Dembélé meglio di Yamal: il Pallone d'Oro va al francese

Il tanto discusso infortunio rimediato in nazionale da Ousmane Dembélé, a conti fatti, ha risparmiato un tremendo imbarazzo a France Football. Viene infatti da chiedersi come ci si sarebbe comportati al Theâtre du Chatelet di Parigi, qualora il nuovo Pallone d’Oro avesse privilegiato le Classique contro il Marsiglia, rinviato di 24 ore a causa del maltempo e andato in scena ieri sera in contemporanea con la cerimonia di consegna del premio individuale più prestigioso nel mondo del pallone. Ancora ai box, l’attaccante del Paris Saint-Germain ha invece potuto prendersi riflettori, prime pagine e applausi, tolti per l’appunto quelli dell’allenatore Luis Enrique e dei compagni impegnati al Vélodrome. E così, la celebrazione di uno dei grandi protagonisti della Champions League conquistata a fine maggio lo è stata parzialmente per il club che l’ha resa possibile per la prima volta nella storia di entrambi.
Il peso di una coppa
A portare il pallone, insomma, è stato il solo Dembélé, favorito della vigilia con un vantaggio ritenuto esiguo su Lamine Yamal. Il fantasista spagnolo del Barcellona, 18 anni, si è dovuto accontentare per il secondo anno consecutivo del trofeo Kopa, attribuito al miglior giovane del pianeta. A fare la differenza, criteri alla mano, è ovviamente stato il peso della più importante competizione per club vinta e segnata in modo indelebile. Nel nuovo ruolo di «falso nove» cucitogli addosso da mister Enrique all’alba della stagione, Dembélé è esploso. Colui che in passato non aveva mai superato quota 14 reti, tra club e nazionale, ha fatto una clamorosa differenza con 37 gol e 15 assist. E a certificarlo, per l’appunto, è stato il contributo decisivo fornito in ciascuno dei match giocati dagli ottavi alla finalissima di Champions dominata al cospetto dell’Inter. Certo, con 21 reti e 26 assist, Yamal non è stato da meno. E nel quadro di queste statistiche val la pena citare la doppietta firmata proprio contro la Francia di Dembélé nella semifinale di Nations League che aveva fatto sorridere la Roja e il suo gioiellino. Ma simili medaglie, così come la visione più purista del calcio, lo ribadiamo, hanno finito per brillare meno rispetto alla coppa dalle grandi orecchie cucita sul petto del rivale. E, in fondo, il discorso non cambia se si chiamano in causa i numeri dei vari Mbappé, Kane, Salah e Haaland, più prolifici di Dembélé lungo il 2024-25 limitandosi ai campionati nazionali e alla Champions.
Nessuna dispersione dei voti
Due altre variabili, ad ogni modo, hanno caratterizzato l’assegnazione del Pallone d’Oro. Da un lato una narrazione, o meglio la sponsorizzazione sempre più marcata e incessante a supporto del presunto favorito. Da Mbappé a, ultimo in ordine di tempo, Enrique, in molti si sono spesi chirurgicamente per spingere Dembélé sul trono della giuria di France Football, formata da 100 giornalisti specializzati. Dall’altro, e a differenza dell’edizione del 2024, andata allo spagnolo Rodri con tanto di ritorsione del Real Madrid dello sconfitto Vincius Jr., a questo giro non si è assistito a una dispersione di voti pagata a caro prezzo dal favorito. Già, perché a figurare sulla lista dei 30 candidati al trofeo - al fianco di Dembelé - erano altri otto giocatori del PSG: Donnarumma (nel frattempo passato al City), Kvaratskhelia, Doué, Vitinha, Hakimi, Ruiz, Mendes e Neves.
Mbappé e Haaland fermi al palo
La consacrazione di Dembélé, poi, racconta un’altra storia. Quella di un calciatore che sin qui non era mai stato nemmeno candidato al Pallone d’Oro, complice una carriera altalenante, tra promesse (al Borussia Dortmund), parziali flop e infortuni (a Barcellona) o ancora scomode convivenze (nel PSG di Mbappé). La storia di un calciatore prima sopravvalutato e poi rinato, grazie all’intuizione del proprio tecnico. Tutto molto bello. E però, a fronte di una votazione probabilmente risicata e delle molteplici campane risuonate nelle scorse settimane, a emergere è anche l’assenza di un profilo in grado di calamitare potere e consensi. Dal duopolio di Messi-Cristiano Ronaldo - 13 palloni d’oro in 15 anni - si è passati a una competizione più aperta ed incerta. Un terreno di caccia che ha visto emergere prima Rodri e poi Dembélé, quando i più avevano profetizzato le investiture di Mbappé o Haaland. Lo avreste detto? A stabilizzare la fragile istituzione del Pallone d’Oro, tuttavia, potrebbero intervenire due fattori: il Mondiale 2026 e, se priva di inaspettati inciampi, la sublimazione di Yamal.