Calcio

Il futuro Pallone d'oro e quando era solo Nasraoui

La semifinale di Champions League tra Barcellona e Inter ha elevato a incanto Lamine Yamal - Alla straordinaria prestazione offerta dal 17.enne catalano ha fatto eco una consacrazione collettiva - Nel 2018, poco più che bambino, lanciava segnali profetici contro il Lugano - Il ricordo di Andrea Aletti
Lamine Yamal, 17 anni, ha realizzato una rete e dominato la scena mercoledì sera a Barcellona. © AP/Emilio Morenatti
Massimo Solari
01.05.2025 20:45

Lamine Yamal ha vinto l’ultimo Europeo con la Spagna. Lo ha fatto segnando in semifinale contro la Francia, e fornendo un assist nei gironi, uno negli ottavi, uno nei quarti e uno nel trionfale atto conclusivo. Insomma, il ragazzo - 18 anni il prossimo 13 luglio - non si presentava di certo da sconosciuto alla gara d’andata della semifinale di Champions League contro l’Inter. A maggior ragione considerato il contributo fornito sin lì nella competizione e, più in generale, alla luce dell’impatto determinante per la stagione del Barcellona. Una stagione che potrebbe sfociare in gloria, con la conquista di Liga, Copa del Rey e - appunto - coppa dalle grandi orecchie.

Eppure, è come se l’interpretazione della partita fornita dal giocatore mercoledì sera all’Estadi Olímpic Lluís Companys abbia imposto al mondo del calcio un nuovo esame di coscienza. La ritrattazione di quello che appariva già come un dogma. Sì, è stato come riscoprire Lamine Yamal e il suo talento infinito. Ed è stato bellissimo. Un prodigio. Un incanto.

«Partidazo», estasi, follia

Alla straordinaria prestazione offerta in dono dal numero 19 dei blaugrana ha fatto eco una consacrazione collettiva e, suggerivamo, sinceramente vergine. «Non l’avevo mai osservato dal vivo, un talento del genere nasce ogni 50 anni» ha per esempio dichiarato il tecnico nerazzurro Simone Inzaghi. E tornare indietro di mezzo secolo, beh, significa solo una cosa e solo un nome. L’allenatore italiano, in altre interviste post-partita, ha optato per una seconda valutazione del fenomeno: «Negli ultimi 8-9 anni non ho mai visto uno come Yamal». Non vi resta che fondere le qualità di Maradona e quelle di Messi, dunque. E avrete la stessa visione. Una visione mistica. «È un genio» ha confermato Hansi Flick, quasi non stesse descrivendo un calciatore che allena quotidianamente.

In ogni caso, nessuno ha avuto da eccepire. Anzi, il giorno dopo il 3-3 al Montjuic, è stata corsa all’iperbole. Al termine o alla formulazione in grado di cingere l’inaudito. «El partidazo» ha riassunto, in modo semplice e al contempo iconico, il Mundo deportivo. Una «locura», una follia, hanno scritto diversi altri quotidiani iberici. Per El Mundo, si è trattato di pura «estasi». «Ora hanno paura di Lamine Yamal tanto quanto avevano paura di Messi» ha sottolineato Marca, unendo le traiettorie di due gioielli della Masia, il celebre vivaio del Barcellona. Da avversario diretto del 17.enne catalano e nonostante un ritorno infuocato ancora da giocare, Alessandro Bastoni non ha potuto fare altro che togliersi il cappello. In un universo scandito da narcisismo ed ego, anche da casa non si è comunque resistito. «Questo ragazzo è incredibile» ha postato su Snapchat Erling Haaland.

Ciò che riesce a trasmetterti

San Siro, martedì, sarà chiamato a consolidare la tesi consegnata al pubblico da numerosi addetti ai lavori. O, a fronte di uno scenario avverso al singolo e al Barça, a congelarla per uno o due anni. Già, perché a Lamine Yamal - nelle scorse ore e in anticipo sul destino - è stato attribuito il Pallone d’oro. Con tutte le scuse del caso a Dembelé e a Raphinha, statisticamente parlando più decisivo del compagno di squadra nel quadro del pareggio in rimonta con l’Inter. Il commento avanzato da Rio Ferdinand sulla questione, tuttavia, è poesia. Sollecitato proprio sul futuro Pallone d’oro e sul potenziale effetto di Yamal nel ritorno in programma a Milano e in un’eventuale finalissima, l’ex difensore inglese ha dichiarato: «In questo caso meriterebbe di diritto il premio. E metterebbe a tacere un sacco di persone che si fanno influenzare solo dalle statistiche. Il gioco del calcio, però, non è solo questo. È anche ciò che vedi e ammiri in campo. Sono le sensazioni che un giocatore è in grado di trasmetterti. È l’impatto che questa persona può avere su uno stadio e al contempo sulla gente a casa, costringendola ad agitarsi sul divano».

«Aveva lo stesso stile»

Ammirazione, turbamento, coinvolgimento, c’erano tutti mercoledì sera. Ma, a ben guardare, i germogli di cotanto splendore potevano essere colti pure a due passi da qui, nel giugno del 2018. Lamine Yamal, proprio lui, prese infatti parte al torneo Under 11 «Champions Trophy», co-organizzato dall’FC Lugano e dal presidente del settore giovanile Leonid Novoselskiy a Campione d’Italia. Il Barcellona fece un altro sport, dominando la competizione e sommergendo di reti tutti gli avversari. Tutti eccetto i bianconeri, stoici nel bloccare gli spagnoli sullo 0-0.

Il piccolo Lamine Yamal, a destra della coppa conquistata dal Barcellona nel 2018, a Campione d'Italia.
Il piccolo Lamine Yamal, a destra della coppa conquistata dal Barcellona nel 2018, a Campione d'Italia.

Andrea Aletti, oggi match analyst di Mattia Croci-Torti, allenava quella squadra di giovanissimi sognatori. «E il solo fatto di poter sfidare il Barça costituì una forte emozione» ricorda il tecnico da noi contattato. «A colpire sia il sottoscritto, sia i miei giocatori, non fu tanto il tipo di gioco dei blaugrana, ma la grande qualità di ogni singolo giocatore. E, certo, Yamal spiccava su tutti insieme al capitano David Sáez. Di Lamine rammento lo stile, l’uso dell’esterno del piede e la personalità nell’uno contro uno: caratteristiche che ritrovo pienamente nel giocatore attuale». Su YouTube si trovano ancora i video delle partite disputate nell’enclave, quando Lamine Yamal era solo Nasraoui - cognome del padre - o meglio «Nasraqui», come ripetuto a più riprese dalla telecronista a fronte di un errore sulla distinta dei catalani. «Dopo lo 0-0 contro di noi - ricorda Aletti - i giocatori del Barcellona erano furiosi. D’altronde avevano un solo obiettivo: fare più gol possibili in ogni gara. Di fatto giocavano più per quello che per il successo nel torneo». Beh, non sorprende dunque la rabbia di Lamine Yamal dopo il pareggio casalingo con l’Inter. Un match che non dimenticheremo.

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