Behrens si scusa ancora: «Mi sono sentito una m...da, ma grazie al Lugano ho una nuova chance»

Per la presentazione alla stampa di Kevin Behrens, organizzata a Cornaredo nel bel mezzo dell’estate, si è scomodato addirittura il Blick. Sintomo inequivocabile della nomea che continua ad accompagnare il nuovo attaccante del Lugano. In attesa di far parlare il campo - perché no, spostando una volta per tutte i riflettori da un passato ingombrante - l’ex Wolfsburg non si è in ogni caso sottratto ad alcun quesito.
Partenza soft, ad ogni modo. Che cosa conosce Kevin Behrens del campionato svizzero? Urs Fischer, suo allenatore all’Union Berlino, o Amoura, ex compagno al Wolfsburg, le hanno magari fornito alcune dritte?
«In realtà non ne ho discusso né con Urs, né con Amoura. La trattativa con i bianconeri è stata rapida. Detto ciò, sin qui per me la Super League erano il Basilea, lo Zurigo o ancora lo Young Boys, del mio vecchio compagno Siebatcheu. Sono inoltre a conoscenza del particolare formato del torneo, diverso da quelli classici. Il resto lo scoprirò giorno per giorno».
Come ha fatto dunque il Lugano, una società forse ancora poco conosciuta in Germania, a convincerla a firmare?
«I contatti avuti in passato con i Chicago Fire, che si erano interessati a me, hanno sicuramente favorito le discussioni. Sebastian Pelzer non ha mollato la presa e dopo aver valutato con la mia famiglia l’opportunità di un’esperienza all’estero, l’accordo si è concretizzato. A Lugano voglio ritrovare il piacere di giocare a calcio, idealmente anche a livello internazionale. E sono contento di poterlo fare con un nuovo stadio all’orizzonte».
A proposito del piacere smarrito. Come spiega lo scarso impiego lungo l’ultima stagione in Bundesliga, con la maglia del Wolfsburg? E in che misura potrebbe averne risentito sul piano atletico e del ritmo partita?
«C’è poco da dire rispetto allo scorso campionato.E forse i motivi del mio esiguo minutaggio andrebbero chiesti ad altri. Mi sono sempre allenato al massimo, senza subire infortuni, ma evidentemente lo staff tecnico non lo ha ritenuto sufficiente. La competitività che si acquisisce in gara, naturalmente, non può essere paragonata all’intensità delle sedute. Ma vi assicuro che non ho mai smesso di lavorare sul piano fisico. E, progressivamente, capirò dove mi situo rispetto alla preparazione del gruppo».


A incidere sulla stagione 2024-25, tuttavia, non sono state sole scelte di natura tecnica. La vicenda della maglia arcobaleno che si è rifiutato di firmare, con tanto di presunto commento omofobo, ha inevitabilmente incrinato la situazione tra lei e il club. Come ha vissuto quei mesi?
«Beh, ovviamente non è stato un periodo facile. La questione ha suscitato uno scalpore non indifferente. Ma, e ci tengo a ribadirlo, non volevo ferire od offendere nessuno. È stato un errore per il quale mi sono scusato, pagando anche una multa. Di nuovo: mi dispiace. Si è trattato di una scelta infelice. D’ora in poi spero ad ogni modo di potermi concentrare solo sul calcio giocato e sui successi con il Lugano».
Crede di aver pagato eccessivamente – vista la poca considerazione goduta da quel momento in poi – per il suo scivolone?
«Giudicarlo, per me, è difficile. Posso solo dire, e mi ripeto, che mi sono scusato per quanto accaduto. E, dunque, la ritengo una storia chiusa».
Da «Boom-boom-Behrens!», osannato dalla curva, a «Skandal-Stürmer», contestato dai tifosi: accettare un simile cambio di nomea, psicologicamente, è stata una mazzata?
«La definirei una sensazione di m...da. Tutto fuorché piacevole. Ma anche la prova di quanto possano cambiare velocemente le cose nel mondo del pallone. Un giorno sei al top, poco dopo a terra. No, non è stato un bel momento. E però, appunto, il calcio offre sempre una nuova chance. Sarà importante coglierla, dando il mio meglio».
Sente in qualche modo di essere in debito con il Lugano, che ha accettato comunque di scommettere sul suo profilo?
«Sì, è così. Voglio ripagare la fiducia di un’organizzazione che non ha smesso di credere nel sottoscritto. Perciò ci tengo molto e m’impegnerò al massimo».


