La storia

Un ambasciatore ticinese alla corte di Federico X di Danimarca

Mauro Reina, diplomatico di stanza a Copenhagen, ha appena vissuto la fine del lunghissimo regno di Margherita II: «Nessuno se lo sarebbe mai aspettato, ma i danesi hanno accolto benissimo l'avvicendamento»
© Keld Navntoft
Stefania Briccola
27.01.2024 12:00

Danimarca e Svizzera hanno molti aspetti in comune. Dall’estensione del territorio alla popolazione, fino al livello di vita invidiabile. Non a caso, si trovano spesso insieme nella classifica dei primi dieci Paesi più felici al mondo, secondo il World Happiness Report. Le relazioni bilaterali fanno leva su interessi condivisi, tra cui l’attenzione per l’ambiente, lo sviluppo sostenibile, ma anche la ricerca, la formazione e l’innovazione. La Danimarca, ancora, vanta un forte senso di responsabilità comune per il benessere sociale, che si riflette in diversi ambiti. Un asso nella manica di questo Paese nordico è anche il sovrano regnante, che ha un evidente impatto sulla popolazione e le relazioni internazionali. Ora, dopo Margherita II, la regina intellettuale e poliglotta che ha modernizzato la monarchia, tocca a Federico X. La sovrana, infatti, lo scorso dicembre – all'improvviso – ha abdicato a suo favore dopo 52 anni di regno. Di questo, e non solo, abbiamo parlato con Mauro Reina, ambasciatore di Svizzera di stanza a Copenaghen, diplomatico con 34 anni di carriera alle spalle in diversi continenti. Un’esperienza che gli ha permesso non solo di rappresentare il nostro Paese, ma anche di essere testimone della storia e di avvenimenti eccezionali. Come questo avvicendamento.

Ambasciatore Reina, che impressione ha avuto della Danimarca all’indomani dell’abdicazione di Margherita II e della successione al trono di re Federico X?
«Sono arrivato in Danimarca come ambasciatore della Svizzera da sei mesi e non mi aspettavo certo che la regina desse le dimissioni. Come tutti i danesi del resto, dai politici alla popolazione: nessuno aveva previsto questo annuncio di Margherita II alla fine del tradizionale discorso alla nazione del 31 dicembre. La notizia mi ha colto di sorpresa mentre ero in auto a Copenaghen e stavo andando a festeggiare il Capodanno. La regina di Danimarca, Margherita II, ha annunciato che avrebbe abdicato il 14 gennaio dopo 52 anni di regno».

I danesi come hanno accolto questa decisione improvvisa?
«C’è stato un momento iniziale di sgomento da parte dei danesi, ma poi tutti hanno approvato questa decisione. Il periodo di transizione è stato cortissimo perché il nuovo re, Federico X, si è insediato sul trono di Danimarca il 14 gennaio scorso. Pare che Margherita II abbia dato la notizia della sua abdicazione al figlio solo tre giorni prima dell’annuncio ufficiale. La cerimonia di intronizzazione di Federico X, poi, si è trasformata in una festa popolare. E questo perché, allo stesso tempo, la folla ha ringraziato la sovrana uscente per i 52 anni di regno e ha accolto con entusiasmo il nuovo re con la regina consorte. Questa decisione, al passo con i tempi, probabilmente verrà imitata dalle altre monarchie scandinave. Anche perché il cambio di un regnante per sopraggiunta morte è sempre un evento doloroso».

Lei ha avuto ancora la possibilità di conoscere la regina di Danimarca….
«Sono stato fra gli ultimi ambasciatori che hanno presentato le credenziali a Margherita II, lo scorso settembre. In seguito, il 3 gennaio ho partecipato a un ricevimento di scambio di auguri che la regina organizza con il corpo diplomatico nel castello di Christiansborg. La sovrana di Danimarca era presente insieme ai principi ereditari. Margherita II rappresentava il suo Paese a tempo pieno e, ora, avrà più tempo per coltivare i suoi numerosi interessi culturali e hobby. Sia Federico X sia Mary di Danimarca godono di grande popolarità e sono impegnati come ambasciatori degli interessi economici danesi nel mondo. In Svizzera non ci rendiamo conto che le monarchie hanno una carta importantissima da giocare nelle relazioni internazionali. Il sovrano, che regna per lungo tempo, non dipende dagli umori degli elettori e ha un impatto diverso da un capo di Stato eletto. Sono in diplomazia da 34 anni e ho vissuto da vicino l’impatto in vari Paesi della visita di Stato di un re o di una regina».

