Il mercato estivo dell'FC Lugano? Ambiguo (purtroppo)

Certo, i colpi di testa dei club turchi potrebbero generare scosse di assestamento dell’ultimo minuto. Sì, pure in casa FC Lugano. Ma al netto della chiusura del mercato della Süper Lig - prevista per venerdì - non mancano gli elementi per soppesare e giudicare l’operato della dirigenza bianconera in materia di trasferimenti. Intenzioni e persino promesse si sono tradotte in fatti? Si è agito saggiamente e secondo logica? Beh, il quadro che emerge a Cornaredo al tramonto della finestra estiva riservata ai movimenti in entrata presenta contorni incerti. E, di riflesso, un’immagine ambigua. Insomma, era lecito attendersi di più. Sia in termini di intraprendenza, sia sul piano qualitativo. A maggior ragione visto l’avvio di stagione tremendo
Scommessa a scoppio ritardato
Le intenzioni, dicevamo. Il 26 maggio, a margine di un campionato chiuso in quarta posizione, e però accompagnato da risultati mediocri e tanta negatività, il responsabile dell’area sportiva Sebastian Pelzer si era espresso così: «C’è la volontà d’investire. E, ripensando all’innesto di Zanotti, siamo pure disposti a chiedere uno sforzo in più alla proprietà Chicago. La disponibilità economica del club, tuttavia, non è quella di alcune concorrenti. Nella ricerca di elementi di qualità, servirà pertanto essere creativi. Hajdari, Bislimi e Saipi non hanno più fame? Vedremo, siamo stati chiari con tutti: il Lugano dovrà ripartire solo da giocatori che hanno a cuore il club». Andiamo con ordine. La società, dunque, ha investito? Così così. È stata creativa? Mah. L’unica, vera offensiva - per un importo vicino agli 1,5 milioni di euro - ha portato a Cornaredo il centrocampista tunisino Kendouci. Bene. Peccato che il talentuoso 26.enne si sia presentato in Ticino con la lastra di una tibia da ricomporre e senza garanzie assolute circa i tempi di recupero. E così, Mattia Croci-Torti si è ritrovato a fare i conti con una mediana fragile nei numeri e nel responso atletico. Oltre alla partenza di Macek, infatti, il tecnico è stato chiamato a gestire il rientro di Belhadj - pure reduce da un serio infortunio alla tibia - e l’anno in più del 33.enne Doumbia (non a caso riciclato in retrovia).
Una difesa instabile e scoperta
A favorire il naufragio in Europa e Coppa Svizzera, così come il balbettio in Super League, è però stata soprattutto l’inaffidabilità del reparto arretrato. Ed è qui che il lavoro di Pelzer ha deluso. Che Hajdari non avesse più a cuore la causa bianconera era noto da un anno. Ciò nonostante, la cessione del classe 2003 si è trasformata in un’Odissea. Vero, i 5 milioni di euro infine incassati hanno premiato una strategia allergica a sconti e ricatti. Ma la filosofia dell’«okay, il prezzo è giusto» ha minato clamorosamente la serenità e la stabilità della difesa del Lugano. E che non si sia corsi ai ripari con un sostituto all’altezza - e seduta stante dopo la trattativa finalizzata con l’Hoffenheim - lascia basiti. D’accordo che il club - oramai - dovrà misurarsi con il solo campionato, e però fatichiamo a trovare sensata e sportivamente opportuna la scelta di affidare le chiavi della retroguardia al trio Mai, Papadopoulos (che non vedeva l’ora di andarsene) ed El Wafi (a più riprese inadeguato). No, non ci siamo scordati del giovane Kelvin. Anzi. La sua indisponibilità - si teme per l’intero girone d’andata - rappresenta addirittura un’aggravante per la direzione sportiva. Ah, e aggrapparsi in extremis a un elemento svincolato non andrebbe in ogni caso ritenuto un vanto.
Il caos attorno a Saipi
Pelzer è quantomeno intervenuto per provare a sanare l’insanabile crisi tra i pali di Saipi. Ma non sorvoliamo sull’ondivaga posizione dei vertici del club sulla questione, prima ritenuta prioritaria, poi superata, e infine affrontata con l’arrivo di von Ballmoos. Tradotto: pure su questo dossier l’FC Lugano ha tutto fuorché brillato per coerenza e reattività, permettendo all’estremo difensore titolare di accumulare incertezze e gravi errori, ritenendo quindi doveroso cambiare il suo preparatore per favorire una svolta e - non da ultimo - subendo i tempi dello Young Boys, che ha accettato di privarsi di von Ballmoos solo a cinque minuti dalla mezzanotte. Ora, spetta a Croci-Torti e al suo nuovo collaboratore Germano Vailati stabilire gerarchie e tempi dell’inevitabile arrocco nel ruolo di numero uno.
E ora pestatevi i piedi
E a proposito di prestiti. Pure a questo giro, lo staff tecnico ha dovuto digerire il classico trasferimento orchestrato e «imposto» da Chicago. L’operazione che ha spostato Claudio Cassano dai Fire al Lugano, tuttavia, fa a pugni con la ragionevolezza. E lo scriviamo nella speranza di venire smentiti e senza voler sminuire le potenzialità del 22.enne pugliese. Il problema? Che lo si consideri ala sinistra o numero 10, il giocatore si ritroverà a pestare i piedi ai vari Bottani, Pihlström (l’altro mini-investimento, in prospettiva), Dos Santos, Steffen, Mahou, Cimignani e persino Bislimi. Tanti, troppi profili simili. Nessuno dei quali - e l’eterno incompiuto Cimignani era il principale indiziato - piazzato altrove per far circolare l’aria in uno spogliatoio alquanto umorale. Sfoltire il traffico sulla tre-quarti, per altro, avrebbe liberato - o libererebbe, tornando alla valvola di sfogo turca - il posto in contingente per fare spazio al tanto discusso sostituto di Hajdari. Comunque, e di nuovo, tutto all’ultimo.
Solo la top 6? Ora è tutto chiaro
Con gli innesti Behrens e Alioski, per contro, va dato atto a Pelzer di aver esaudito i desideri del Crus, convinto che allo spogliatoio servissero figure carismatiche. Ebbene, l’apporto dei due «rinforzi» è stato quasi nullo. Per non dire controproducente. E, no, la variabile fisica non può costituire - sempre e comunque - un alibi. Nel caso di «Gianni», l’allenatore non ha saputo riaccendere la vecchia fiamma bianconera, mentre l’idea di gioco è parsa tutto fuorché matura per permettere al marcantonio tedesco di esaltarsi sotto porta. Che cosa significa?Che si avvicina la metà di settembre e, dopo aver già fallito due obiettivi stagionali su tre, il Lugano ha bisogno di altro tempo per ingranare e capire quale sia la migliore direzione da seguire. Un processo, questo, al quale Zanotti - fra gli scontenti della permanenza a Cornaredo - non potrà contribuire per altre due-tre settimane. «In campionato vogliamo chiudere nelle prime sei posizioni dopo 33 turni, qualificandoci al girone per il titolo» aveva d’altronde dichiarato il CEO Martin Blaser. Ecco il perché di tutta quella prudenza alle porte della stagione. Già. Solo che la linea adottata lungo il mercato estivo, con le sue evidenti incongruenze, potrebbe aver reso ostico pure l’ultimo traguardo perseguibile.