Hockey

«A 12 anni mi dissero che avevo il diabete, ma pensai solo a tornare sui pattini»

Il bianconero Aleksi Peltonen si racconta: l'infanzia a Lugano, il fratello Jesper, i consigli di papà Ville e la sospensione per uso di insulina causata da un errore del Davos
Fernando Lavezzo
23.01.2024 06:00

Sabato scorso, a 25 anni, Aleksi Peltonen ha ottenuto il suo primo punto tra i professionisti. Un assist per Marco Zanetti, valso il prezioso 3 a 3 contro il Berna. Arrivato ad inizio gennaio da Davos, il fratello gemello di Jesper - nonché figlio di Ville, leggenda bianconera - ci racconta le sue emozioni e la sua storia.

Infanzia ticinese

Aleksi e Jesper Peltonen sono nati l’8 giugno del 1998. Giusto il tempo di emettere qualche vagito, ed ecco il primo trasloco dall’altra parte dell’oceano. Quella stessa estate, infatti, papà Ville passò dagli svedesi del Västra Frölunda ai Nashville Predators, neonata franchigia di NHL. I gemelli trascorsero i primi tre anni di vita in Tennessee, nella capitale della musica country. Poi, nel 2001, il rientro in Finlandia, al seguito del celebre genitore, ingaggiato dallo Jokerit di Helsinki. Quindi, nel 2003, ecco l’approdo a Lugano. Un’esperienza triennale culminata con il titolo del 2006. L’ultimo nella storia dell’HCL, certificato dal gol a porta vuota di Ville. «Io e Jesper venivamo a vedere tutte le partite e anche per gara-5 della finale contro il Davos eravamo seduti nel settore riservato alle famiglie dei giocatori. Dopo la vittoria, andammo in spogliatoio a festeggiare con nostro padre e i suoi compagni. Gran parte dei ricordi che conservo della mia infanzia ticinese, sono legati alla Resega. Era una seconda casa. Correvamo su e giù per i corridoi, mangiavamo al ristorante della pista. Io e Jesper avevamo già iniziato a giocare a hockey e ci allenavamo alla Reseghina, dove nostra sorella Emmi iniziava la sua brillante carriera di pattinatrice artistica. Quel periodo mi è rimasto nel cuore e sono molto felice di essere nuovamente a Lugano. Il fatto di essere qui con mio fratello rende tutto ancora più bello».

Il messaggio di papà

Dopo il primo punto in National League, Aleksi ha ricevuto il tradizionale messaggio post-partita di suo padre. «Cosa mi ha scritto? ‘‘Bella vittoria!’’. Non ha accennato al mio assist, per lui la squadra viene sempre prima degli exploit individuali. Era già così da giocatore, figuratevi ora che allena. Comunque, papà è sempre felice di darmi qualche consiglio. E lo stesso vale per mio nonno Esa, altro grande ex giocatore finlandese. Mi sostengono costantemente, ma sono sinceri nei loro giudizi. Non cercano mai di addolcire la pillola. Tornando al mio assist per Zanetti, sono molto contento di aver contribuito a una vittoria importante. La nostra linea stava lavorando bene già da qualche gara e sabato siamo stati ricompensati. Vogliamo lavorare sodo a tutta pista ed essere una spina nel fianco».

Fratelli, compagni, avversari

Prima di ritrovarsi in bianconero, Aleksi e Jesper erano già stati compagni di squadra in diversi contesti. Nelle giovanili dell’IFK Helsinki fino al 2014, poi alla Northwood School di Lake Placid, infine negli Omaha Lancers, in Nebraska. Al momento di scegliere il college negli USA, nel 2018 Jesper ha optato per l’Università del Wisconsin, mentre nel 2019 Aleksi è andato alla St. Lawrence, nello Stato di New York: «Ottenere la laurea prima di passare all’hockey professionistico è era una priorità per entrambi. Volevamo investire nel nostro futuro. Inoltre, il campionato universitario della NCAA è di ottimo livello. In quegli anni io e mio fratello non ci siamo mai affrontati. Sarebbe potuto succedere una volta, nei playoff, ma la pandemia ha mandato tutto a rotoli. La nostra prima partita da avversari è dunque stata l’amichevole tra Lugano e Davos, disputata la scorsa estate alla Cornèr Arena. Nel bel mezzo dell’azione non ci facevamo caso, però a gioco fermo capitava di incrociare gli sguardi e di sorriderci. Ci siamo divertiti un sacco. Ma essere compagni è molto meglio».

Un periodo difficile

Poco dopo quell’amichevole, la stagione di Aleksi nei Grigioni ha preso una brutta piega. Come noto, il club gialloblù si è dimenticato di segnalare in tempo il fatto che Peltonen soffrisse di diabete e dovesse fare uso di insulina. Un errore che l’attaccante finlandese con licenza svizzera ha pagato con una sospensione. Dopo oltre un mese senza partite e senza allenamenti di gruppo, Aleksi ha finalmente potuto tornare in squadra. Con il Davos ha giocato 12 gare di campionato. Poi, il 4 gennaio, ecco il trasferimento in Ticino. «Dopo tutto quello che era successo nei Grigioni, sentivo il bisogno di un nuovo inizio, in un altro posto. Ho passato dei momenti duri, e tutto è iniziato in quel contesto. Dovevo in qualche modo staccarmene». Per Aleksi, convivere con il diabete non è un grosso problema: «Portare la pompa insulinica è un’abitudine che non mi pesa. Durante le partite devo giusto controllare che non si rompa. Ne ho sempre un paio di scorta nella borsa. Ormai è una routine, la malattia mi è stata diagnosticata a dodici anni. Quando me l’hanno detto, mi sono sentito sollevato, perché stavo spesso male e volevo capire il motivo. Sapere cosa non andava mi ha aiutato. La mia unica preoccupazione era quella di poter continuare a giocare a hockey. Il giorno dopo aver lasciato l’ospedale, sono andato a pattinare all’aria aperta con il solo obiettivo di rimettermi il prima possibile. È andata bene, la storia continua». Già, come quella dei Peltonen a Lugano.

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