Come fosse l'America

Suvvia, riponete immediatamente la calcolatrice nel cassetto e prendete libero sia il 5 dicembre, sia - almeno per un paio di settimane - il prossimo giugno. La Svizzera andrà al Mondiale americano del 2026 e, di riflesso, fra tre settimane disporrà della propria pallina al sorteggio in programma a Washington. Nessuno, a maggior ragione dopo quanto ammirato anche allo Stade de Genève, deve per contro farsi sfiorare da cattivi pensieri e scenari numericamente apocalittici in quel di Pristina. Già, perché contro il Kosovo, martedì, i rossocrociati dovrebbero perdere con sei reti di scarto per prestare il fianco all’inaudito. Uno scenario, per l’appunto, inimmaginabile. Con la Svezia, in uno Stade de Genève effervescente, è d’altronde arrivata un’altra prova di forza. Un 4-1 che spinge gli uomini di Murat Yakin sul palcoscenico più importante. E, allargando lo sguardo, lo fa per la sesta volta consecutiva. Tanta, tantissima roba, così come impressionante è stato il cammino degli elvetici lungo le qualificazioni.
Nemmeno Potter ha la bacchetta magica
Sulle rive del Lemano, suggerivamo, l’onda svizzera si è confermata travolgente. E ciò nonostante il primo gol incassato della campagna. Dopo il vantaggio quasi subitaneo del solito Embolo, il gol di Nygren venuto fuori un po’ dal nulla ha se possibile pungolato ulteriormente la Nazionale. Che, come a Stoccolma, ha quindi fatto la differenza nella ripresa grazie a un rigorino trasformato da Xhaka e al sigillo finale dell’intrattabile Manzambi. E in mezzo c’è stato spazio pure per la gioia di Ndoye, il migliore in campo. No, nemmeno Potter ha la bacchetta magica: gli scandinavi si sono confermati formazione poco strutturata e fragile.
Inscalfibili
Quattro reti elvetiche e pubblico in delirio, insomma. Proprio come il 15 novembre di quattro anni fa, data che ci consegnò il biglietto per Qatar 2022 a discapito dell’Italia. A differenza di allora, però, la selezione guidata da Murat Yakin ha sempre fatto corsa in testa, praticamente inscalfibile. E, risultati e classifica alla mano, si tratta di un piccolo, grande capolavoro. Da un lato considerati i preoccupanti affanni accumulati lungo lo scorso autunno. Dall’altro alla luce della cavalcata altrettanto sensazionale del Kosovo, ora certo di giocarsela agli spareggi. Ma lo ripetiamo. Mettete subito via la calcolatrice e iniziate pure a studiarvi la mappa di Canada, Messico e Stati Uniti. La matematica non è ancora dalla nostra, e però forte, sempre più forte, è già come fosse l’America.
