Gli insegnamenti di Bulgaria-Svizzera

Tre punti. D’oro. Come le cupole della cattedrale Aleksandr Nevskij di Sofia. Dopo aver superato l’ostacolo Bulgaria – una collinetta mica un Ottomila - la Svizzera non ha voluto gettare un ultimo sguardo al simbolo della capitale. Infreddolita e di fretta, la Nazionale ha fatto rientro a casa già nella tarda serata di giovedì. Al netto della posta piena, da alcune questioni aperte non è però possibile scappare.
Partiamo dal risultato maturato allo stadio Vasil Levski. Un 3-1, bellino ci mancherebbe, ma che avrebbe dovuto essere un 4-0. Il motivo? «Sarebbe davvero un peccato mancare la qualificazione diretta ai Mondiali per colpa della differenza reti». A centrare il punto è Breel Embolo. Nel quadro delle competizioni FIFA, il regolamento premia infatti lo scarto tra produttività offensiva e permeabilità difensiva. Gli scontri diretti sono «solo» il terzo criterio per separare promossi e bocciati. Non serve andare troppo indietro nel tempo per ripescare l’ultima scottatura subita dalla Svizzera. In grado, verso Russia 2018, di giocarsela con il Portogallo (una vittoria ciascuno), prima di cedere il primato ai lusitani proprio alla luce della peggiore differenza reti. Di qui il rammarico per le occasioni sciupate nel finale e soprattutto a seguito dell’erroraccio di Freuler, che ha permesso alla Bulgaria di segnare. Bene. Il match di domani con la Lituania potrà già fare chiarezza su questo fronte. Sì, perché il secondo avversario degli elvetici nel gruppo C occupa il 129. posto del ranking mondiale. Tra Togo e Guatemala. Di più: a questa squadra, mercoledì in amichevole, il Kosovo ha rifilato ben quattro sberle.
Siamo all’altezza dell’Italia?
Sempre la ripresa giocata a Sofia suggerisce il tema numero due. La selezione di Petkovic non è ancora in grado di restare sul pezzo per 90 minuti. Un fastidio gestibile se l’avversario si chiama Bulgaria, meno quando si tratterà di guardare negli occhi l’Italia, principale concorrente per l’accesso diretto a Qatar 2022. In tal senso, le importanti differenze tra i giocatori in termini di minutaggio nei club non vanno sottovalutate. Se Rodriguez, in una difesa a tre, è in grado di compensare tale mancanza grazie all’esperienza, diverso è il discorso per chi è chiamato a risolvere o raddrizzare le partite. Eclatante è quindi l’esempio di Shaqiri, la cui batteria giovedì si è scaricata nel giro di 45 minuti. E non a causa delle basse temperature. Non solo: dipendere dai quei compagni, loro sì, spremuti a livello di club, rischia di comportare una distribuzione impari di forze e idee.
L’ultimo interrogativo ci riporta agli Azzurri, che la Nazionale incrocerà in giugno (Euro 2020) e poi in novembre (qualificazioni ai Mondiali). Siamo o non siamo all’altezza dell’Italia? «La squadra di Roberto Mancini è favorita, sulla carta» puntualizza il capitano Granit Xhaka. Parlando altresì di «ambizione», quale pungolo imprescindibile per continuare a crescere. Al contempo il leader dell’Arsenal prova a tenere i piedi per terra: «Essere ambiziosi non deve indurci a un atteggiamento arrogante in campo». No, contro i bulgari la Nazionale non è stata arrogante. Nella misura in cui le difficoltà del secondo tempo sono da attribuire a limiti di altra natura. Quelli di una squadra solida, con un potenziale in parte ancora inespresso, ma oggettivamente un passo indietro rispetto alle “grandi” del calcio mondiale. Conferme o smentite le darà Bulgaria-Italia di domenica.