Il caso

E la Cina dice addio (per ora) a World of Warcraft

Il gioco, popolarissimo fra i cinesi, andrà offline a causa di una disputa tra lo sviluppatore statunitense Blizzard e il partner locale NetEase
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Red. Online
23.01.2023 14:37

Milioni e milioni di giocatori cinesi di World of Warcraft, gioco di ruolo definito «epico» dai suoi più accesi sostenitori, si vedranno costretti a salutare la terra di Azeroth. Il gioco, infatti, andrà offline a causa di una disputa tra lo sviluppatore statunitense Blizzard e il partner locale NetEase. Una frittata in piena regola, già.

Popolare, anzi popolarissimo in tutto il mondo – soprattutto negli anni Duemila – World of Warcraft è un multiplayer online ambientato in un mondo fantasy medievale. È un gioco molto coinvolgente, tant’è che i suoi sostenitori vi passano centinaia di ore.

L'accordo mancato

Blizzard, al centro di una contestata fusione con Microsoft, è presente in Cina con i suoi giochi dal lontano 2008. Grazie, appunto, alla collaborazione con NetEase. Secondo la legge cinese, infatti, gli sviluppatori stranieri che intendono operare nel Paese del Dragone devono per forza di cose collaborare con le aziende locali.

Dopo quattordici anni di collaborazione e una community di videogiocatori ampissima, tuttavia, Blizzard e NetEase lo scorso novembre hanno annunciato di non aver trovato un’intesa sul rinnovo del contratto. Apriti cielo. Di conseguenza, i server cinesi di World of Warcraft andranno offline a strettissimo giro di posta. Anche altri titoli dello sviluppatore californiano, fra cui Overwatch, Diablo III e Hearthstone, subiranno la stessa sorte. Un utente di Weibo, il social cinese, ha scritto sconsolato: «È la fine». E ancora: «Non era solo un gioco. Erano anche i ricordi di un’intera generazione di giovani cinesi» ha scritto un altro.

Soluzioni e alternative

Intendiamoci: nessuno, probabilmente, pensava di arrivare a un finale del genere. Blizzard China, per dire, ancora la scorsa settimana ha chiesto un’estensione del contratto per ulteriori sei mesi in via del tutto eccezionale. No, ha risposto NetEase.

Alla fine del 2022, il presidente di NetEase, Simon Zhu, aveva commentato così la vicenda su LinkedIn: «Un giorno, quando ciò che è accaduto dietro le quinte potrà essere raccontato, sviluppatori e giocatori avranno una comprensione completamente nuova di quanti danni può fare un idiota».

Blizzard, ad ogni modo, per tutto questo tempo si sarebbe mosso per individuare nuovi, potenziali partner per continuare a offrire i suoi titoli in Cina. In questo senso, la disattivazione dei server non è la fine come ha sostenuto l’utente di Weibo citato poc’anzi ma, piuttosto, una banale sospensione temporanea. I dati degli utenti possono essere salvati e utilizzati quando i giochi torneranno a essere disponibili in Cina.

Come ha sottolineato il Guardian, la notizia può avere risvolti inaspettati e – va da sé – positivi: Ma Wu, uno dei milioni di giocatori di World of Warcraft, passava fino a tre ore al giorno davanti allo schermo: «Non ho dato abbastanza tempo a mia moglie. Ora che World of Warcraft è andato, voglio fare ammenda».

Viene da chiedersi, concludendo, quanto la guerra tecnologica fra Pechino e Washington possa avere influito sul caso specifico. 

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