La riflessione

I beni digitali e il rischio di vederli sparire

La console virtuale Stadia chiude a gennaio: una brutta notizia per tutti noi, non solo i gamer
Paolo Paglianti
15.10.2022 13:15

Negli ultimi dieci anni, la mia vita è passata dal fisico al digitale. Non è successo nel giro di una notte, ma poco per volta le delizie e la comodità del digitale hanno conquistato grossomodo tutto il mio «intrattenimento».

Ricordo che 10 anni fa compravo CD musicali, DVD e Blu-Ray, videogiochi nei negozi, romanzi e saggi sugli scaffali delle librerie. Oggi ascolto al 99% musica da Spotify, i telefilm e film li vedo in streaming, le console che ho in casa non hanno nemmeno il lettore DVD, e così neanche il PC.

È tutto comodissimo: quando scopro che Micheal Connelly ha pubblicato un nuovo romanzo, posso comprare l’edizione inglese e leggermela cinque minuti dopo sul Kindle senza aspettare una settimana per la spedizione. Lo stesso per il nuovo brano dei Måneskin: niente più gita in centro per prendere il CD e magari scoprire che era esaurito, il tempo di aprire la App e lo stavo già ascoltando. Mi rendo anche conto che un impulso enorme lo ha dato la maledetta pandemia e il seguente lockdown: se non puoi uscire a comprare il bene fisico, sei portato a cercarlo in digitale. Una volta scoperto quanto è comodo, immediato e spesso più economico tornare indietro.

I videogiochi hanno anticipato la tendenza: su PC si gioca senza comprare dischi o dischetti da almeno due decenni, da quando cioè è arrivato Steam, lo store più grosso dei videogame PC. Su Steam non solo acquisti immediatamente il gioco senza aspettare spedizioni o disponibilità, ma il programma tiene aggiornati i tuoi videogiochi (prima, lo ricordo bene, era una vera tortura andare a caccia di patch) e ti aiuta a trovare amici per giocare online. Oggi succede praticamente lo stesso su tutte le console, anche se per i titoli più importanti è comunque possibile comprare la versione fisica su disco o cartuccia.

Sembrano vincere tutti – a parte naturalmente i negozianti, ma questa è un’altra storia. Poi a un tratto, Google ha annunciato che chiuderà Stadia, e tutte le mie certezze hanno vacillato.

Prima di tutto, raccontiamo che è successo. Google, il gigante dietro a Maps, al sistema operativo Android, al motore di ricerca omonimo, lancia periodicamente degli «esperimenti». Alcuni funzionano alla grande, come appunto Maps, altri dopo un po’ non funzionano, e vengono chiusi – è successo con il social Google+, che doveva minacciare Facebook, per esempio. Stadia è uno di questi esperimenti, un’incursione di Google nel mondo dei videogame lanciata a fine 2019.

Come funziona(va) Stadia?

Essenzialmente, Stadia è (era) una console virtuale: bastava collegare un joypad bluetooth a uno schermo capace di far funzionare Youtube, e potevi giocare senza comprare console o altro hardware. Il trucco c’è ma non si vede. Funziona tutto via streaming: come oggi vediamo le serie TV senza DVD, e arrivano come flusso di dati ad alta velocità, i videogiochi di Stadia «giravano» su un server da qualche parte in Alaska o Groenlandia. Oltre a «ricevere» le immagini in movimento del gioco, «spedivamo» il nostro input quando si impartisce un comando. L’unico requisito di Google Stadia era di avere una connessione veloce, tutto qua. Non c’era bisogno nemmeno di abbonarsi: una volta creato l’account sul televisore o sul PC, bastava poi comprare i videogiochi e il gioco era fatto. Comodo, veloce, spesso più economico che comprare lo stesso titolo su Xbox o PlayStation. Stadia conobbe un momento di popolarità ben più lungo del quarto d’ora previsto da Andy Warhol quando, a fine 2020, uscì il videogioco Cyberpunk 2077, che su PlayStation soffriva di enormi bug e rallentamenti, mentre su Stadia girava assai meglio.

Nonostante questo, le voci di chiusura si sono susseguite per mesi: Google stessa era intervenuta via Twitter per confermare che no, il progetto andava avanti non più tardi dello scorso agosto. Invece, qualche settimana fa, la doccia fredda: Google Stadia interromperà il servizio a inizio 2023. I motivi non sono espliciti, ma possiamo immaginarli: pochi utenti, pochi acquisti, e Google passerà a un nuovo progetto. Si sa che i giocatori riceveranno un rimborso per i giochi comprati, anche se capiremo bene solo a gennaio come funzionerà esattamente il refund.

Verso l'oblio

Quel che è certo è che il tempo «speso» nei giochi su Stadia scivolerà verso l’oblio. Molti giochi moderni richiedono ore e ore per essere conclusi. Basta pensare i titanici Assassin’s Creed, allo stesso Cyberpunk che richiede circa 30 ore per completarlo e di cui uscirà l’anno prossimo una espansione; le carriere con gli sportivi come NFL e Moto GP 21 o i personaggi di un gioco di ruolo come Baldur’s Gate. Questo tempo, questi progressi spariranno nel nulla. Certo, non è una novità: le console e i computer di casa, da quando esistono, hanno un ciclo di vita e quando si esaurisce finiscono in cantina, sostituite dal nuovo modello. Tuttavia, avere il Commodore 64 e il Megadrive in garage mi ha sempre dato una certa sicurezza: quando vorrò rigiocare a Mission Impossible, la cassetta sarà lì ad aspettarmi.

Google Stadia invece ci fa riflettere su quanto dipendiamo dal mondo digitale, e quanto poco sia «nostro». Qualcuno può decidere, dall’altra parte del mondo, che un certo device non deve più funzionare e noi perdiamo tutto quello che abbiamo salvato lì dentro. Chiaro, un incendio potrebbe devastare la nostra collezione di libri «fisici» e DVD, ma intuitivamente la considero una situazione diversa da Google che domani decide di chiudere Gmail e farmi perdere 20 anni di email.

Ovviamente, continuerò a acquistare beni digitali: è troppo più comodo, veloce e economico. Per certi versi, ci sono quasi costretto: dal salotto è sparito il lettore Blu-Ray, per esempio, e la musica in famiglia la ascoltiamo quasi solo via Amazon Alexa e Spotify. Tuttavia, qualche preoccupazione per quello che potrebbe succedere, pensando a Stadia, mi è venuta. Mi posso dire che oggi è meglio di ieri, e ne sono anche convinto: ho accesso a decine di migliaia di contenuti che in passato non avrei mai potuto nemmeno pensare di vedere, leggere, ascoltare. I benefici del digitale sono evidenti e molteplici, ma anche doverose conoscere i suoi limiti. Stadia mi ha ricordato che possiamo perdere un gioco, un libro o un film, ma soprattutto che l’eventualità è totalmente fuori dal nostro controllo: e questo un pochino fa venire i brividi.

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