In un’intervista del 2024 ha dichiarato di essere stato un “vero stronzo” all’inizio della carriera. Il Lugano ovviamente non ha bisogno di stronzi, ma voleva fortemente giocatori di temperamento. È pronto a scuotere lo spogliatoio senza scontrarsi con esso?
«Lo sono, il ruolo non mi spaventa, al contrario costituisce uno stimolo. Anche al Wolfsburg, nonostante lo scarso impiego, ho sempre cercato di alimentare l’alchimia e l’affiatamento dello spogliatoio. Quello “stronzo”, comunque, faceva soprattutto riferimento a tante, troppe espulsioni stupide rimediate da giovane calciatore».
A proposito di teste calde e caratteri spigolosi. Con Leonardo Bonucci, all’Union, andava d’accordo?
«Molto d’accordo. Ho conosciuto una persona squisita, alla mano e al contempo professionale, poco importa l’enorme successo ottenuto in carriera. Peccato aver trascorso così poco tempo insieme a Berlino».
Mattia Croci-Torti è solito telefonare agli obiettivi di mercato. Lo ha fatto anche con lei e, se sì, che cosa le ha detto?
«Confermo, mi ha telefonato. E non ha mancato di ricordarmi le settimane d’osservazione trascorse nel 2022 all’Union Berlin (vedi il box a lato, ndr.). Mi ha detto di essere alla ricerca di un attaccante con la mia intensità, capace di portare energia positiva sia in campo, sia in spogliatoio. Insomma, mi ha detto di avere bisogno di uno come me».
Ci parli dell’ultimo campionato di Amoura, che qui abbiamo assaporato col contagocce...
«Trattandosi della prima stagione in Bundesliga, beh, ha fatto qualcosa di clamoroso. E persino sorprendente. È andato in doppia cifra, fornendo altresì numerosi assist. La sua velocità, in questo senso, si è rivelata un’arma incredibile. Più in generale, Amoura è stato bravo a sfruttare e ripagare la grande fiducia accordatagli dall’allenatore».


La sua carriera è esplosa tardi. Ha abbracciato la Bundesliga a 30 anni, assaporato la Champions e la Mannschaft a 32, per poi tornare ai margini con il Wolfsburg. Come giudica questa parabola?
«Giocare in Bundesliga e per la nazionale tedesca sono sempre stati dei sogni di bambino. E ho lavorato duramente per poterli realizzare. Riuscirci dopo i 30 anni, per certi versi, è stato ancora più bello. Peccato non essere stato in grado di dare continuità alle proficue prestazioni fornite con l’Union Berlin, club che ho aiutato a cavalcare l’onda. Ciò però non significa che mi risparmierò qui. Anzi, farò di tutto per ritornare sui migliori livelli, perché no, regalando al Lugano uno o due momenti di gloria»
Il titolo, per esempio?
«Non lo escludo. Così come mi piacerebbe qualificarmi di nuovo per la Champions League. 20 gol? Questo è un obiettivo affascinante e ambizioso, per cui occorreranno tanto lavoro e un pizzico di fortuna».
Meglio le due punte o fungere da ariete in solitaria?
«Mi sono sempre trovato a mio agio nei moduli con due attaccanti. Ma se il piano della squadra dovesse prevedere un unico centravanti, non mi creerebbe assolutamente alcun problema. Sono un giocatore a cui piace lavorare molto per i compagni, uno che cerca l’area e il gol in ogni maniera».