Il ricordo

1992: l’estate più pazza della storia bianconera

Trent’anni fa l'Hockey Club Lugano passava da Slettvoll a Murray, in pista invece c'era il mito Larionov
Fernando Lavezzo
29.07.2022 06:00

Con l’hockey-mercato agli sgoccioli, facciamo un salto indietro di trent’anni. L’estate del 1992 fu una delle più movimentate di sempre in casa bianconera. Chiusa la prima era Slettvoll, il Lugano del presidente Fabio Gaggini abbracciò la rivoluzione affidando la squadra al tecnico canadese Andy Murray. Fu un fallimento, ma in quei caldi mesi i tifosi non si annoiarono di certo, con Sven Leuenberger e Patrick Howald strappati all’odiato Berna, il doloroso passaggio di Andy Ton allo Zurigo, il mancato arrivo dei russi Igor Boldin e Nikolai Borschevski e l’approdo del mitico Igor Larionov.

Il 17 marzo del 1992, dopo sei finali e quattro titoli nazionali, l’HC Lugano venne inaspettatamente eliminato nei quarti di finale dallo ZSC dell’emergente Arno Del Curto. «Fu la fine di un ciclo», ricorda Jörg Eberle. Un paio di settimane più tardi, infatti, il club bianconero decise di separarsi da John Slettvoll. Il comunicato stampa arrivò domenica 29 marzo, in tarda serata, appena in tempo per riportare la notizia bomba in un trafiletto: «La direzione ha constatato che la situazione venutasi a creare nell’ambito del club e dei suoi sostenitori potrebbe in futuro compromettere il buon esito della conduzione tecnica».

Il coach svedese, giunto in Ticino nel 1983, comprese i motivi dell’addio («Che una squadra cambi allenatore dopo un insuccesso è normale»), ma criticò aspramente la tempistica («Se me l’avessero detto prima avrei avuto la possibilità di trovare un altro datore di lavoro») e soprattutto il modo in cui l’HCL chiuse il lungo rapporto di collaborazione: «Subito dopo l’eliminazione, la dirigenza aveva manifestato la volontà di proseguire con me. Dopo nove anni insieme, non posso accettare un simile trattamento».

Rivoluzione nordamericana

Il 7 aprile, i bianconeri ufficializzarono il nome del loro nuovo coach: il 41.enne canadese Andy Murray, da tre stagioni assistente allenatore dei Minnesota North Stars in NHL. A lui faceva la corte pure il Berna, alla ricerca del successore di Bill Gilligan. «Murray era già conosciuto in Svizzera, dove tra il 1981 e il 1988 aveva guidato Kloten, Zurigo e Zugo», ricorda bene Jörg Eberle, capitano di quel Lugano. «Per noi fu un grosso cambiamento, la sua filosofia era diversa da quella di Slettvoll e all’epoca le differenze con l’hockey nordamericano erano molto più marcate di oggi».

Arrivano gli orsi

L’8 aprile del 1992, 24 ore dopo aver annunciato il nuovo allenatore, l’HCL ufficializzò gli arrivi del difensore Sven Leuenberger e dell’attaccante Patrick Howald, due pilastri del Berna e della Nazionale. A fine mese, un mito bianconero prese la via di Zurigo: Andy Ton. «Sarei rimasto volentieri, ma i dirigenti non erano d’accordo di lasciarmi lavorare a metà tempo come avevo chiesto», spiegò durante i Mondiali di Bratislava lo storico numero 22. «Fu una grossa perdita», ammette Eberle. «Andy fece molto bene nei due anni allo ZSC, poi per fortuna tornò a Lugano e giocammo un ultimo anno insieme, prima della mia partenza per Kloten. È sempre stato un grande amico, siamo cresciuti a 10 km di distanza».

Nelle loro due stagioni alla Resega, invece, Leuenberger e Howald non lasciarono il segno: «Erano giovani», ci dice Eberle. «Avevano entrambi 23 anni e per loro non fu facile inserirsi in un gruppo come il nostro, in cui diversi giocatori avevano contribuito a scrivere la storia del club. A Berna avevano un ruolo diverso».

