Barcellona 1992, Giochi da Zardo: «Ho conservato tutto, anche l’asciugamano»
Alle Olimpiadi di Barcellona del 1992, l’unica medaglia svizzera arrivò grazie al tennis e all’oro conquistato da Marc Rosset. Nel tabellone femminile c’era anche la giubiaschese Emanuela Zardo.
«Quella settimana mi è rimasta nel cuore», ci dice la Manu. «Ho conservato tutto: ritagli di giornale, videocassette, foto, lasciapassare, opuscoli, asciugamani. Per capire le Olimpiadi, bisogna viverle. Il solo fatto di parteciparvi, di rappresentare il proprio Paese e di sentirsi parte di una squadra, in mezzo a migliaia di sportivi straordinari, è magico».
Classe 1970, oggi Emanuela Zardo insegna al Tennis Club di Mendrisio. All’epoca aveva 22 anni, ma era quasi una veterana. La sua carriera professionistica iniziò infatti a 16 anni, quando vinse il primo di 8 titoli nazionali in singolare. Il 6 maggio del 1991, Zardo toccò l’apice nel ranking WTA, raggiungendo la 27. posizione. A Barcellona si presentò da numero 51. «Non ci andai con ambizioni precise. Essere lì era un sogno e condividere quell’avventura con compagni di nazionale quali Rosset, Hlasek e Maleeva-Fragnière rese l’esperienza ancora più bella. Da loro potevo solo imparare».
Una sfida in famiglia
Ironia del destino, nel primo turno la ticinese venne sorteggiata contro la 17.enne bulgara Magdalena Maleeva, sorella della sua compagna di doppio e di stanza Manuela Maleeva, naturalizzata svizzera dopo il matrimonio con François Fragnière. «Non vissi quella coincidenza in modo negativo, anzi. Ho sempre avuto degli ottimi rapporti con la famiglia Maleeva. Conoscevo la mamma, ma anche Katerina, la sorella di mezzo. Magdalena, la più giovane, era in piena ascesa e di lei si diceva che sarebbe diventata la più forte delle tre». Infatti nel 1996 entrò nella top 4 del ranking mondiale.
Il 29 luglio del 1992, la bulgara sconfisse la ticinese 6-2 6-4. «Nel secondo set mi trovai avanti 4-2, poi mi feci recuperare», racconta Emanuela. Tra i ricordi, anche il gran caldo, stabilmente attorno ai 40 gradi: «Appena scesa dall’aereo, mi resi subito conto che sarebbe stata tosta e che bisognava programmare al meglio anche gli orari degli allenamenti».
L’inchino alla regina
Nel torneo di doppio, Zardo e Maleeva-Fragnière uscirono al secondo turno, travolte 6-0 6-1 dalle favoritissime spagnole Arantxa Sanchez e Conchita Martinez, vincitrici della medaglia d’oro. Nel primo turno, oltre a battere 6-2 6-2 le slovene Krizan e Lusnic, le elvetiche vissero una situazione surreale. «Nel bel mezzo di uno scambio, il pubblico iniziò ad applaudire e ad alzarsi in piedi. La partita si fermò e mi ci volle un po’ di tempo per capire cosa stesse succedendo. Mi guardai intorno, poi realizzai che era arrivata la regina Sofia. Ci inchinammo anche noi».
Sfilando con il Dream Team
Tra i momenti più belli, Manu ricorda la cerimonia d’apertura: «Insieme ad altre quattro ragazze, mi chiesero di sfilare dietro al nostro portabandiera, il ginnasta Daniel Giubellini. Ognuna indossava una giacca con un colore dei cinque cerchi. A me capitò il rosso. Mi scelsero perché ero l’unica, nella delegazione elvetica, a portare quella taglia, mi pare fosse la 38. Essere lì, in prima fila, fu emozionante. Per amici e parenti, fu più facile individuarmi in televisione».
A catalizzare l’attenzione di tutti, durante la sfilata, era il Dream Team di basket: «Loro non vivevano al villaggio, ma in hotel. Quella era dunque la sola occasione per vederli da vicino, nonostante fossero circondati da un importante dispositivo di sicurezza. Della cerimonia ricordo anche le fiacche ai piedi, a causa delle scarpe. Per fortuna si risolse tutto prima del mio esordio».
In quella settimana, la giubiaschese non riuscì a vedere altre gare: «A un certo punto saltarono fuori alcuni biglietti per andare a vedere la finale dei 100 metri maschili, ma io rimasi senza. Uno se lo accaparrò Rosset, gli altri non so».
Emanuela passò del tempo con l’altro atleta ticinese in gara a Barcellona, Rocco Travella, specialista del ciclismo su pista. «Conoscevo bene sua sorella, con cui avevo anche giocato un po’ a tennis. Rocco aveva già partecipato ai Giochi di Seul del 1988 e aveva quindi più esperienza in un contesto del genere. Ricordo anche la sua amarezza per il 16. posto».
Tifando per Marc
Tornata a casa, Emanuela seguì gli exploit di Marc Rosset in televisione: «Credo che il giorno della finale contro Jordi Arrese ci fosse tutta la Svizzera davanti allo schermo. Mi sarebbe piaciuto essere ancora a Barcellona a tifare per lui. Marc ha la mia stessa età, ci conosciamo sin da ragazzini. Ricordo che si presentò in Spagna dopo due settimane trascorse senza toccare una racchetta. Aveva già abbandonato l’idea di poter andare lontano nel torneo olimpico. Lo aiutarono i nuotatori Dano Halsall e Stefan Volery, che andarono a vederlo ad ogni match, dandogli un’enorme carica».
Nessun rimpianto
In carriera, Emanuela Zardo ha vinto un torneo (quello di Taranto nel 1991) e ha raggiunto gli ottavi agli Australian Open del 1994, senza dimenticare le 30 presenze in Fed Cup. Rimpianti? «Nessuno. Ho lavorato tanto per raggiungere traguardi che non osavo neanche immaginare. Il mio obiettivo era dare il massimo e migliorare ogni giorno. Non avrei mai pensato di prendere parte a 19 tornei del Grande Slam o di sfidare personaggi del calibro di Monica Seles, Martina Navratilova, Gabriela Sabatini o Arantxa Sanchez».
Un passato ricco di momenti indelebili che certamente stuzzicherà la curiosità degli allievi del TC Mendrisio. O no? «Capita che mi chiedano della mia carriera, ma il più delle volte vogliono sapere tutto di Roger Federer. Lo incontrai che era giovanissimo, al centro nazionale. Ricordo un ragazzo molto educato e rispettoso con tutti. Sua moglie Mirka è stata mia avversaria, ma anche compagna di Fed Cup».