Calcio

Il faut faire sans Antoine Griezmann

Dopo dieci anni, oltre cento apparizioni e un Mondiale conquistato, il giocatore francese ha deciso di dire addio alla Nazionale – È stato fra gli elementi più determinanti della gestione Deschamps – E per molti tifosi avrebbe dovuto essere il capitano al posto di Mbappé
Antoine Griezmann, 33 anni, aveva esordito con la maglia della Francia nel marzo del 2014. © AP/Ebrahim Noroozi
Massimo Solari
08.10.2024 06:00

A Clairefontaine, per il raduno della Francia, mancavano due giocatori. Soprattutto due giocatori. Il primo, Kylian Mbappé, non è stato convocato da Didier Deschamps. E ci arriveremo. Il secondo, Antoine Griezmann, ha annunciato pochi giorni fa il suo addio alla nazionale. Mbappé era stato nominato nuovo capitano nel marzo dello scorso anno, complice l’uscita di scena di Hugo Lloris. Griezmann non l’aveva presa bene. Lui, che più di altri e con un attaccamento viscerale alla maglia, aveva permesso ai Bleus di riemergere dagli abissi e dagli imbarazzi del 2010. Ricordate la Coppa del Mondo in Sudafrica e l’ammutinamento al ritiro di Knysna? Ecco.

Ha conciliato estro e fatica

Tra il 2016 e il 2022 sono arrivate tre finali e un trionfo. Il Paese è tornato a innamorarsi della sua emanazione calcistica. E, sì, a condurre le danze c’era anche «Le petit diable». Duttile, umile, determinante. «Griezmann non è insostituibile, nessuno lo è, ma ha questa capacità di rendersi indispensabile» riassunse Deschamps, tratteggiando confini quasi invisibili. All’Europeo casalingo Griezmann giostrò all’ala, firmando sei reti. Miglior giocatore del torneo. Per salire sul tetto del mondo, in Russia, «DD» decise quindi di metterlo al servizio di Olivier Giroud e Mbappé. Di nuovo fondamentale con 4 gol e 4 assist. L’abito da playmaker, indossato a Qatar 2022, ne aveva per contro attestato la centralità. L’intelligenza sopraffina. L’uomo del penultimo passaggio. Il collante del collettivo, tanto educato nei gesti tecnici, quanto discepolo della fatica e della disciplina tattica. Non si diventa per caso il mas grande dell’Atletico Madrid di Diego Simeone.

Laurent Favre, redattore sportivo per LeTemps, paragonò il giocatore a una sintassi felice. Lo fece proprio durante i Mondiali a Doha, quando il cuore di «Grizi» e quello della Francia battevano ancora all’unisono. È una rappresentazione sublime. E il momento per citarla decisamente propizio. «Un giornalista vorrebbe scrivere come gioca Antoine Griezmann. La sua scrittura sarebbe fluida, viva, ispirata, creativa ma sprovvista di ornamenti inutili. Sarebbe capace di piccole digressioni e però andrebbe sempre all’essenziale, lasciandosi trasportare senza mai perdere il filo e il lettore. E risulterebbe ancor più piacevole dal momento che la sua complessità rimarrebbe impercettibile. Darebbe la sensazione, infine e nonostante gli anni trascorsi, di aver saputo conservare la freschezza degli esordi e la purezza dell’infanzia».

La panchina contro la Spagna

A quasi due anni di distanza dalla lettura di quella prosa poetica, Griezmann ha deciso di interrompere la frase. Al termine della sconfitta per 3-1 con l’Italia, a metà settembre, è stato l’unico a compiere l’intero giro del campo per salutare tutto il pubblico presente al Parco dei principi di Parigi. Una chiara avvisaglia, seguita da appena 11’ di gioco con il Belgio a Lione. La punta della matita, tuttavia, si era incrinata in precedenza. La panchina in occasione della semifinale di Euro 2024, contro la «sua» Spagna, ha probabilmente segnato il 33.enne. Lo ha invitato a riflettere in chiave crepuscolare. Come accennato in avvio, però, la fascia con la «C» avvolta attorno al braccio di un altro aveva già reso più fragile una relazione oramai decennale. Interpellato in merito, Deschamps ha ovviamente spostato i riflettori su altre variabili. «Antoine ha maturato la sua decisione come altri giocatori prima di lui. È un professionista da quando ha 18 anni e raramente è stato infortunato. Ora, a 33 anni e mezzo, si è posto l’interrogativo con cui molti altri calciatori possono confrontarsi. Esistono una fatica fisica e una fatica psicologica. La panchina contro la Spagna? Ho preso delle decisioni difficili, ma dal 2014 è l’unico grande match che non ha disputato dal primo minuto. Insomma, non si è trattato di un declassamento. È stata una scelta per il bene della Francia. Per quanto concerne il ruolo di capitano, invece, Antoine può esserci rimasto male sul momento, vi assicuro però che non gli è durata più di un giorno».

Possibile. Sta di fatto che il dibattito sul tema rimane acceso. Ad osservatori e tifosi non è infatti andato giù «il bonus» concesso al leader Mbappé. Nel presentare la lista dei convocati per le sfide di Nations League con Israele e Belgio, Deschamps ha ricondotto l’assenza dell’attaccante ai recenti guai muscolari avvertiti con il Real Madrid. Già, peccato che dopo aver saltato il derby con l’Atletico, Mbappé abbia disputato mezz’ora in Champions contro il Lille e soprattutto sia stato schierato fra i titolari nel weekend, al cospetto del Villarreal.

La risposta a ogni quesito

La disponibilità a geometria variabile dell’ex stella del PSG, per l’appunto, non è passata inosservata. Interpellato da L’Équipe, il portavoce degli «Irresistibles français» - il principale gruppo di tifosi al seguito della selezione transalpina - ha affrontato la questione di petto. Esprimendo un pensiero comune a tanti francesi. «Dall’ultima settimana, a nostro avviso, emerge un aspetto. Che il vero capitano, quello che aveva ricevuto l’investitura dei tifosi, se n’è andato: Antoine Griezmann». Parole inequivocabili. Come suggeriva Laurent Favre, d’altronde, quando si racconta di «Grizi» è utile scomodare le regole del linguaggio. E sulle colonne del Guardian, nelle scorse ore, il giornalista Philippe Auclair ha completato il concetto alla perfezione. «Se ogni pallone rappresenta una domanda, quasi ogni volta Griezmann ha trovato la risposta».

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