Concerti

Quattro vecchi amici di nuovo insieme

Stasera al Cinema Teatro di Chiasso la prima data del tour europeo «A MoodSwing Reunion» con cui quattro pilastri del jazz contemporaneo (Joshua Redman, Brad Mehldau, Christian McBride e Brian Blade) ricompongono l’ensemble che li lanciò – E, nel contempo, guardano al futuro
Da sinistra: Brian Blade (batteria), Christian McBride (contrabbasso), Joshua Redman (sax) e Brad Mehldau (pianoforte).
Mauro Rossi
21.10.2022 06:00

In ambito jazz è uno degli eventi «clou» della stagione ticinese il concerto, inserito nel cartellone della rassegna di Rete Due «Tra jazz e nuove musiche» con cui, stasera, al Cinema Teatro di Chiasso (inizio alle 21.00) si aprirà il tour europeo di uno dei quartetti più «cool» della scena contemporanea, composto dal sassofonista Joshua Redman, dal pianista Brad Mehldau e da una solida base ritmica costituita dal contrabbasso di Christian McBride e dalla batteria di Brian Blade.

Un fenomenale ensemble la cui storia parte da lontano, dalla prima metà degli anni Novanta quando il poco più che ventenne Redman, allora più noto quale figlio d’arte (il papà, Dewey Redman - anch’egli sassofonista – è stato un pilastro della scena «free») che come solista, mise assieme il suo primo vero quartetto assieme ad altri coetanei di belle speranze (Mehldau, McBride e Blade, appunto). Il risultato fu un album, Mood Swing, che fece molto parlare di sé per il grande talento evidenziato dall’ensemble ma anche perché composto da brani che se da un lato cercavano di percorrere in modo originale i sentieri più innovativi del jazz contemporaneo, dall’altro mantenevano quel carattere «leggero» in grado di farli apprezzare anche da un pubblico diverso da quello del jazz.

Un trampolino di lancio

Un album che per certi versi fece da volano alla carriera solistica dei quattro: Redman è divenuto uno dei sassofonisti più originali e interessanti della scena jazz internazionale grazie ad una padronanza magistrale dello strumento che gli consente un controllo pressoché perfetto di ogni sfumatura di suono. Dote che combinata con un’anima e una sensibilità straordinarie, gli permette di rendere le sue esecuzioni trascinanti, istintive e nel contempo curatissime e impeccabili. Brad Mehldau ha fatto probabilmente ancora meglio imponendosi, come sostiene il «New York Times», quale «pianista jazz più influente degli ultimi 20 anni», nonché «una delle voci più liriche e intime della scena contemporanea capace di combinare l’essenza dell’esplorazione jazz con il romanticismo classico e fascino pop». Forte dei successi ottenuti sia come bandleader, sia a fianco di altri artisti, sia come compositore di colonne sonore, Mehldau è uno dei pochi artisti capaci di raccogliere in egual misura l’ammirazione dei puristi del jazz e degli appassionati di musica più leggera grazie alla capacità di amalgamare nella sua musica differenti stili e all’abilità nello spaziare tra i più repertori più diversi: dai Beatles a Cole Porter, dai Radiohead a Gershwin a Nick Drake. Meno appariscente ma altrettanto ricco di soddisfazioni pure il cammino di Christian McBride e Brian Blade: il primo grande virtuoso del suo strumento e tra i più prolifici musicisti della sua generazione in quanto a incisioni (ha all’attivo oltre 300 registrazioni come sideman prima dei suoi 40 anni) e con in bacheca ben 3 Grammy Award; quotatissimo batterista della scena americana il secondo – anche lui con in casa un Grammy, ottenuto nel 2013 per album Trilogy realizzato insieme a Chick Corea – che alle bacchette, ogni tanto, ama alternare il microfono proponendosi addirittura nelle vesti di cantautore.

Venticinque anni dopo

Quattro grandi musicisti che pur non essendosi mai persi di vista durante tutto questo tempo – ognuno di loro ha infatti proficuamente collaborato a turno con gli altri – un quarto di secolo dopo, nel 2019, hanno deciso di concedersi una rimpatriata. «Abbiamo provato per un pomeriggio, abbiamo fatto due serate a Marlboro, New York, e poi siamo entrati in studio», racconta Redman. «Appena abbiamo iniziato a suonare, la magia era ancora lì». Il risultato di questa reunion è un album RoundAgain che ha ripreso il discorso interrotto a metà degli anni Novanta ma con l’aggiunta del notevole bagaglio di esperienza maturato dai quattro: il tutto al servizio di un jazz profondo e leggero allo stesso tempo, in cui il virtuosismo ha un ruolo importante ma senza mai perdere di vista quell’elemento melodico che permette ai sette brani che lo compongono (firmati, al contrario di Mood Swing quasi tutto farina del sacco di Redman, in egual misura da tutti i musicisti) di risultare accattivante anche a un pubblico più ampio. «Il disco non poteva essere un semplice revival del Joshua Redman Quartet del 1994», spiegò in proposito il sassofonista. «Certo, avevo più di 20 tracce che sarebbero state perfette per questa band. Ma era importante che fosse uno sforzo veramente collettivo. Tutti dovevano contribuire con materiale nuovo di zecca. Dati i groove, gli stili e gli stati d’animo che conosciamo, sapevo che avremmo potuto creare varietà e allo stesso tempo creare un programma mirato e conciso».

Il presente

Il successo dell’album (RoundAgain negli States è entrato nella «Top Ten» e anche nel nostro Paese è arrivato alla posizione n. 8 delle classifiche di vendita) ha poi spinto il quartetto a non attendere un altro quarto di secolo prima di un’altra reunion. Tanto che in questi giorni è stato pubblicato un nuovo lavoro, LongGone (vedi recensione nel box a lato), le cui composizioni troveranno sicuramente spazio nel tour europeo dell’ensemble che prende il via, appunto, stasera a Chiasso. Biglietti ancora disponibili su www.ticketcorner.ch o allo sportello del Cinema Teatro.