Cent'anni fa

Un'estate turbolenta, senza caldo e con un rosario di piogge e venti

Le notizie del 2 agosto 1925
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Nicola Bottani
Nicola Bottani
02.08.2025 06:00

La Nota

…e volgiamo un pensiero pietoso ai quei nostri concittadini che sono stati costretti ad abbandonare le fresche e dolci aure della città, i deliziosi zefiri primaverili che danno a questa nuova estate il lieto aspetto di una maggiolata per correre a passare le loro vacanze sui monti, dove l’inverno ogni due o tre giorni fa la sua ricomparsa come certi ospiti indiscreti che con la scusa di avere dimenticato o il cappello, o i guanti, o l’ombrello, o la testa tornano e non si decidono mai ad andarsene definitivamente fuori dei piedi.

In montagna d’estate si sta bene. Questo lo sanno tutti, lo dicono le guide, i manifesti murali che portano certi paesaggi a sole, ad ombre, a verde e ad azzurro, ma quando è d’estate; ora chi potrebbe assumersi oggi la responsabilità di affermare che siamo in estate? Dov’è il caldo, elemento indispensabile per formare quella stagione che viene definita l’estate? È assai se per isbaglio scappa qualche giornata in toilette estiva; si può star sicuri che a quella giornata segue un rosario di pioggie e di venti.

Non occorrono grandi sforzi di fantasia per immaginarsi le delizie della montagna. Una mattinata splendida, verso mezzogiorno acqua, sul tramonto uno sfolgorio di sole, verso mezzanotte rumori di scarpe sulle scale e fuori, scrosci di pioggia. Questo è il menu abituale. Oppure una serata splendida, un cielo fitto di stelle, si direbbe che tutti i chiodi piantati dall’Europa durante la guerra, quei chiodi che fanno strillare i farmers americani del collega Crespi, si siano dati convegno sulla volta nera del cielo. Si organizza un’escursione, finalmente! Si preparano le scarpe chiodate, alpenstocks, i sacchi con le cibarie, i mazzetti di edelweiss, la macchina per le istantanee, si carica la sveglia. Alla mattina la sveglia è puntuale, desta tutto l’albergo come un allarme d’incendio, ma non altrettanto puntuale è il tempo; le stelle, i chiodi d’oro e d’argento sono scappati; e dal cielo nero come la tasca di un fallito onesto cade, naturalmente, la pioggia. E addio escursioni!

La giornata si trascina lenta, aa furia di sbadigli, di partite alle carte, di ballonzoli, di rimasugli di pettegolezzi cittadini, di corserelle sotto la pioggia e finisce accanto al fuoco come una banale serata d’inverno.

Credo di non dover spendere altre parole oltre le troppe che ho speso per persuadere di quanta pietà siano degni quei nostri concittadini che non hanno la fortuna di trovarsi qui con noi al piano a godersi le delizie di una estate primaverile senza sorprese, senza noie e senza conti dell’albergo.

Gavroche

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