A Berlino tra i tifosi

Il cielo è rossocrociato sopra Berlino, ha scritto il collega Mattia Darni su CdT.ch. Noi, direttamente dall’Olympiastadion, possiamo confermarlo. Sono passate due ore dal triplice fischio che ha sancito la storica vittoria della Svizzera contro l’Italia e ci sono ancora centinaia di tifosi a festeggiare. Una festa che però non è quella di chi sale sul carro dei vincitori, bensì di coloro che ci hanno creduto sin dall’inizio.
E per inizio intendiamo sin dal viaggio verso la capitale tedesca, tra aerei soppressi e ritardi cronici dei treni, con tifosi che si sono ritrovati a dormire nelle varie stazioni di scambio pur di arrivare in tempo alla partita. Chiedere a Nicolò Parente, ex sindaco di Lumino, che ha narrato le sue disavventure sui social come un novello Ulisse in cerca della sua Itaca. «Un susseguirsi di emozioni» ci racconta ridendo. Siamo però convinti che ne sia valsa la pena.
A proposito di autorità, in prima linea e con il figlio al seguito, sfidando il caldo e la disorganizzazione tedesca, all’infinito corteo dei tifosi elvetici era presente anche il consigliere nazionale Simone Gianini. «Devo dire la verità: quando l’Italia ha fatto gol al 98’ contro la Croazia ho esultato anche io perché mi piaceva l’idea del derby. E sento che possiamo fare l’impresa». È stato buon veggente. Ma l’aria di impresa era realmente nell’aria. Come detto nei giorni scorsi anche sul podcast del Corriere del Ticino dedicato agli Europei «Eins, Zwei, Opsaid», si percepiva nella Nati una differente consapevolezza, che è stata evidentemente trasmessa anche ai supporter.
I quali hanno mostrato pure una certa spavalderia, esponendo cartelloni dove si sfidavano gli italiani non solo sul calcio ma anche sul cibo, altro terreno particolarmente sensibile al di là del confine. «Fondue is better than Pizza» e «We cut spaghetti» sono in effetti frasi forti, perlomeno gastronomicamente, che probabilmente fanno storcere il naso anche a molti ticinesi. Ma che sono la misura dello spirito con cui è stato affrontato questo ottavo di finale.
Non diciamo derby perché la maggior parte dei tifosi da Oltregottardo sostiene di non sentire così tanto la rivalità. «Per noi la vera rivalità è quella con la Germania, gli italiani sono nostri amici» è stata la risposta più frequente alle nostre domande sul tema. Sarà. Fatto sta che al corteo alcuni ragazzi con la maglia azzurra sono stati «gentilmente» invitati a trovare un modo alternativo per dirigersi verso lo stadio. Bisognerebbe sentire l’altra campana, o l’altro campanaccio vista la performance di un tifoso a pochi metri dallo scrivente che non ha smesso di suonarlo un secondo, per capire i motivi della leggera (e sedata immediatamente) diatriba tra i tifosi italiani e i capi corteo svizzeri. Anche perché nella curva svizzera erano presenti, tranquillamente, diversi sostenitori con la maglia azzurra di Roberto Baggio. Che da quando non gioca più non è più domenica, cantava Cremonini. E neanche sabato, almeno per l’Italia.
Tuttavia neanche gli italiani hanno detto di sentire la partita con la Svizzera come un derby. Tranne un signore di origini siciliane, che ha ricordato i suoi trascorsi da frontaliere «sottopagato e discriminato» a Lugano: «Ogni volta che l’Italia sfida la Svizzera spero sempre in una vittoria schiacciante, proprio come agli Europei».
Probabilmente è per il rancore che il nostro interlocutore dimentica i successivi confronti e, soprattutto, lo stato attuale dell’Italia. Una squadra senza talento in campo e, sorprendentemente, senza tifo sugli spalti. I sostenitori azzurri probabilmente erano in numero maggiore rispetto a quelli svizzeri, forti anche dei tanti tifosi occasionali per i quali è più facile sostenere una nazionale più blasonata. Quantità non vuol dire però qualità: infatti non si sono sentiti per tutta la partita, sopraffatti dai cori incessanti e all’unisono degli svizzeri, autori di un impressionante muro del suono. Verso la fine della partita uno dei capi della tifoseria, uno di quelli che intonava al megafono i cori, si era distinto per suscitare una certa ironia a causa della sua voce, che nel corso dei novanta minuti era mutata diventando ottima per doppiare Darth Vader in Star Wars. Nel frattempo i tifosi italiani, con largo anticipo, abbandonavano mestamente lo stadio: almeno in questo hanno primeggiato sugli omologhi rossocrociati.
Al triplice fischio c’è stato un urlo, quasi come un’esplosione. Non liberatoria, ma di chi semplicemente aspettava che il destino si compisse. Da quel momento l’Olympiastadion è diventato una discoteca, non con Dj Antoine in consolle ma con tutti i medley dei tifosi della nazionale. Che ancora risuonano per il villaggio europeo di Berlino e che proseguiranno tutta la notte. Perché, comunque indipendentemente da come evolverà il cammino europeo della Nati, questa notte è ancora nostra. E ce la godiamo tutta.