Svizzera e Danimarca sono due Paesi relativamente piccoli, ma prosperi e caratterizzati da un livello di vita simile e invidiabile

Quali affinità ci sono tra Danimarca e Svizzera?
«Premetto che sono ancora in fase di apprendistato, perché quando un diplomatico arriva in un nuovo Paese ha bisogno di almeno un anno per capire come funziona. Svizzera e Danimarca sono due Paesi relativamente piccoli, ma prosperi e caratterizzati da un livello di vita simile e invidiabile. Entrambi vivono tanto sull’export, del resto è il destino dei piccoli Paesi che non hanno un mercato interno sufficiente per smaltire la loro produzione. Si tratta anche di due Paesi diversi: la Danimarca è molto più omogenea della Svizzera, plurilingue e organizzata in cantoni, ospita una percentuale di stranieri molto minore ed è conosciuta in Europa per la politica molto restrittiva in ambito migratorio. Ho l’impressione che qui l’individuo conti, ma che abbia molta importanza anche il gioco di squadra. Per quanto riguarda la vita familiare, la Danimarca è eccezionale, in particolare per chi ha dei figli piccoli che vanno al nido: questo Paese permette di conciliare al meglio il lavoro e la vita privata. In ambito internazionale, Svizzera e Danimarca promuovono la democrazia e il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale, ma nel caso del conflitto in Ucraina hanno approcci diversi, ad esempio per quanto concerne la fornitura di armi. La Danimarca è membro dell’Unione Europea e della NATO e intrattiene relazioni molto strette con gli Stati Uniti. Mi ha sorpreso l’unità del popolo danese a favore dell’appoggio all’Ucraina».

Perché la Danimarca non condivide la neutralità della Svizzera riguardo all’Ucraina?
«La Svizzera è situata al centro all’Europa, protetta indirettamente dalla NATO e lontana migliaia di chilometri dal territorio del conflitto Russia-Ucraina. Invece, la Danimarca è molto più vicina alla zona teatro di guerra, ha un forte legame con i Paesi Baltici e ancor più saldo con tutti i Paesi scandinavi. C’è la convinzione che questo appoggio all’Ucraina sia in fondo anche una difesa del resto del continente».

In Danimarca c’è grande attenzione agli effetti del cambiamento climatico e all’energia rinnovabile, un tema caro anche alla Svizzera.
«La produzione di elettricità in Danimarca, almeno nei mesi estivi, deriva unicamente dalle energie rinnovabili. In Groenlandia, che fa parte del Regno di Danimarca ma non dell’Unione Europea, gli effetti del cambiamento climatico sono evidenti e alquanto drammatici. Questi effetti contribuiscono ad aumentare la consapevolezza della popolazione. È meno noto, per quanto riguarda l’impatto dell’agricoltura sull’ambiente, il fatto che questo Paese scandinavo sia il più grande produttore pro-capite di carne suina del mondo. Anche i danesi, insomma, hanno qualche compito da fare, ma per quanto riguarda la produzione energetica sono più avanti di noi. La Danimarca ha scelto da almeno 40 anni di non avere energia nucleare e ha puntato molto sull’energia eolica. Questo settore rappresenta anche un terzo del suo export, che si affianca per importanza a quello farmaceutico».

La politica fiscale danese? È stata una sorpresa venendo dalla Svizzera, dove a livello politico si cerca di limitare l’imposizione fiscale e di favorire la concorrenza tra i cantoni e i comuni

Come è la politica fiscale danese?
«È stata una sorpresa venendo dalla Svizzera, dove a livello politico si cerca di limitare l’imposizione fiscale e di favorire la concorrenza tra i cantoni e i comuni. Tra i danesi provenienti dalle classi più agiate nessuno si lamenta del peso fiscale, anche se è costretto a lavorare fino ad agosto solo per pagare le tasse. E questo perché c’è un ritorno tangibile. In Danimarca c’è uno stato sociale molto forte, con infrastrutture all’avanguardia. Mi sembra che la gente accetti i sacrifici richiesti perché vede dove vanno a finire i soldi versati».

A quali obiettivi sta lavorando nelle relazioni tra Danimarca e Svizzera?
«L’obiettivo principale è quello di rafforzare i legami tra i due Paesi.  Proprio questa settimana il Consiglio federale ha deciso di firmare una dichiarazione d’intenti sulla cooperazione bilaterale con la Danimarca nei settori della formazione universitaria, della ricerca e dell’innovazione. Questo memorandum, che sarà firmato a Copenaghen il prossimo 20 marzo dal Consigliere federale Guy Parmelin e dalla sua omologa danese, crea le condizioni per una collaborazione ancora più stretta tra Università, istituti di ricerca e imprese in ambiti come il quantum, ma anche nella ricerca farmaceutica. Si tratta di Paesi all’avanguardia su questi temi: ci sono anche fondazioni e istituti che dispongono di grandi risorse per intensificare gli scambi. Molti giovani svizzeri, una volta terminata l’Università, vengono in Danimarca a lavorare nell’ambito della ricerca. E viceversa».

Che cosa le manca del Ticino, il cantone in cui è nato?
«Sono originario di Agno, dove la mia famiglia vive da quattro generazioni. Del Ticino mi mancano il clima, soprattutto durante l’inverno danese, e gli affetti. Copenaghen è una città che offre di tutto e di più in ambito culturale, sportivo e gastronomico, tuttavia ho nostalgia di certi piatti tipici ticinesi, come la polenta».

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