Calcio

«Avevo visto Sommer così emozionato solo dopo il rigore parato a Mbappé»

L'allenatore dei portieri della Nazionale Patrick Foletti, ed ex mentore dell'estremo difensore dell'Inter, torna sulla monumentale prestazione offerta contro il Barcellona: «La parata su Yamal? Ecco come è stata possibile»
© AP/Luca Bruno
Massimo Solari
07.05.2025 14:30

Giornali, social media, chiacchiere da bar. Non si parla d’altro. Di Yann Sommer e dei suoi prodigi. Nella notte dei miracoli a San Siro. Alla fine, si è lasciato andare anche il portiere svizzero. Alla fine, ha perso il controllo pure lui. L’uomo di ghiaccio. L’ultimo baluardo dell’Inter, il più importante, contro il quale si è infranta la travolgente onda blaugrana. Uno degli estremi difensori più sottovalutati al mondo capace di disinnescare l’arma più letale del Barcellona, quel Lamine Yamal per il quale non si credeva esistesse antidoto umano.

La migliore di sempre?

Dicevamo, Yann Sommer ha pianto prima e si è preso l’abbraccio della Curva Nord poi. I compagni lo hanno baciato, osannato ed elevato a eroe. L’UEFA, al termine di una delle partite più belle del XXI secolo, non ha potuto che attribuirgli il premio di MVP. Un campione assoluto, che a 36 anni vivrà la finale di Champions League. Nonché l’apice di una carriera straordinaria.

La sua emozione, mercoledì sera, è stata quella di tanti tifosi nerazzurri. Non solo loro. «Ho seguito tante partite di Yann dal vivo, forse mai però sono stato così nervoso» ammette Patrick Foletti, per 12 anni e 94 gare mentore e allenatore del portiere rossocrociato. «Sì, è stata una serata speciale. Per Sommer e per il sottoscritto». «La miglior prestazione in carriera» secondo il diretto interessato. «Fox» – da noi contattato a poche ore dall’opera d’arte realizzata al Meazza – conferma e al contempo precisa: «Considerato il contesto, la tensione e la felicità del dopo partita, una dichiarazione del genere ci sta tutta. Ma per certi versi è anche riduttiva. Perché di prestazioni e parate decisive, in tutti questi anni, Yann Sommer ne ha sfoderate davvero tante».

«Non è stato solo istinto»

E a proposito di parate. Gli interventi con cui il numero uno dell’Inter ha frustrato l’immenso talento di Yamal e, di riflesso, i sogni del Barcellona, si sono presi la scena tanto quanto il commovente 3-3 realizzato da Acerbi o l’affondo determinante di Frattesi. «È comprensibile» indica Foletti: «A mio avviso, tuttavia, l’aspetto da sottolineare è un altro. Al netto del gesto, e della sua difficoltà, cruciale è stata la lettura delle situazioni. Insomma, come Yann si è messo nelle condizioni di effettuare quelle parate. Dietro alla prova offerta ieri sera, infatti, c’è un lavoro immenso. E qui vanno riconosciuti i meriti di Gianluca Spinelli, allenatore dei portieri del club nerazzurro. Dopo la semifinale d’andata, è stata svolta un’analisi dettagliatissima. Basta paragonare la genesi delle reti cadute a Barcellona e gli episodi che hanno fatto la differenza a San Siro. Proprio sabato ho sentito Spinelli al telefono e vi assicuro che tutto quanto accaduto a Milano non è frutto del caso. O solo dell'istinto. Sommer ha saputo interpretare alla perfezione i segnali emersi nel primo dei due incroci. Il miracolo finale su Yamal ha preso vita così».

Negli occhi lucidi di Yann era possibile scorgere una forma d’appagamento totale a fronte di 20 anni di lavoro e sacrifici
Patrick Foletti, preparatore dei portieri della Nazionale

La scelta più importante

Il triplice fischio finale di Szymon Marciniak – bersagliato dalle critiche catalane – ha per l’appunto fatto esplodere l’estremo difensore elvetico. Una rarità. «Lo ricordo così solo dopo il rigore parato a Mbappé, negli ottavi di finale di Euro 2020» afferma l’allenatore dei portieri della Nazionale Patrick Foletti, a cui chiediamo se, in quegli istanti indimenticabili, Sommer possa aver rivisto anche la dolorosa scelta della scorsa estate. La scelta di dire addio alla Svizzera per ambire a qualcosa di ancora più importante di un quarto di finale in un grande torneo. «Difficile dire se le sue riflessioni sul momento siano state tanto complesse. Ma negli occhi lucidi di Yann, effettivamente, era possibile scorgere una forma d’appagamento totale a fronte di 20 anni di lavoro e sacrifici. D’altronde parliamo di una finale di Champions League a quasi 37 anni, quinto svizzero nella storia e secondo portiere dopo Kobel a prendere parte all’evento calcistico sognato da ogni giocatore al mondo».

Insomma. L’amarissima serie di rigori che, in luglio, aveva premiato l’Inghilterra, ha fatto germogliare in Sommer l’ennesima, lucida scelta. «Yann non ha mai rimpianto la decisione di abbandonare la Nazionale» tiene a chiarire Foletti. Per poi concludere: «Anzi. Potersi concentrare solo sull’Inter, così come avere la possibilità di recuperare e rigenerarsi durante le pause dedicate alle nazionali, lo ha sicuramente portato a eccellere ulteriormente fra i pali». E a far parlare di sé ovunque.

È stata la mano di Yann

I maggiori quotidiani spagnoli, più di quelli italiani, hanno rimarcato il potere salvifico del portiere dell’Inter. «Y Sommer frustró a Lamine» ha sentenziato il catalano El Periódico. «Sommer paró hasta el Balón de Oro de Lamine» gli ha fatto eco Marca, suggerendo l’ardore della prestazione fornita dallo svizzero. «Sommer evita la heroicidad del Barça», il titolone su due pagine scelto da AS, ineccepibile didascalia a una parata indimenticabile. Il 2010, Julio Cesar su Messi. Nel giorno in cui ha preso il via il conclave, e senza voler risultare blasfemi, è come se Michelangelo avesse trovato un allievo alla Scala del calcio. Dalla Cappella Sistina e la Creazione d’Adamo, al provvidenziale tuffo in allungo di Yann Sommer sul mancino scagliato verso l’inaudito da Lamine Yamal. Sino al tocco vitale.

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