Il caso

Banche e sport: «Lo spazio del Credit Suisse farà gola»

ASF e SFL potrebbero ritrovarsi senza uno sponsor storico – Da anni, comunque, il settore finanziario investe con decisione sul consumatore-tifoso – Vincent Chaudel: «UBS dovrà fare attenzione, un passo indietro potrebbe aprire un varco ai concorrenti diretti»
© KEYSTONE / GEORGIOS KEFALAS
Massimo Solari
23.03.2023 06:00

 ASF e Swiss Football League si aggrappano a documenti e firme. Nella speranza che chi subentrerà non decida di fare tabula rasa. «Abbiamo ricevuto importanti rassicurazioni» ha dichiarato per esempio il portavoce della Federcalcio elvetica Adrian Arnold, riferendosi all’accordo di sponsorizzazione sottoscritto con il Credit Suisse e in scadenza al 30 giugno del 2024. «A fronte di contratti validi, partiamo dal presupposto che il partenariato prosegua sino a fine ciclo» ha osservato da parte sua Ringier Sports AG, responsabile dei diritti di commercializzazione per la lega svizzera di calcio. Eppure, i timori rimangono, mentre si calcolano i soldi incassati nel tempo e quelli che potrebbe venire meno in futuro. Da un lato - quello dell’ASF - 5 milioni di franchi all’anno. Dall’altro - per dare il nome alla Super League - 32 milioni su un quadriennio.

L’esempio francese

«Ma se fossi in UBS valuterei bene un’eventuale passo indietro: né più, né meno, significherebbe aprire un varco a un concorrente diretto» sottolinea Vincent Chaudel, esperto di marketing sportivo e fondatore dell’Observatoire Sport Business, think thank che da oltre 10 anni collabora con il quotidiano francese Le Figaro. «Certo, al momento di sovrapporre i portafogli di Credit Suisse e UBS nel ramo delle sponsorizzazioni sportive, non è escluso che si proceda a una razionalizzazione. A una rottura, dunque, di collaborazioni anche storiche. L’inquietudine dei partner di Credit Suisse, in questo senso, è comprensibile». Stando al nostro interlocutore, tuttavia, «non deve essere eccessiva. Non intravedo problemi insormontabili per il futuro. Anzi. Nel mondo dello sport, il settore finanziario - banche e assicurazioni, dunque - è il principale o tra i principali investitori. Il motivo? Molto semplice. Forse non tutti hanno una casa o un’automobile proprie, un conto in banca quello però sì. Nel dettaglio, ci troviamo nell’ambito del “B2C”, acronimo del concetto business-to-consumer, con cui si definisce il commercio di massa. Un terreno, questo, che vede gli istituti finanziari battersi per avvicinare il più possibile il consumatore. Il consumatore-tifoso. Un po’ come avviene con le aziende di telefonia». In un recente rapporto, la società specializzata in marketing sportivo Nielsen lo aveva non a caso definito un «attore ineludibile». Quantificando il valore totale delle sponsorizzazioni nel mondo dello sport in oltre 2 miliardi di euro all’anno.

Chaudel parla di un «territorio di legittimazione», ricercato sia a livello nazionale, sia internazionale. «Prendiamo la Francia, che conosco bene. BNP Paribas - vedasi il Roland-Garros - si concentra sul tennis. Société Generale sul rugby, e da oltre 30 anni. Crédit Agricole opera con il calcio. Il ciclismo, con il Tour de France, è per contro supportato da LCL. Crédit Mutuel affianca l’atletica, mentre la vela gode del sostegno gruppo BPCE». Non solo: la seconda banca francese, con una trentina di milioni di clienti, è lo sponsor principale dei Giochi di Parigi 2024.

Per istituti bancari e assicurazioni, lo sport è un territorio di legittimazione
Vincent Chaudel, esperto di marketing e fondatore dell’Observatoire Sport Business

Notorietà e immagine

«L’efficacia delle sponsorizzazioni - spiega l’esperto - è maggiore su un club, una selezione o uno sportivo. Va da sé, in proporzione al successo degli stessi. L’attività, al contrario, è meno rischiosa se finanzia un evento o una competizione. Per dire: il Tour de France avrà sempre un vincitore e una maglia gialla. Così come il massimo campionato svizzero avrà un campione ogni fine stagione. Di qui la tendenza accresciuta nell’accordare il proprio naming a singoli tornei, per i quali il valore delle sponsorizzazione è reale, essendo strutturati sull’intero anno».

Per una federazione come l’ASF, chiamata a promuovere anche il calcio di formazione, il matrimonio con un istituto sempre meno svizzero e sempre meno accorto nelle sue scelte, appare però come un paradosso. Un autogol, anche. «In materia di sponsorizzazioni - osserva Chaudel - serve distinguere due aspetti: la notorietà e l’immagine. Faccio un esempio emblematico: lo scandalo Festina. Beh, nonostante si trattasse di doping, la notorietà del marchio non è mai stata così forte come alla fine degli anni Novanta. Il brand è stato sovraesposto e il consumatore - che forse sin lì nemmeno lo sapeva - ha scoperto si trattasse di un fabbricante di orologi». Per Chaudel, federazioni e club che stringono accordi di partenariato di questa natura «devono bilanciare i fattori citati: notorietà e immagine. Riducendo al massimo i margini di errore, ma consapevoli che il mondo del calcio è una superpotenza in termini di esposizione mediatica». Non solo, dunque, un veicolo di valori positivi. «Basti pensare che il partner della nazionale di calcio francese è KFC. Non esattamente un ambasciatore del cibo salutare».

I fantasmi delle criptovalute

Qui però si parla di soldi. Di risparmi. La reazione del consumatore, nel caso di Credit Suisse del cliente-tifoso, potrebbe essere negativa. Chaudel non si scompone: «Il caso in questione mi ricorda il processo conosciuto dal Crédit Lyonnais. Dalle difficoltà, ma non dalla sua morte, sono nati LCL e una nuova immagine. Con clienti persi e però altri guadagnati. Sul piano della credibilità e della fiducia, gli attori dell’economia classica generano contraccolpi tutto sommato gestibili. L’occhio della gente, verso questo settore, non per forza è sospettoso». In altri ambienti lo è decisamente. «Se il cortocircuito avesse interessato un attore delle criptovalute - della nuova economia quindi - il discorso sarebbe stato differente» conferma Chaudel. Per poi precisare: «Siamo su una superficie scivolosa, abitata da fantasmi, come dimostra il recente fallimento di FTX, detentrice del contratto di naming della arena dei Miami Heat e partner di Mercedes. Il fenomeno in questione ha preso piede soprattutto tra il 2020 e il 2021, beneficiando della pandemia e di un’economia vieppiù digitalizzata. Ora gli accordi di questo genere stanno perdendo vigore; al momento dovrebbero coprire un 10% del mercato, fra l’altro con casi eclatanti come la Crypto.com Arena, ex Staples Center a Los Angeles, nata da una partnership ventennale del valore di 700 milioni di dollari. Significa 35 milioni di dollari all’anno per un prodotto che, fra 20 anni, forse nemmeno esisterà ancora». Di qui, conclude Chaudel, la fedeltà dello sport verso collaborazioni più classiche. È notizia di martedì mattina - a poche ore dallo choc Credit Suisse - il prolungamento anticipato - sino alla stagione 2029-30 - della partnership tra Swiss-Ski e Raiffeisen.

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