell’Evento, al Museo del Cinema, ha raccontato ai giovani influencer dell’importanza di ricordarsi le origini di Eurovision per apprezzarne meglio il significato e la sua evoluzione. E, quando gli facciamo notare che la prima edizione è stata a Lugano nell’ormai lontano 1956, l’attuale patron della manifestazione replica simpaticamente: «Chissà, forse è arrivato il momento di chiudere il cerchio! La canzone di Marius Bear è molto bella e la Svizzera ha quindi serie opportunità di vincere. Vedremo se anche giuria e pubblico saranno della stessa idea: intanto faccio il mio in bocca al lupo a Marius!».

Oltre la gara

Che non sia solo un concorso canoro, come detto da Jean Philip De Tender, è stato piuttosto chiaro durante tutta la settimana vissuta a Torino. Non solo per i valori morali insiti nello spirito di Eurovision. Per il capoluogo piemontese è stata infatti un’opportunità di rilancio, con la città che si è vestita a festa. In ogni angolo della città era possibile infatti assistere a eventi di ogni genere, in modo da valorizzare le peculiarità torinesi: dai numerosissimi eventi gastronomici a Palazzo Madama per assaggiare specialità come vini, formaggi e cioccolata, ai concerti per strada, che hanno rivendicato l’importanza della scena musicale locale, di artisti conosciuti come Gazzelle e gli Eugenio in Via di Gioia. Questi ultimi hanno spesso suonato con un ospite d’eccezione, il sindaco Stefano Lo Russo, diventato chitarrista per una settimana: «Se tutta la città si è messa in gioco, giusto che anche il primo cittadino facesse lo stesso», commenta divertito il sindaco. In fondo Torino è una delle capitali italiane dell’underground : «Siamo una città di musica e in questa settimana abbiamo voluto ribadirlo, proponendo tanti eventi musicali anche al di fuori degli eventi legati alla competizione. Questo credo abbia dato ancora più spessore a questa edizione di Eurovision, che possiamo considerare un successo». Al di là dei freddi numeri che possono analizzare la riuscita o meno di un evento, Eurovision è stata anche la prima grande manifestazione in Italia dopo lo stop a green pass e mascherine. «Era una sfida che abbiamo voluto cogliere – spiega Mimmo Carretta, assessore al Turismo e ai Grandi Eventi della città - Dovevamo lavorare su due livelli: fare particolare attenzione alle misure di sicurezza, evitando che si creassero focolari, ma allo stesso tempo garantire un clima rilassato e festoso. Un compromesso non facile, ma il duro lavoro ha pagato ottimamente i suoi dividendi». A beneficiare di questo successo non solo l’amministrazione locale e il pubblico, ma anche gli addetti ai lavori i quali, durante la settimana, hanno ricevuto la comunicazione che, visto l’esiguo numero di casi di positività e la rapidità nell’attuazione delle misure di contenimento, non sono più necessari i continui tamponi a cui erano sottoposti. Ormai manca però poco alla finale di Eurovision: la paura di molti cittadini è che i buoni propositi svaniscano non appena il carrozzone si sposterà nella prossima città europea: «Abbiamo organizzato questa manifestazione proprio per evitare questa eventualità – commenta Lo Russo – Senza creare strutture destinate a rimanere inutilizzate, lasciando la sensazione di incompiuto. Questa manifestazione era nata cercando di ricostruire le città dopo la Seconda guerra mondiale. Dopo quasi 70 anni lo spirito è rimasto, sebbene si sia sviluppato nel tempo: anziché costruire da zero, per una città come Torino è questione di valorizzare quello che già c’è».