Calcio

Aliseda amaro: «Mi hanno impedito di andarmene molto prima»

L’attaccante argentino del Lugano si toglie alcuni sassolini dalla scarpa a margine dell’ultima partita a Cornaredo: «Gli infortuni? Il club può lavorare molto meglio» – Missione compiuta per Mattia Croci-Torti dopo l’1-1 contro lo Young Boys: «Vivi sino all’ultimo»
© CdT / Gabriele Putzu

Applausi. E però anche qualche volto corrucciato. Il Lugano saluta la stagione 2024-25 con sentimenti contrastanti. Si sorride, certo, perché il pass europeo - alla fine - è stato staccato. Per altro con una prestazione convincente. L’1-1 contro lo Young Boys e il 4. posto conclusivo dovrebbero valere il secondo turno preliminare di Europa League. Ma il condizionale è d’obbligo, in attesa che il Basilea faccia il suo dovere nella finale di Coppa Svizzera contro il piccolo e al contempo terribile Bienne. Missione compiuta, dicevamo. Non tutti gli attori bianconeri sulla scena, tuttavia, riescono ad assaporare il momento. E il fatto che per il quarto anno consecutivo il club si misurerà sul piano internazionale. Alzate gli occhi e capirete: basta osservare la foto qua sopra. E gli sguardi che incornicia. Già, il match al cospetto dell’YB è stato anche quello degli addii. A Valenzuela, Aliseda e Macek su tutti, omaggiati prima del fischio d’inizio insieme ad Arigoni, Przybylko e Babic. A chiudersi, insomma, non è stato solo il campionato di Super League, ma pure un percorso condiviso. «Tutti e sei hanno fatto parte degli ultimi due anni di storia bianconera, due anni ambiziosi, fatti di grandi soddisfazioni, titoli sognati e ricerca del progresso» sottolinea l’allenatore del Lugano Mattia Croci-Torti. «Fino all’ultimo, nessuno di loro si è permesso di togliere il piede o di non bagnare la maglia bianconera col sudore. E_ciò nonostante le enormi difficoltà - in termini di infortuni - che hanno segnato le parabole di Nacho, Milton e Roman. A questi giocatori, così come a tutto il gruppo dico quindi grazie. Grazie perché dopo due mesi complicati ho visto una reazione importante».

Croci-Torti: «Poteva essere la partita della paura, non lo è stata»

Il Crus e i suoi uomini, a conti fatti, si sono aggrappati a due pareggi. Quello di una settimana fa a Losanna e quello maturato questa sera. E, a questo punto, poco importa se la trama del match di Cornaredo è parsa familiare. «Un film già visto, vero» riconosce il tecnico, alludendo all’incapacità di sfruttare le occasioni plasmate nel primo tempo e alla passività che ha permesso ai gialloneri di raddrizzare la sfida dopo il vantaggio firmato da Koutsias. «Nel complesso, però, ho visto un Lugano con un’ottima personalità» tiene a evidenziare Croci-Torti. «Poteva essere la partita della paura e del braccino, e invece abbiamo sempre cercato di fare la partita contro una squadra che inseguiva la Champions ed era reduce da un 6-2 al Basilea. Lo Young Boys, detto altrimenti, arrivava meglio di noi all’ultima curva della stagione. Ma in campo, chi aveva più fame e volontà di conquistare la vittoria è stato il mio Lugano. E penso a come siamo subito andati a cercare il raddoppio dopo aver incassato l’1-1».

A spingere i bianconeri in Europa sono stati pure i risultati finali sugli altri campi - ah che belli i match in contemporanea! -, con il Lucerna affondato al St. Jakob-Park e il Losanna fermato dal Servette. «In ogni caso ci siamo concentrati solo su noi stessi» precisa l’allenatore del Lugano. «La prima volta che ho guardato il telefono è stato all’82’, al momento degli inserimenti di Steffen e Vladi». 

“Nacho” non le manda a dire

Aliseda, lui, aveva già lasciato il campo da una decina di minuti. Prendendosi gli applausi di tutto lo stadio, ma faticando maledettamente a sorridere. E non solo per colpa del clamoroso palo colpito poco prima della pausa. «Ma a essere sincero, sono felice di aver chiuso la mia avventura a Lugano. Non volevo restare e lo sapevo da tempo. Quella di partire, dunque, è stata una decisione mia. E la verità è che avrei dovuto farlo molto prima, a margine del mio miglior periodo in bianconero. Il club, tuttavia, non mi ha lasciato andare. Era stata stabilita una cifra per l’acquisizione del mio cartellino, ma quando una congrua offerta si è presentata, la società ha declinato e giocato al rialzo. È un peccato, perché un addio in quella fase avrebbe cambiato il mio futuro e al contempo permesso al club di rivendermi a un prezzo superiore a quello di acquisto. Non so di chi sia stata la decisione, se di Chicago o della dirigenza operativa in Ticino». Okay, e con i tanti infortuni come la mettiamo? Aliseda, di nuovo, non le manda a dire: «Di sicuro fanno riflettere. Credo che a Lugano si possa lavorare meglio e di più, sia in allenamento, sia nella gestione dei problemi fisici. I miei infortuni non sono dovuti a una mancanza di ritmo, bensì all’aspetto mentale. E mi riferisco all’accettazione dei metodi di lavoro, non ai tanti impegni in calendario. Faccio un esempio: dopo essermi infortunato contro l’Yverdon, a inizio novembre, avevo parlato con la staff medico e mi erano state diagnosticate 8 settimane di pausa. Ebbene, in quel momento avrei voluto tornare a casa dal mio fisioterapista, che parla la mia stessa lingua. Le persone competenti, tuttavia, non me lo hanno permesso. Poi Carlos Da Silva è stato esonerato, e allora ne abbiamo ridiscusso con il mio procuratore, ma Sebastian Pelzer mi ha detto nuovamente di no. Io ho fatto presente di non essere al 100%, e però hanno voluto farmi allenare comunque. Il risultato? Un altro infortunio. E i diretti interessati, va da sé, diranno che è stata colpa mia...». Interessi individuali o meno, a farne le spese nel 2025 è stata la fantasia e la magia del Lugano. Un Lugano, comunque, infine applaudito dai suoi tifosi per aver conquistato un obiettivo prestigioso.

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