Due russi sul jet

L’estate bianconera fu particolarmente incandescente sul fronte degli stranieri. Salutati i canadesi Gilles Thibaudeau (accasatosi in NLB a Davos) e Gaston Gingras (finito in Italia, al Gardena), il primo nome «caldo» fu quello del canadese Mike Bullard, in forza all’Ambrì Piotta nel 1990-91 con un bottino di 36 gol in 36 partite. Dopo una stagione frustrante in NHL, a Toronto, Mike manifestò il desiderio di tornare in Svizzera. Il Lugano, narrano le cronache dell’epoca, gli aveva già telefonato durante l’autunno precedente. Anche lo stesso Andy Murray gli aveva parlato per un’ora, quando pensava di potersi sedere sulla panchina dello Zugo. Non se ne fece nulla e Bullard finì in NLB, al Rapperswil, per poi giocare altri dieci anni in Germania.

L’interesse del Lugano si era orientato su due forti attaccanti russi, Igor Boldin e Nikolai Borschevski, freschi di medaglia d’oro olimpica e compagni di squadra nello Spartak Mosca allenato dal futuro tecnico biancoblù Alexander Yakushev. Ai due era seriamente interessata anche una neonata franchigia di NHL, i Tampa Bay Lightning, ma l’HCL vinse la concorrenza. La sera del 5 giugno, i due atterrarono ad Agno, accolti da un centinaio di tifosi con sciarpe e bandiere. Fabio Gaggini e il direttore sportivo Fausto Senni li avevano prelevati a Mosca con un jet privato. Una foto, scattata subito dopo l’atterraggio, ritrae i due giocatori davanti al velivolo, tra Fabio Gaggini e Geo Mantegazza. Borschevski regge la maglia bianconera. C’erano già le firme sul contratto (un anno più opzione), ma non ancora l’indispensabile visto della federazione russa. «Una formalità», assicurò l’agente Jürg Schmellentin.

Imprevisto a Mosca

Il Lugano era convinto di aver trovato i suoi «Bykov e Chomutov», ma il destino decise altrimenti. Il 30 giugno, Igor Boldin venne coinvolto in un incidente automobilistico a Mosca, riportando gravi fratture alle gambe. Per lui, una prognosi di sei mesi di stop e addio Lugano. L’HCL si mise subito alla ricerca di un sostituto e immediatamente emerse il nome del 32.enne Igor Larionov, centro del leggendario superblocco sovietico completato da Fetisov, Kasatonov, Krutov e Makarov, oro olimpico nel 1984 e nel 1988.

In attesa di buone notizie da Vancouver, dove Larionov giocava da tre anni, il Lugano perse anche Borschevski. Dopo l’infortunio dell’amico Boldin, Nikolai decise infatti di trasferirsi subito in NHL, firmando per i Toronto Maple Leafs.

Al di là di Larionov, serviva comunque un altro straniero. Tornò d’attualità il nome di Mike Bullard, insieme a quelli di Sergei Makarov e del ceco Peter Rosol. Quest’ultimo avrebbe dovuto rinforzare il Lugano nei playoff del 1992, a partire dalle semifinali, ma i bianconeri vennero eliminati prima del previsto.

Questione di stile

Il 16 luglio del 1992, Larionov venne presentato ufficialmente alla stampa ticinese: «Il contratto con i Canucks era giunto a scadenza e le trattative tra i dirigenti di Vancouver e la federhockey russa erano a un punto morto. Ho così iniziato a parlare con il Lugano e in brevissimo tempo abbiamo trovato un accordo». «Di giocatori importanti alla Resega ne avevamo già visti, ma l’arrivo di Larionov fu qualcosa di speciale», racconta Eberle. «Non era più giovanissimo, ma ha giocato ad altissimi livelli per tanti anni ancora. Ricordo un gentiluomo molto riservato».

Il 21 luglio, il club confermò anche l’ingaggio di Rosol. La rosa bianconera era finalmente completa. Alla presentazione del 3 agosto, sulla vetta del Generoso, Andy Murray disse di voler dare all’HCL «uno stile più creativo e aggressivo in attacco». Ad inizio settembre, durante il Trofeo Città di Lugano, il tecnico canadese cambiò stile alla squadra in tutti i sensi, pretendendo che i giocatori indossassero giacca e cravatta prima e dopo le partite.

La rivoluzione fallì già in dicembre. Tanti saluti a Murray e benvenuto al nuovo allenatore. Un certo John Slettvoll. Al posto del deludente Peter Rosol, i bianconeri ingaggiarono il canadese Brian Propp, che con un Larionov finalmente ristabilitosi dalla pubalgia, formò un mix esplosivo. Il Lugano uscì in semifinale, battuto dal Kloten. Larionov tornò in NHL, dove vinse due Stanley Cup con i Red Wings. Ma quella folle estate bianconera non se la scorda più neanche lui.

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